Lo smascheramento degli intenti colonizzatori dei bianchi celato dietro le spedizioni umanitarie nel Continente Nero si metaforizza in una commedia sboccata e grottesca, conclusa da un finale alla maniera di certi classici cui il titolo ammicca. L’apologo è tuttavia confuso e franante e le staffilate pessimistiche del regista sono attutite da divagazioni di vecchia data – l’Africa come rimedio al mal de vivre europeo – e dalle schermaglie amorose tra la gatteggiante Detmers e l’isterico Placido: in sintesi, la comicità prevale sul sarcasmo.
Ferreri non è per tutti e lo si sa, ma questo non è uno dei suoi lavori più riusciti, tutt'altro. Il soggetto era di quelli forti, l'ambientazione esotica è molto ben fotografata ma non ci sono né pathos né ironia, gli attori o presunti tali sono tutti in vacanza, i dialoghi sono soporiferi e il film sembra trascinarsi casualmente e stancamente verso il finale che arriva quasi liberatorio. Da salvare c'è quindi solo il soggetto, buono per un remake di Salvatores con Abatantuono per noi comuni mortali.
Commedia satirica in cui Ferreri satireggia i bersagli del colonialismo e della carità. Temi ed intenti sono interessanti, ma globalmente non punge abbastanza e così l’ironia, a volte è troppo facile, diventa un’arma spuntata. La sceneggiatura del regista e di Azcona è inoltre abbastanza prevedibile. I momenti azzeccati sono pochi (tra questi il finale) ed anche le risate scarseggiano. Non proprio brutto, ma dal regista milanese era lecito attendersi molto di più.
Il vecchio leone graffia ancora ma senza la forza di un tempo: e così un bel soggetto (le avventure della carovana di aiuti alimentari in Africa) si spreca con una sceneggiatura priva di guizzi e un film cinematograficamente scialbo. Peccato perché la critica alla carità stolida e colonialista degli europei nei confronti del terzo mondo ha giuste fondamenta e trova felici momenti di grottesca allegoria come nel perfido finale. Ma si tratta di oasi nel deserto di un film che sta più nel cervello che nelle immagini. Necessario ma poco riuscito.
Tardo frutto della collaborazione tra il regista e Azcona, il film traslittera l’apologo umanistico anni ’60-’70 nella virulenta critica socio-economica di fine ’80. Livido j'accuse contro la pelosa munificenza occidentale, tanto più devastante quanto più è corredata dal cinico disincanto ferreriano. La stessa incontestabile sciatteria e monocromia cinematografica di questo on the road nel deserto (anche delle anime) è congruente all'amara frustrazione del vecchio leone Marco. La soluzione finale non può che esser una cannibalica gran bouffe.
MEMORABILE: Le litigate tra Placido e la Detmers nell’abitacolo del camion; Il principe che improvvisa una danza per distogliere dalle vettovaglie la tribù.
Atto d'accusa condotto con scariche di fucileria dalle polveri bagnate. Il tono di Ferrari, da surreale, si fa prosastico e, nonostante il finale, reca lo spettatore lungo strade satiriche già battute (il neocolonialismo bianco ridotto a buffoneria filantropica) e senza troppi sussulti o scarti originali. I bisticci fra Placido e la Detmers, ad esempio, testimoniano di un afflato polemico all'acqua di rose, superficiale e lontano dalle antiche destrutturazioni psicologiche operate sul borghese moderno. Mediocre.
Tolta l'ordinaria follia, il miglior Ferreri degli Anni Ottanta. Può spiazzare chi da Ferreri s'attende un apologo metaforico e poco narrativo, ma è proprio nella narrazione che, invece, il film funziona. E graffia verso tutti: il dilettantismo con cui gli europei affrontano le cose, la vanagloria dei medesimi, l'incapacità di capire l'Africa che se ne va per conto suo. Ma il soggetto di Ferreri e Azcona non risparmia neppure gli Africani, tutt'altro. Finale che ricorda Deodato. Michele Placido su tutti, Detmers piuttosto banale, Braschi non pervenuta. Funziona Diego, il capogruppo.
Soporifera commedia che ha due soli punti di forza: la bellezza dei paesaggi africani e la presenza di una bella e giovane Maruschka Detmers. Il resto del cast non offre una gran prova se si eccettua il sempre ottimo Michele Placido. La parte iniziale è appena divertente, la parte centrale di una noia pazzesca, il finale è appena passabile. Film non memorabile.
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