Primo exploit per il regista inglese Peter Walker, che firmerà il suo capolavoro pochi anni dopo con LA CASA DEL PECCATO MORTALE. Il suo stile essenziale, i colori impastati, le tematiche diverse da quelle usate negli horror analoghi ne hanno fatto una sorta di fenomeno “underground” , apprezzato dagli appassionati forse anche oltre il dovuto. Sì, perché in realtà Walker e i suoi british horror non si può dire siano esenti da difetti e HOUSE OF WHIPCORD ne è la conferma. C'è un flavour settantiano non disprezzabile, però la povertà di mezzi è evidente e la sceneggiatura, che può associarsi quasi a una variante meno...Leggi tutto semplicistica e più soft dei famigerati “porno-nazi” alla ILSA, LA BELVA DELLE SS (la differenza sostanziale è che mentre qui la direttrice maschera le torture dietro a un alibi “rieducativo” e un bigottismo che è poi la costante del cinema di Walker, nei “porno-nazi” c'è nelle aguzzine un compiacimento fine fine a se stesso) non è delle migliori. E’ vero, c'è il tentativo di raccontare una storia e non solo un susseguirsi di atrocità (che infatti sono assai contenute e si limitano a qualche frustata e a un paio di impiccagioni poco più suggerite), c'è un'analisi psicologica dei personaggi piuttosto approfondita, c'è una critica nei confronti delle ottuse rigidità del moralismo da quattro soldi, però il tutto si esplica in un thriller mediocre, abbastanza singolare nel disegno dei caratteri ma farraginoso, privo di azione e, a tratti, quasi ridicolo nelle sue esagerazioni comportamentali. Modesto.
In pratica Walker rigirerà quasi sempre questo stesso film, scritto in collaborazione con l’ex critico cinematografico David McGillivray: storie ancorate ad un forte assunto sociologico – sotto accusa un moralismo esasperato e il fanatismo per la giustizia – e strette tra le mura di una casa-prigione avvolta nella semioscurità e abitata da folli e minacciosi aguzzini. L’imminente capolavoro Nero criminale è ormai prossimo, ma la tensione qui è deviata da snodi narrativi improbabili e disonesti e situazioni stereotipate da wip et similia. Agro.
Walker c'è rimasto sotto di brutto col foucaultiano Sorvegliare e punire e nel suo attacco al sistema repressivo usa lo stabilo-boss come una zappa (l'adescatore si chiama Markee De sade, un'aguzzina Bates, l'altra è omonima del regista, un giudice non vedente paradigma del potere cieco: ennamo!) e finisce col tradire uno spirito più moralista delle istituzioni condannate. Di contro, col suo w.i.p. in fieri et Magdalene in nuce, gli si deve dare atto della prodromia di tutto un filone a venire, e di regia e mise en scene meno rozze e più rigorose del solito, recanti il germe dell'umor vitreo.
Le velleità ci sono, ma non si va oltre una sufficienza risicatissima. Le secondine della prigione un minimo di soggezione e di tensione la incutono, mentre i due carnefici non ci riescono proprio, pur avendo alle loro spalle motivazioni ben precise, oltre che perversioni a valanga. Per di più quelle che dovevano essere le sorprese sono telefonate (neanche interurbane, ma condominiali!). Quindi un film pieno di falle, dove si salvano solo i retroscena storici (che vengon solo raccontati), nonché quelle povere ragazze per le torture subite.
MEMORABILE: L'attore che interpreta Mark (fra Mick Jagger e Pete Townshend).
Film nel quale e col quale Walker disegna (con un tratto che spesso si nota ancor esitante) la struttura dei suoi successivi horror (anti)moralistici. L'inizio, con la presentazione della francesina disinibita (una svampitissima Irving), la festa post swinging london e l'incontro col fin troppo eloquente De Sade è bello solluccheroso, tradito però da una parte di mezzo (quella nella villa "bagno penale") piuttosto approssimativa (l'unica a regger la parte è una Keith perfetta Kapò sala). L'opera si risolleva nel finale sporco e impietoso, degno del Nostro.
E Walker firma un altro dei suoi capolavori. Una allucinante vicenda ambientata in una vecchia prigione che torna in funzione gestita dalla folle signora Wakehurst (una immensa Barbara Markham), dove giovani ragazze rapite vengono punite per i loro "peccati morali". Calato in un'atmosfera allucinata e sporca, ha la forza nel cast (l'iconica Keith sadica guardiana, Barr il giudice cieco) e nell'atmosfera da incubo che lo pervade. Sadico e disturbante fino al violento finale, con pochi momenti di respiro. Sporco.
