Il film intreccia le storie di quattro militanti comunisti alla vigilia dei funerali di Togliatti e lo fa in modo non irrestitibile e mostrando di essere profondamente ancorato al suo tempo. La crisi delle ideologie è un tema che ben si addice alle storie raccontate dalla pellicola ma i Taviani avrebbero dovuto svilupparle con altro piglio. In ogni caso guardabile e meno intellettuastico, cosa che gli giova, rispetto al successivo Sotto il segno dello scorpione.
Il funerale di Togliatti è al crocevia di diverse storie parallele, con il suo portato simbolico di fine di un'epoca ideologica ma anche - come scrive un personaggio - di "addio alla giovinezza". Sono storie di cinismi, dubbi, intimismi e ultimi tiepidi sussulti di un qualche impeto rivoluzionario. Film nervoso, interlocutorio, spaesato, che riflette bene l'analoga condizione di crisi (non consapevole ma solo lontanamente avvertita) dei protagonisti. Importante. Ma datato, non certo per il tema quanto per l'intellettualismo tipico dell'epoca.
Come Barilli in Prima della rivoluzione e Salerno nelle Stagioni del nostro amore, anche i protagonisti di questo film scontano la crisi delle passioni rivoluzionarie nella società italiana del boom non ancora scossa dai venti del '68. Lontani dal lirismo narcisistico di Bertolucci e dalle verbosità autocoscenziali di Vancini, i Taviani scelgono la via di un grottesco distaccato e ironico con espliciti riferimenti a Godard, che alterna intuizioni felici a cadute nel macchiettismo. Ottima fotografia in b/n e una menzione speciale a De Ceresa.
Datatissimo nei contenuti e nella forma narrativa, saccheggia gli stereotipi della nouvelle vague ma in modo accademico. Un gruppo di spaesati dagli atteggiamenti nevrotici o estetizzanti, orfani del comunismo togliattiano, si sentono emarginati e senza soluzioni alternative. Curiosa la presenza di Lucio Dalla che, a posteriori, rende interessante la visione di questo modestissimo lavoro. Anche la musica appare intellettualoide e datata; bel b/n in soluzioni a volte discutibili.
Sfrontati Taviani, esordienti vicini al periodare nervoso del primo Bellocchio ma con squilli originalissimi. L'irsuto Lucio Dalla non è affatto vaso di coccio tra i Brogi, De Ceresa, Capponi. Il punto centripeto sono i funerali di Togliatti verso cui corrono diverse storie, sovversive ma solo in ottica individuale. L'unica vera rivoluzionaria è Giulia, nell'audace coming out: la Tocinowsky e la Jurakic (due attrici straniere, non a caso?) intrecciate nude sul letto firmano forse il primo quadro saffico del nostro cinema.
MEMORABILE: Il set del film su Leonardo in spiaggia; Il litigio di Ermanno al bar.
Il film racconta le storie private di alcune persone che si stanno recandosi a un evento epocale: i funerali di Togliatti a Roma nel 1964. C'è il ricco e indolente ribelle, Lucio Dalla qui attore, Giulio Brogi che tra la sua ragazza borghese e minorenne e il Venezuela sceglie il Venezuela. Tuttavia il film non coinvolge pur avendo qualche pregio, la regia è sperimentale, i comunisti che rappresenta non sono autentici, ha anche una battuta omofoba. La migliore tra gli interpreti è Lidija Juracik, bella e intensa attrice jugoslava, che avrebbe meritato il successo.
Come spesso capita nel cinema dei fratelli Taviani, si tratta di una pellicola di difficile fruizione e con un andamento intellettualoide che alla lunga può stancare. È però un lavoro curioso, composto da quattro storie di crisi differenti, unite dal funerale di Palmiro Togliatti con conseguente crisi ideologica. La buona notizia è che manca il fare didascalico di alcuni film di argomento simile, in compenso il ritmo è lento e rende la visione ancora più complicata per chi mastica poco certe tematiche. Lucio Dalla mostra di cavarsela egregiamente anche come attore. Si può vedere.
Paolo Taviani HA DIRETTO ANCHE...
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E' vero che tutte le locandine del film riportano l'articolo, ma il titolo originale è senza articolo, come si vede perfettamente dai titoli di testa (se vuoi posso postare i titoli di testa). Tra l'altro, l'articolo cambia sensibilmente il senso: "I sovversivi" è un sostantivo e assolutizza il concetto, mentre "Sovversivi" è un aggettivo e qualifica i caratteri relativi.
Insomma, è un curioso caso di aperta discrepanza fra il titolo dichiarato "nero su bianco" all'inizio dell'opera e il titolo con cui è stato pubblicizzato dai distributori.
Quindi, secondo me bisognerebbe correggere il titolo in Sovversivi, mettendo I sovversivi come "aka" nelle note (magari mettendo tra parentesi: titolo che appare nelle locandine).
DiscussioneZender • 11/05/11 15:47 Capo scrivano - 49238 interventi
Però non ho capito perché non può essere un errore quello nei titoli di testa (errore peraltro molto frequente, vista l'approssimazione con cui certi titolisti notoriamente lavorano), dal momento che appunto qualsiasi locandina si trovi in rete dell'epoca e successiva riporta l'articolo...
In effetti il tuo dubbio è legittimo. Nel libro di Pier Marco De Santi "I film di Paolo e Vittorio Taviani" è scritto chiaramente che il titolo è senza articolo (tra l'altro sottolineando proprio come nella logica del film sia importante l'assenza del titolo, cosa su cui concordo assolutamente). Io mi sono basato sui titoli di testa perché in realtà quelli dei Taviani sono molto curati (oltretutto essendo cinema d'autore, quindi con attenzione certosina ai dettagli significativi: figuriamoci un titolo!), e quindi mi sembra che abbia più peso proprio l'ok definitivo dei registi sulla pellicola piuttosto che le locandine decise dai distributori.
Se la giustificazione non ti convince, metti perlomeno il titolo senza articolo come "aka" aggiungendo tra parentesi "come compare nei titoli di testa". Nel frattempo, appena riesco, cerco qualche prova più convincente.
DiscussioneZender • 12/05/11 20:26 Capo scrivano - 49238 interventi
Io ho messo la spiegazione e il titolo nelle note. Più che altro davvero mi pare illogico che tutti i distributori abbiano improvvisamente deciso di mettere l'articolo, non ne capisco il motivo.