Goffo e risibile omaggio al mito letterario di Kafka ed alla sua splendida città (Praga), all’interno del quale Sodebergh mescola con grande disinvoltura tantissimi elementi dando vita ad un informe pasticcio davvero difficile da digerire. Il finale, con annessa moralina, fa cadere le braccia. Insomma, come spesso accade nei film di questo regista, “tanto fumo e poco arrosto”. Jeremy Irons è molto bravo, (non è una scoperta), ma la sua prova non risolleva il pessimo risultato di questa pellicola.
Una grandiosa messainscena onirica e teatrale: il grandissimo Jeremy Irons nei panni di Kafka in una pellicola che si divide tra bianco/nero e colore, diretta con classe e perizia. Un cult di inizio decennio, sconosciuto ai più ma da riscoprire al più presto.
Ottima pellicola in gran parte girata in un bianco e nero ardesia, che unisce la suspence alla politica, la Storia ai sentimenti. Ambientata a Praga negli anni Venti ruota tutta attorno alla sparizione dell'amico di Kafka trovato morto in circostanze misteriose. Grande lo spessore con cui Irons riesce a tratteggiare il personaggio di Kafka, mentre l'ambientazione praghese risulta perfetta per creare il giusto mistero che la sceneggiatura richiede riuscendo, anche con iniezioni di fantascienza, ad avvincere nella sua interezza. Visionario.
Film difficilmente inquadrabile in un genere (si passa dal thriller al fantastico), è tra le opere più controverse di Soderbergh. Il cast di ottimo livello e la buona caratterizzazione ambientale (con una Praga quantomai affascinante) non salvano il film da una riuscita artistica mediocre a causa di una sceneggiatura che mette troppa carne al fuoco e diventa un confuso guazzabuglio di avvenimenti sempre in una vicenda sempre sospesa tra il reale e l'onirico.
Impiegato in una ditta di assicurazioni, Kafka indagando sulla morte di un collega si trova coinvolto in un intrigo indecifrabile, fra anarchici bombaroli e misteriosi esperimenti governativi per il controllo della mente. Messa in scena raffinata, quasi tutta condotta in bn, ambientazione in una Praga cupa ed affascinante, cast di gran classe, ma sceneggiatura debole, che stuzzica con i rimandi all'opera letteraria di K. e con le citazioni del cinema espressionista tedesco ma affastella troppi temi, senza sufficiente rigore. Comunque interessante, fra le opere migliori di Soderbergh.
MEMORABILE: La coppia di assistenti inetti e malfidati, che rinvia a quelli descritti nell'incompiuto romanzo "Il castello"
Nelle atmosfere notturne, tra le vie e i vicoli di Praga, ricorda Il terzo uomo; anche la colonna sonora, seppur non così incisiva come quella della pellicola ambientata a Vienna, ha molto in comune con il famoso film di Carol Reed. Qui però è Kafka, tra finzione e realtà, a catalizzare la scena. Un Kafka caratterizzato da un Jeremy Irons non adatto, o troppo stupito, o troppo lento, o troppo coraggioso, un Kafka come non lo si immagina dai suoi scritti, anche se invischiato in situazioni che prendono il la proprio dai suoi visionari lavori.
MEMORABILE: La seconda parte, dentro il castello, in un improvviso quanto inspiegabile colore.
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