Figlia del secondo marito, vien munita, su commissione della severa matrigna (ch'è pure regina) di cintura di castità. Il povero (ma bello) che le rapisce il cuore trova lo stratagemma per rimuovere "l'inghippo", se la spassa per benino e se la porta, giulìvo e contento, a vivere in campagna. Sexy favola dai risvolti deliranti che poco ci mancava finisse per essere commentata dalla canzone di Toto Cutugno, solo fosse stata concepita a metà anni Novanta. Maldestra regia, piatta la recitazione (per la maggior parte gli attori sono anonimi), terribili i dialoghi e la musica.
Fiaba erotica piuttosto mediocre, ma qualche particolarità c'è. Intanto gli annunci primo e secondo tempo sono su un immagine'in movimento e non su uno sfondo... Fanno ghignare da matti l'accento bolognese molto colorito della regina, sono ragguardevoli fisico e cintura di castità di Baby Love; da ricordare l'imbranataggine dei quattro rappresentanti dell'impero, che sfornano qualche gag memorabile. Finale più che scontato, ma l'ultimissima scena è buona ugualmente.
MEMORABILE: L'ancella che libera il prigioniero, si lascia fare un bel servizio da dietro per poi far la predica e dire che da buon italiano ha approfittato di lei.
Di Silvestro qui è regista, costumista (per curiosità leggete su un dossier di nocturno cosa dice la Maiolini dei costumi di questo film), scenografo e si occupa perfino delle musiche! Il film si potrebbe riassumere come un porno con stile senza scene hard (almeno nella nostra versione...). mi aspettavo però ben peggio: lo si può definire una favoletta con qualche momento divertente (la rissa tra donne) o curioso (l'attore alla Beppe Grillo), ma il tutto è chiaramente pensato per soddisfare le voglie degli spettatori di un certo tipo di cinema...
L'acerba (ma non troppo) Baby Love è corpo-oggetto, geografico (le parti anatomiche sono viste come una mappa) e capitalistico, conteso in una sorta di delirante G8 (meglio definirlo G4 qui, per il numero ridotto delle nazioni) carnevalesco porno-sado-soft. Superando i roboanti dialoghi-barzelletta cabarettistici di serie zeta, si leggono l'imbecillità del potere fallocentrico ebbro di ormoni e dollari e la faziosità delle filosofie asiatico-pagane. L'uscita dal paralizzante sistema, come in Joan Lui di Celentano, è il ritorno francescano alla madre terra.
MEMORABILE: I deliri dei quattro capi di governo; La parlantina irrefrenabile del siculo; La cintura di castità smantellata come in Biancaneve & Co.
Pessimo film che mischia erotismo abbastanza spinto con situazioni comiche (si fa per dire). Una orrenda e insistente musica accompagna il povero spettatore per quasi tutta la durata del film. Nel cast si salvano solo Sergio Ciani, grande attore di film peplum degli anni Sessanta, e la bella Paola Maiolini: i restanti attori sono alla prima e unica esperienza al cinema e l'inesperienza si vede tutta. Unico lato positivo: la regina con forte accento bolognese.
Rino Di Silvestro HA DIRETTO ANCHE...
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