MEMORABILE: La folle direttrice che non sa distinguere tra la ragazza viva e quella morta anni prima; Il giudice; Le coltellate; Il prologo sotto la pioggia.
Non siamo ancora ai livelli del successivo La casa del peccato mortale, ma con questo film Walker incomincia a dimostrare (grazie anche alla collaborazione con lo sceneggiatore David McGillivray) quanto possa essere valido il suo cinema. Certo la trama non è originalissima (si pensi al racconto "La panne" di Dürrenmatt, da cui fu tratto La più bella serata della mia vita) e certi snodi narrativi sono poco credibili, ma il film è ben realizzato e il regista riesce a creare una tensione costante. Buone le prove attoriali.
Walker gira il suo film paradigmatico. La tesi cui si atterrà fedele anche in seguito è chiara: l'istituzione distrugge l'individuo, sia essa prigione, Stato, manicomio o famiglia. Più che di fronte a un horror o a un thriller ci si trova al cospetto di un film politico la cui forza è dispersa dall'a priori ideologico che preterisce l'ambiguità (e, perciò, la ricchezza) delle soluzioni. Apprezzabile, invece, il tono cupo e claustrofobico.
Il film segna l'inizio del sodalizio di Walker col fido sceneggiatore McGillivray e si vede. Vengono trattati temi che diventeranno tipici del regista inglese: il peccato, la colpa, la pena, l'espiazione...e altri ancora. Anche lo stile, i toni (cupi e "sporchi") e l'ambientazioni (claustrofobiche) sono quelli che si ritroveranno nei lavori più importanti di cui questo film rappresenta una prova generale abbastanza riuscita. Rispetto ad essi qui c'è qualche ingenuità e forzatura in più in fase di sceneggiatura che però sa coinvolgere. Il risultato finale è comunque buono anche se non notevole.
Torbido, fangoso, un film estremamente seducente e malvagio. Pete Walker ci catapulta in un gineceo sadico guidato dai giochi di potere e da un instinto primordiale: la follia. Un thriller matriarcale dalla livida fotografia (di Peter Jessop) in cui troneggia una sulfurea Barbara Markham, accompagnata dalla sempre brava Sheila Keith. Un auto femminicidio nella desolazione delle brughiere inglesi. Da riscoprire.
L'intento sadiano si intuisce fin dall'inizio, quando una ragazza viene adescata da un certo Mark Desade (ottimamente interpretato da Robert Tayman, attore dall'aspetto perverso). Il sadismo però non ha scopi libertini e il film si mantiene nei canoni del thriller degli anni Settanta, senza sconfinare nel vero e proprio erotismo o pornografia. Infatti nella parte finale si hanno dei colpi di scena e la suspense sale. Attori tutti adeguati: oltre al già citato Tayman sono inquietanti anche le presenze femminili che interpretano le carceriere.
Se vogliamo, “…e sul corpo tracce di violenza “, è forse il film più strettamente gotico di Pete Walker. Perché al di là di un chiaro abuso verbale, comunica soprattutto attraverso le sue location; che sono livide, abrasive, notturne e infestate da indicibili, sadiche pulsioni. I personaggi invece sono ghiotti di rabbia e sangue, intossicati da un istinto di malevola onnipotenza eppure stranamente, perversamente languidi. Grande cinema, coraggioso, esplicito e con un cast femminile straordinario.
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Vabbè ma non c'è manco il doppiaggio, valore del dvd pari a zero, per quel che mi riguarda. Tra l'altro dovrebbero avere la decenza di prezzarlo a, massimo, 10 euro, non 14/15: non è mica un blu-ray!
Saimo,
sai mica se l'uscita, continuamente rinviata, di questo dvd è confermata?
Te lo chiedo perchè mi sembra che tu sia ben informato sui prodotti Sinister.
Grazie
Caesars ebbe a dire: Scusa se ti ho disturbato, ma pensavo che avessi qualche "aggancio" in Sinister.No, anzi visti i trascorsi ci parliamo solo tramite avvocati :-)
Nel dipinto Piccadilly Circus (1975) di Frederick Gore viene riportato il manifesto del film in programmazione al London Pavillion (lato destro del quadro).