Negli Anni Settanta l’incubo della casa-pensionato retta da sinistre matrone repressive con tendenze omicide era un’ossessione piuttosto comune (DIARIO PROIBITO DI UN COLLEGIO FEMMINILE, ...E SUL CORPO TRACCE DI VIOLENZA, SUSPIRIA...). BLOOD AND LACE arriva prima ed è uno dei più autenticamente legati all’universo settantiano (anche visivamente). La Ellie Masters che, dopo aver perso la madre in un efferato omicidio, viene condotta appunto in una casa di cura...Leggi tutto dove capiamo subito che qualcosa non va, non è caratterialmente diversa dalle altre eroine sue “colleghe”: vuole scappare da una situazione di effettiva (ma non dichiarata) prigionia e finisce per incocciare nella severa direttrice e nel suo aiutante, truce come da tradizione (sguardo torvo, canottiera…). Ma perché continua a sognare un uomo dal viso ustionato che tenta di ucciderla a martellate (e che veste nonché per molti versi somiglia anche concettualmente al futuro Nightmare-master Freddy Krueger?). Lo scopriremo nel folle finale, dopo aver assistito alle prevedibili scene di violenza e sadismo tipiche del filone, qui non troppo supportare da decenti effetti splatter. Comunque, nonostante l’evidente ristrettezza del budget e la scarsa fantasia del soggetto, il film del fantomatico Philip S. Gilbert (alla sua prima e unica prova registica) si ritaglia un piccolo spazio di culto tra gli appassionati per via delle atmosfere malate che vi si respirano. Recitato nemmeno malissimo da un cast variegato, resta un discreto esempio di thriller senza pretese ma almeno godibile, per nulla ambizioso e nel suo genere quasi riuscito.
Nonostante sia del '71, il film sembra più vecchio di almeno 5 anni; facile quindi immaginare quanto sembri datato oggigiorno. Si respira infatti più un'atmosfera anni '60 che '70 e sarà forse per questo che non sono rimasto colpito dalla pellicola; anzi, a colpirmi è stato solo un accenno di sonno durante la visione. Caratterizzato da un budget bassissimo, il film si segnala solo per qualche rudimentale effetto splatter e per l'incompetenza di buona parte del cast (a parte la Grahame). Coraggioso per l'epoca, ma realizzato molto male.
Purissimo distillato di grindhouse settantiana che poggia su un intreccio che ondeggia tra orrori di licei femminili, reminiscenze hammeriane e slanci proto-slasher. La confezione è rozza, il ritmo non esaltante e i rari effetti speciali decisamente poco speciali, ma una certa curiosità affiora e il finale, tra sorprese (anche non prevedibili), follia e umorismo involontario (lo spiegone proferito con tono serrato da telegiornale), fa assurgere il film al rango di culto poco colto del b-thriller a stelle e strisce. Cast nemmeno malvagio.
MEMORABILE: Gli ultimi 5 minuti e i suoi deliranti colpi di scena.
Oscuro giallo dell'altrettanto oscuro Philip Gilbert, non è del tutto da buttare; sicuramente nel genere s'è visto di peggio. Sebbene di originale ci sia ben poco (i rimandi al liceo di Ibáñez sono pesanti), la confezione è dignitosa e gli attori fanno il loro: la Grahame e Lesser sono piuttosto credibili nei ruoli rispettivamente dell'attempata arpia tenutaria dell'orfanotrofio e del bruto alcolizzato, suo scagnozzo. Gli ultimi dieci minuti, poi, con una carrambata dietro l'altra, sono semplicemente imperdibili.
MEMORABILE: Il trucco posticcio (e quindi decisamente comico) del misterioso killer col martello.
All'inizio pareva crudo se non truculento ma, ben presto, anziché thriller diviene trash puro, visti i discorsi strani sulla conservazione dei cadaveri "colpiti da raffreddore". Le torture per chi sgarra son reali, ok, ma quando dovrebbe partire il punto esclamativo e crearsi suspense, ecco il tonfo definitivo a ingaggiare l'uomo mascherato con la camicia da taglialegna. La risata finale è fragorosa anche nello spettatore, ma di disapprovazione totale, vista la sorpresina finale prevedibilissima (già chiamare Calvin un personaggio calvo è tutto un programma).
MEMORABILE: Le lingue libidinose dell'assistente sociale alla titolare dell'orfanatrofio; L'uscita del sangue da corpi scongelati; Il sadico lancio della mannaia.
In un piccolo horror dal taglio televisivo proveniente dall’underground americano dei primi anni 70 troviamo un bel repertorio di paure e psicosi che di lì a poco avrebbero reso il cinema di genere famosissimo in tutto il mondo. Piani sequenza in soggettiva, umidi scantinati teatro per passioni necrofile e una comunità fatta di repressione sessuale e corruzione. I personaggi fanno a gara per essere uno peggio dell’altro, il ritmo è un po’ meccanico ma l’atmosfera di opprimente depravazione lascia davvero il segno.
Thriller discretamente morboso e decisamente pessimista (nessun personaggio si salva dal punto di vista morale), ma che fatica a coinvolgere lo spettatore a causa di un ritmo non proprio trascinante e di una regia che non riesce sempre a gestire al meglio le scene potenzialmente più forti. La soluzione finale restituisce interesse, ma l'impressione è che anche in quel frangente si potesse fare qualcosa in più. Gli attori non demeritano, anche se è inutile rimarcare che Gloria Grahame il meglio lo aveva già dato da tempo...
La trama è assurda, coi suoi risvolti polizieschi all'acqua di rose e i colpi finali ultra sospettabili. Ci restano come elementi gore sia la colonna sonora, sia la scena del "martellamento" iniziale, così penetrante. Dispiace, inoltre, vedere un'attrice Oscar come Gloria Grahame così disattenta e anonima, ma evidentemente "pecunia non olet". Il resto non è poi così inguardabile, specie per i cultori del genere "horror-menopausale".
MEMORABILE: Tra gli interpreti Vic Tayback, celebre Mel della serie TV Alice.
Primi anni 70, il cinema cambia connotati, tutto è più volgare, allucinato, diretto e fra le innumerevoli produzioni underground vige l’impero del cattivo gusto. Ma l’aria che si respira in questo film è comunque torbida e morbosa, con riprovevoli personaggi dall’evoluzione psicologica grossolana e un infido orrore esplicato direttamente dai dettami istituzionali. Da riscoprire.
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