Anni Trenta, nella Corea sotto il dominio giapponese, un capitano di polizia collaborazionista riceve l'incarico di sgominare un gruppo di compatrioti che sta organizzando un attentato contro gli invasori... Da quello che viene considerato il più occidentale fra i registi sudcoreani, un thriller liberamente ispirato ad eventi storici, con una trama avvincente, ricca di colpi di scena ed impreziosita da sequenze d'azione magnificamente orchestrate come quella centrale a bordo di un treno. Nel bel cast primeggia Song Kang-Ho, al solito eccellente nel rendere la complessità del suo personaggio.
MEMORABILE: La sequenza iniziale dell'inseguimento strade/tetti; Gioco a rimpiattino sul treno; La sparatoria alla stazione
Straordinario thriller coreano che si avvale di una regia semplicemente magistrale: si vedano le scene d'azione che sono stupende e preparate con una capacità che è davvero di pochi. La storia si ispira a fatti realmente accaduti ed in essa tutto funziona a meraviglia: il livello di interesse e coinvolgimento è altissimo e la tensione che spesso si può tagliare col coltello non scema praticamente quasi mai, mantenendosi costante per tutta la durata. Splendido il personaggio del commissario coreano di nascita ma al soldo dei nipponici, nobilitato dalla prova di Kang-ho Sung.
MEMORABILE: L'inizio; In treno; Alla stazione; "Andando sempre avanti calpestiamo i nostri fallimenti ed arriviamo sul punto più alto".
Ineccepibile nella forma, ma vuoto sia di passione che di contenuti. Il regista si limita a una narrazione fluida, anche se torrenziale (eccessiva la durata), in cui sono aboliti il sussulto e persino la tensione. Le immagini sono, infatti, leccate come spesso avviene quando il cinema orientale cerca di compiacere i modelli occidentali più dozzinali. I cambi di campo, i tradimenti e i conflitti si susseguono meccanici e senza una vera anima che li vivifichi dall'interno. Si sfiora la noia. Bravo Song Kang-Ho, ma non è una novità.
Notevole commistione fra il poliziesco e il thriller politico che si svolge in Corea (quando ce ne era una sola) durante l'occupazione giapponese. Trama avvincente ma molto complessa e infarcita di doppi giochi e tradimenti, per cui il rischio di perdere il filo della matassa esiste, considerando anche i 140 minuti di durata. Ma l'esemplare ricostruzione d'epoca, la solidità della sceneggiatura, le scene d'azione (poche ma orchestrate impeccabilmente) e la bravura del cast lo rendono un prodotto dalle ambizioni superiori al puro intrattenimento.
MEMORABILE: L'inseguimento iniziale; La lunga sequenza sul treno; Il finale.
Ottimo affresco della Corea dei primi del '900 ai tempi della difficile occupazione nipponica. Kim Jee-Woon narra con grande capacità un importante pezzo della sua storia nazionale miscelando azione, spionaggio e storie di rapporti umani in maniera equilibrata e stilisticamente molto raffinata. Avvincente e recitato benissimo, il film tiene alta l'attenzione su di sé dal primo minuto all'ultimo. Da non perdere.
Intricatissima ed elaborata vicenda ambientata in Corea durante l'occupazione giapponese, tra ideali patriottici, collaborazionismi equivoci, voltafaccia e resipiscenze. Una splendida ricostruzione ambientale e di costume dal taglio epico per un noir tecnicamente entusiasmante, non solo nei momenti concitati e nell'infuriare degli inseguimenti, ma anche nell'alternanza sapiente tra action e suspense, con una adeguata sceneggiatura sobria e riflessiva. I molti colpi di scena all'inizio possono sfasare, ma sono perfettamente funzionali alla quadratura dell'insieme e dei dettagli.
MEMORABILE: L'inseguimento sui tetti; Le ricerche incrociate nel treno per Seul; I dilemmi di Lee e la scelta di campo; Le torture alla ragazza; L'attentato.
A seguito della occupazione giapponese in Corea, un ufficiale è combattuto fra l'appartenenza al proprio popolo e il suo lavoro di spia che va controcorrente. Il conflitto sarà il perno attorno a cui si arrotola questo sontuoso film, nel quale non mancano sviluppi inaspettati, i quesiti, le attese ansiogene. Peccato per le ricostruzioni artificiose stile "Cinecittà", in linea con le pettinature dei ribelli indipendentisti troppo impomatate per renderli reali. Alcune scene, però, restano di grande effetto cinematografico. Aiuta a comprendere la storia di un popolo lontano.
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DiscussioneDaniela • 10/12/17 00:54 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Dopo la parentesi americana con The Last Stand ed un cortometraggio, grande rientro in patria del regista con questo The Age of Shadows, ambientato negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, quando la Corea era sotto la dominazione del Giappone.
Nel commento ho parlato di sequenze magnificamente orchestrate. In particolare, vedendo quella ambientata nella stazione ferroviaria, credo sia impossibile non pensare alla famosa sequenza della scalinata presente ne Gli intoccabili di De Palma: ho percepito una pari maestria nella gestione di spazi, personaggi, gesti.
E anche questo mi ispirava assai...il tuo consiglio
lo rende un imperativo categorico.
DiscussioneDaniela • 28/12/17 16:07 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Cotola ebbe a dire: E anche questo mi ispirava assai...il tuo consiglio
lo rende un imperativo categorico.
Potrebbe essere una maniera per riconciliarti con il grandissimo Song Kang-Ho, protagonista anche di quel A Taxi Driver che non hai molto gradito e che io devo ancora vedere.