L'efficacia di questo remake televisivo non trascurabile (basta dare un occhio al cast e al regista per capirlo) conferma la validità dello script originale, chiaramente di stampo teatrale ma capace di coinvolgere dall'inizio alla fine. Qui il teleplay è di Reginald Rose, l'autore dell'originale nonché della sceneggiatura utilizzata per il celeberrimo film di Lumet, ed è difficile di conseguenza trovargli molti appunti. E' naturalmente soprattutto un film d'attori, e aver chiamato per il ruolo chiave che fu di Henry Fonda l'anziano Jack Lemmon dimostra la volontà di confezionare un prodotto all'altezza. Chi però più di tutti convince...Leggi tutto è forse Armin Mueller-Stahl, nel ruolo del convinto colpevolista. Senza salire troppo sopra le righe come il pur sempre ottimo "collega" George C. Scott, Muller-Stahl incarna al meglio l'icona stessa della ragionevolezza e della pacatezza. Più in ombra le altre star: James "Soprano" Gandolfini e William "Grissom" Petersen incidono meno del previsto, mentre hanno degli ottimi momenti il vecchio Hume Cronyn e, in tono minore, Ossie Davis. Friedkin, che conosce i limiti di un film così "statico", cerca di infondervi dinamicità con movimenti di macchina avvolgenti, riuscendo purtroppo solo in parte a non far rimpiangere il classicissimo di Lumet. La sensazione, infatti, è pur sempre quella di un film in fondo superfluo, che nulla aggiunge a un originale per alcuni già molto vicino alla perfezione. Dall'inizio alla fine siamo nella stessa stanza, alle prese coi 12 giurati del titolo che devono giudicare il destino di un giovane accusato (con prove a prima vista schiaccianti) dell'accoltellamento del padre. Si parte con un unico giurato (Lemmon) non convinto delle prove esposte dall'accusa, si continua con l'aumentare dei dubbi. Numerose le scene da ricordare (la prima votazione segreta, la camminata cronometrata attorno al tavolo...), mentre forse c'è qualche reazione esagerata di troppo da parte dell'islamico (Mykelti Williamson) che pare avercela a morte coll'imputato. Comunque sia, tv di alto livello.
Chi ha visto l'originale non può che domandarmi a cosa serva questo remake (per rinfrescare le idee?). Nel complesso non è male e gli attori se la cavano piuttosto bene (Lemmon è bravo e Scott non gli è da meno). Ma tutto, o quasi, ricalca la precedente pellicola, senza però l'atmosfera opprimente, quasi soffocante, che aleggiava, accentuata dal bianco e nero. Se non altro Friedkin riesce a riproporci un'umanità assortita fatta di pecore, arroganti, sbruffoni, scervellati e qualche elemento raziocinante. Consigliabile solo a chi non ha visionato il primo, altrimenti il confronto non regge.
MEMORABILE: Scott, che vorrebbe punire tutti i figli per colpa del suo.
Difficile reggere il paragone con il bellissimo e classico lavoro di Lumet (segnato peraltro da una magnifica interpretazione di Fonda). William Friedkin (regista comunque notevole) ce la mette tutta e il risultato è più che dignitoso. Merito della sceneggiatura di alto livello (con alcune varianti rispetto al film originale) e di un magistrale Jack Lemmon. Meno brillante il resto del cast, se si eccettua il bravo Armin Mueller-Stahl.
Un remake non troppo necessario ma di gran classe, nonostante la confezione televisiva appiattisca la fotografia (e i colori un po' smorti perdano in confronto al bel bianco e nero dell'originale). Friedkin dà ritmo al tutto, con montaggio veloce e movimenti di macchina. Il cast è all'altezza della situazione: Lemmon, Scott e Cronyn sono grandissimi e bastano loro per tenere vivo l'interesse. Mentre si perde un po' nel passaggio da Warden a Danza e da Begley a Williamson. Comunque un film notevole.
Sicuramente questo film televisivo paga dazio al fatto di essere un remake, senza grosse varianti, dell'ottima omonima pellicola diretta nel 1957 da Sidney Lumet. Detto ciò, bisogna però aggiungere che il prodotto è realizzato in modo impeccabile grazie a una sceneggiatura pressoché perfetta e, ovviamente, a un cast attoriale di prim'ordine. La regia può far poco per vivacizzare una situazione che non può che essere statica (dodici giurati chiusi in una stanza), ma anche chi ben conosce l'originale non potrà non rimanere coinvolto totalmente.
Il rifacimento è operazione cinematograficamente ambigua che, se tocca a un capolavoro, rischia di rivelarsi ancor più pleonastica. Questo remake del film di Lumet vale per il solo fatto che a dirigerlo sia Friedkin, il quale alterna rari, nervosi ma appropriati movimenti di macchina a mano con un impostazione (tele)visiva dotata di gran dinamicità. Curioso che per stile, modalità narrative e di interazione tra i personaggi, il film finisca per assomigliare a una versione court drama di Festa per il compleanno... Cronyn e Mueller-Stahl strepitosi.
MEMORABILE: La tirata razzista del giurato numero 10 (Mikelty Williamson).
Riproposizione televisiva dell'ottimo testo di Rose già alla base del formidabile esordio registico di Lumet, affidata ad un regista di talento e con un cast di prestigio. Il risultato è dignitoso ma appare però superfluo, in quanto, rispetto al film del 1957, non introduce varianti significative, mentre la fotografia a colori piatta fa rimpiangere il bel bn del modello. Quanto al cast, Mueller-Stahl e Cronyn reggono il confronto con i corrispettivi Marshall e Sweeney, a differenza di tutti gli altri, compreso Lemmon che ripercorre piuttosto stancamente le orme di Fonda.
Una giuria e praticamente un verdetto di colpevolezza già scritto a priori. Ma l'imprevisto è dietro l'angolo. Solo un regista con gli attributi come Friedkin poteva essere capace di girare un film in un unico ambiente, con dodici persone che colloquiano tra loro e renderlo comunque avvincente e interessante. Sia ben chiaro, il merito è anche di un cast a dir poco stratosferico e in palla. Perché si passa da Lemmon e Scott a Gandolfini e caratteristi di spessore come Olmos o Mueller-Stahl. Un film TV ma sicuramente una chicca da riscoprire, visto anche il finale travolgente.
Se tutti i rifacimenti si mantenessero su questi livelli, ben vengano. Lo scritto mantiene inalterata la sua forza e si avvale di una direzione registica oculata che ne esalta le fasi salienti. Brillanti e convincenti le interpretazioni degli attori, tra i quali spiccano George C. Scott e Jack Lemmon. Il crescendo è lento e trasmette uno spettro di emozioni ampio che non consente di scollarsi un solo minuto dalla narrazione dei fatti. La destinazione è televisiva, ma non ci accorge di nulla e rappresenta la prova di come si possa eccellere, malgrado la staticità di fondo dell’opera.
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Credevo che dall'opera teatrale di Reginald Rose, prima di questo film, fosse stato realizzato solo quello diretto da Lumet nel 1957. Invece vedo che già nel 1954 ne fu realizzata una versione televisiva e poi ne vennero realizzate altre negli anni a venire, per un totale (tra cinema e tv) di ben 9 (vedi Imdb)
https://www.imdb.com/title/tt0118528/movieconnections?ref_=tttrv_sa_5
Da quanto ho letto in giro, Reginald Rose scrisse il copione proprio per la versione televisiva del 1954. Solo successivamente lo adattò per il teatro. (e poi per il cinema).