Note: Film in tre episodi tratti da racconti di Nathaniel Hawthorne: "L'esperimento del dott. Heidegger" (dalla raccolta Racconti narrati due volte, 1837), "La figlia di Rappaccini" (da Muschi di un vecchio presbiterio, 1846) e "La casa dei sette abbaini" (dalla raccolta omonima del 1851).
Tre espisodi che regalano ovviamente grandi delizie per i fan di Vincent Price! Il ritmo non è sempre sostenuto e forse ci sono delle cadute nel terzo episodio, ma l'atmosfera è molto curata e non tutti i colpi di scena sono così scontati. Nel genere horror venato di maliconico melò Salkow va ricordato per essere il co-regista, con Ubaldo Ragona, del famoso L'ultimo uomo sulla terra, girato sempre con Price.
Assai colpevolmente trascurato dagli ammiratori di Price che qui si destreggia su tutti i toni che gli sono congeniali in un apprezzabile crescendo. Il melodramma un po' gigione del primo segmento, dal retrogusto macabro, introduce al calmo sadismo del successivo per sfociare nel duro gioco al massacro finale. La parte meno convincente consiste nel cast di contorno, specie quello giovane (composto da anonimi bellimbusti e signorine bamboleggianti). Di rilievo, invece, la fotografia.
L'anno dopo i Racconti del terrore di Corman ispirati a Poe, arriva quest'altra produzione con protagonista Vincent Price - sempre dalla struttura a tre episodi - che prende spunto dallo scrittore Nathaniel Hawthorne. Nel primo l'attore fa una riuscita coppia con Sebastian Cabot in una storia di eterna giovinezza. Il secondo è una sorta di Romeo e Giulietta dai risvolti fantastici e malefici. Il terzo narra di una casa maledetta e contiene una discreta dose di sangue, per questo tipo di film. Buone le scenografie ricreate in studio e le atmosfere.
Buona antologia che, anche per la presenza di Price, si accosta nel mood al ciclo cormaniano dedicato a Poe. Il primo racconto è il più divertente, un bizzarro triangolo amoroso che supera i confini della morte e si chiude in maniera giustamente beffarda; il secondo eccede nel melodramma, ma l'idea della ragazza resa "corrosiva" dal padre iperprotettivo e bacchettone (in stile Cushing ne Il terrore viene dalla pioggia) è ottima e si presta a diverse chiavi di lettura; il terzo è un gotico comune (maledizioni, reincarnazioni, fantasmi), ma si riscatta nell'esaltante finale sanguigno.
MEMORABILE: L'amata rediviva svanito l'effetto dell'acqua miracolosa; Il finale shakespeariano del secondo episodio; Il sangue dai muri à la Amityville horror.
Il cinema come poezione magica-macabra in un triadico luogo a riprocedere del gothic-mèlo: la conquista del West avanti lettera affogata in un brodetto tardo-romantico; un lovecraftiano mezzogiorno nel jordyno del bene ma soprattutto del male e dei suoi fiori; storie di fantasmi gelosi, metempsicosi e avidi ereditieri. Terrore cortese che s'attacca al lavoro del dentista anziché minare i centri di medicina del sonno, racconti del torrone per dolcificare, anche più del dovuto-voluto, la paura della nostra finitezza col palliativo del risolino finto-catartico. Commestibile, fin troppo.
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