Irma Vep - Film (1996)

La diva del cinema di Hong Kong Maggie Cheung è a Parigi per girare un remake di un classico del muto, Les vampires (il titolo/anagramma.. ), nei panni della diva fetish Musidora... Pallosetto esercizio di cinefilia da parte dell'ex-critico Assayas, fra Feuillade e Wong-Kar Wai; lo spunto sarebbe stato anche buono, la realizzazione è però afflitta dalle svenevolezze e lentezze da festival, ritenute evidentemente obbligatorie. Peccato. Una cosa ottima però Assayas l'ha fatta: si è sposato con Maggie Cheung!

Dimenticate 8 1/2 ed Effetto notte. La bellezza di questo film è che si parla di cinema in maniera semplice, con una sceneggiatura leggera che imperniata sulla vicenda di una disorientata e garbata attrice di Hong Kong (Maggie Cheung), chiamata ad interpretare il ruolo di Irma Vep in una riedizione curata dal regista francese René Vidal (interpretato da Jean-Pierre Léaud) ormai in declino. Un excursus sul cinema che parte dal muto (Irma Vep, appunto) e arriva alle possibili soluzioni sperimentali, incarnate dalla geniale zampata finale del Vidal.

Film bizzarro nella concezione, purtoppo poco nello sviluppo. Ci si rifà a Effetto notte nel descrivere le traversie, le pippe mentali e le ripicche di una troupe cinematografica al lavoro su un film ispirato al muto ma... mancano il tocco lieve di Truffaut e un'adeguata forza narrativa. Eppure si era partiti bene, con l'ispirata Cheung e il suo costume in latex. In seguito la noia si fa strada.

Un bel film che è quasi, soprattutto, esercizio stilistico: il critico Assayas vuole dimostrare di saperci fare dietro la mdp e sicuramente non gli si può dare torto. Un film che parla continuamente di film, di cinema, come già aveva fatto Truffaut in Effetto notte (qui oltretutto il film che vanno a girare è il remake di un vecchio muto). La colonna sonora è splendida e azzeccatissima (Sonic Youth e una fantastica canzone di Brigitte Bardot e Serge Gainsbourg); Cheung e Léaud perfetti nei i loro ruoli, bella anche la sceneggiatura. Da riscoprire.

Tra Truffaut e Fassbinder un film sul cinema e sul cinema nel cinema non particolarmente riuscito. Qualche momento interessante non manca così come qualche riflessione "critica" sull'arte in celluloide ma troppo spesso ci si annoia un po' ed alla fine sembra quasi che il film proceda un po' casualmente senza sapere che strada intraprendere. Magari la cosa è voluta da Assayas, ma l'esito finale sembra appena non malvagio. Forse la cosa più stimolante è il cast, con una Cheung bella ed interessante.