Prima e ad oggi unica regia dell'attore Eugenio Masciari, si segnala come una strampalata escursione nel cinema quasi d'avanguardia, quindi fin da subito variamente interpretabile e sicuramente non apprezzabile da tutti allo stesso modo. Presentato al cinema di Venezia, AZZURRI non trovò mai una distribuzione restando confinato nell'alveo delle opere dimenticate, citato di tanto in tanto solo per una scena: quella in cui l'onorevole Giuliano Ferrara si sottopone alle ripetute sculacciate di un questore (Dallagiacoma) che presenzia nello studio televisivo al centro del film. E' qui che infatti il protagonista Giancarlo (Masciari stesso) intervista ospiti che si sottopongono...Leggi tutto alle sue pesanti accuse, quasi sempre quelle di aver affossato le sue inchieste "scottanti". Con lui anche una giovane donna (Vannucchi) che viene saltuariamente costretta a seguire su una televisione posta all'interno dello studio le avventure di un ragazzo (Fanna) rinchiuso in un manicomio dal quale fuggirà e che è facilmente identificabile con Giancarlo stesso, cui manca infatti qualche rotella e che a colloquio coi suoi ospiti si lascia andare a invettive che sembrano quasi improvvisate su un canovaccio delirante. Seguendo una sorta di stream of consciousness che libera pensieri astrusi sovrapponendoli in sequenze organizzate secondo una logica piuttosto oscura, Masciari esibisce il suo singolare talento recitativo ma fatica nel coinvolgerci davvero nelle surreali avventure, nelle pontificazioni che mirano non si sa bene dove e si susseguono mentre minaccia gli ospiti che siedono davanti a lui; i quali rispondono quasi sempre negando ogni addebito o prendendo la parola con l'obiettivo di lanciarsi in nuovi pistolotti moralisticheggianti (come nel caso di padre Tobia, il prete cui dà volto e voce un giovane - e senza baffi - Sergio Vastano). Se la parte in studio è vagamente comprensibile, molto più sconnessa e misticheggiante è quella da seguirsi attraverso lo schermo della televisione lì posizionata, con le avventure del ragazzo che al manicomio incrocia strani tipi (persino Gianni Morandi nella parte di un paziente che si crede Gianni Morandi e con la chitarra in braccio canta "C'era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones"!). All'esterno del manicomio si aggirerà tra i monti e il mare in una Calabria che di sé mostra alcuni gioielli del crotonese (Masciari è di Catanzaro) come il Santuario della Madonna di Capo Colonna e il castello aragonese sull'acqua a Capo Rizzuto. In studio, intanto, si avvicendano sulla sedia – sullo sfondo campeggia una texture che anni dopo farà molto "Grande Fratello" - ospiti come Remo Remotti (chiamato dai set di Moretti che Masciari bazzicava) nei panni di un giornalista concorrente o il già citato Giuliano Ferrara, messo in croce per i troppi soldi spesi per finanziare la propria campagna elettorale e come detto sculacciato dal questore in una scena parossistica ai confini del trash. Ma il film è così: non si preoccupa di seguire alcuna regola, anarchico coagulo di follie perlopiù senza capo né coda ma che - a tratti - si sposano bene al contesto sopra le righe dell'insieme, con Masciari che di tanto in tanto siede al piano e canta. Vale come esperienza allucinata fuori dagli schemi, ma tanta originalità si traduce purtroppo in una ripetitività che presto stanca. Si apprezza la voglia del regista di intraprendere strade nuove, di sperimentare con il pochissimo materiale a disposizione cercando una personale via al cinema d'autore, ma se si guarda al risultato va detto che non è facile assistervi senza stancarsene dopo i primi venti minuti. E anzi forse già dopo la prima scena, a tavola in famiglia, tirata per le lunghe senza un vero perché.
Singolare esordio alla regia per l'attore Eugenio Masciari con una storia assurda: un giornalista matto che sequestra uno studio televisivo prendendosela con il mondo (vedi il dialogo con il politico). Alcuni flashback sulla vita del protagonista, rivisti dallo stesso alla televisione come se fosse un film (geniale!) sono davvero suggestivi e surreali, come nella presentazione dei matti del manicomio. Masciari recita un ruolo non facile, non andando mai sopra le righe e offrendo una performance notevole. Curiosi i cammei di Morandi e di Ferrara.
Un oggetto bizzarro questo film, tra il surreale e il trash ma con una sincera ambizione di originalità. La scena in cui Giuliano Ferrara viene preso a sculacciate dal questore è da antologia dello stracult. Masciari mantiene sempre un equilibrio senza mai eccedere col grottesco. Curiosi camei di Gianni Morandi, Remo Remotti e un giovane Sergio Vastano. Da recuperare.
A suo modo semplice la trama: giornalista abbandonato dalla moglie e tradito sul lavoro sequestra una troupe in uno studio televisivo e minaccia di compiere una strage in diretta se il suo anelito ad una vita normale non verrà accolto. È però bizzarra al limite della fantascienza la realizzazione, con l'inserimento di una linea metanarrativa incentrata sulle (dis)avventure di un ragazzo problematico in fuga da un manicomio, un film nel film immerso in toni di blu in cui il protagonista diventa spettatore. A tratti kitsch e inclassificabile, ma dotato di una sua originale profondità.
MEMORABILE: Il terrore del quotidiano dei primi 5'; Gianni Morandi in manicomio; Ferrara si fa sculacciare; Un film confluisce nell'altro.
Sabina Vannucchi HA RECITATO ANCHE IN...
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
MusichePanza • 7/12/15 21:34 Contratto a progetto - 5248 interventi
Eugenio Masciari canta Ma (sic) preso a ridere e Vorrei scrivere una canzone d'amore.
La romanza Vorrei morir è cantata da Tata Di Nola.
Meno peggio di quel che pensavo anzi, per chi è avvezzo alle visioni anomale ne trarrà indubbiamente sollazzo. In realtà - mi verrebbe da dire "com'è giusto che sia" in questi casi - il film di per sé non ha propriamente senso e si lancia in siparietti curiosi e in pseudo metafore non si sa quanto volute ed agognate. Masciari comunque ha tutto sommato il polso della non situazione : è simpatico, canta una canzone simpatica (ma preso a ridere) ed in qualche modo riesce a fermarsi prima di far degradare completamente la pellicola nella pretenziosità (anche se, a onor del vero, aggiungo "e fallo pure essere pretenzioso....").
Ci si chiede come abbia convinto Ferrara e Remotti a fare tali esibizioni o in che modo sia riuscito a piazzare un cameo di Morandi....
Aggiungo solo che - non me voglia Panza, anche lui cultore di visioni anomale - per me il protagonista non guarda in tv dei propri flashback bensì il classico film nel film in cui personalmente non ho trovato parallelismi alla vicenda principale.