LA LOCANDIERA non è tra le più spiritose commedie del veneziano Carlo Goldoni, ma la riduzione cinematografica (di chiaro impianto teatrale, come è evidenziato nel finale con la chiusura del sipario e gli attori che salutano) di Paolo Cavara è addirittura insopportabile: Celentano (completamente calvo) ripete stancamente il suo cliché del burbero dal cuore d'oro, la locandiera Claudia Mori non brilla certo per capacità interpretativa e ci tedia pure con tre balletti estenuanti (mai in coppia con Adriano), Marco Messeri è bravo ma ha una parte secondaria, Gianni Cavina conferma di poter recitare al meglio solo con Pupi Avati mentre discorso a parte merita Paolo Villaggio. Non tanto per l'incidenza...Leggi tutto della sua performance (è un marchese caduto in disgrazia incapace persino di pagarsi più di tre pasti a settimana) quanto per i duetti, appena abbozzati in verità: in primis con Milena Vukotic (è una commediante), destinata a diventare la fantozziana Pina dall'allora imminente FANTOZZI CONTRO TUTTI in poi dopo l'abbandono di Liù Bosisio (la Pina originale). Poi con Camillo Milli (qui nella parte di un ospite della locanda piuttosto dismesso), che sempre in FANTOZZI CONTRO TUTTI interpreterà il Duca Conte Barambani nella gita sullo yacht (celebre il suo “Fantozzi, cazzi quella gomena!”). Curiosità cinefile escluse, anche Villaggio si perde in una sceneggiatura priva di spunti comici degni di nota, immersa totalmente in una mediocrità atroce. Sprecare un cast tanto ricco era già un peccato, ma svilire così l’opera goldoniana lo è anche di più. Costumi e scenografie assai poveri per un'operazione commerciale in cui la drammatica carenza d’ispirazione fa capolino a ogni minuto.
Me lo ricordavo più divertente, però in fondo non mi è dispiaciuto. Celentano ripete il suo personaggio di sempre, il misogino che alla fine si innamora della bella di turno. La Mori non è proprio quella che si suol dire una grande attrice. Villaggio ripete il suo personaggio fantozziano però strappa sempre qualche risata. Cavina solo con Avati riesce a essere un vero attore. Camillo Milli interpreta Goldoni. E’ una sorta di commedia musicale. I balletti sono insopportabili eccetto quello finale dove viene dichiarato l’amore tra la Mori e Cavina. Scenografia palesemente teatrale.
Il connubio Goldoni-Molleggiato è in partenza sospetto, sicché l'esito non poteva che essere o geniale o catastrofico. Vince la catastrofe, con distacco: solo Vilaggio e Messeri danno l'idea di non essere abusivi, il ritmo è fiacco, l'arguzia assente ingiustificata, Cavara stesso non dà l'idea del massimo impegno e della miglior convinzione. Buco nell'acqua clamoroso.
Una riduzione piacevole di Goldoni, con il duo Celentano-Mori particolarmente azzeccato per i ruoli del misogino cavaliere di Ripafratta e di Mirandolina. Attorno a loro un simpatico Cavina e i divertenti Villaggio (meno fantozziano del solito) e Messeri. Un po' indigesti i balletti (anche per colpa di canzoni poco fantasiose), ma nel complesso l'operazione diverte.
La commedia di Goldoni riportata nel suo luogo di origine (la Toscana) e arricchita da balletti canori che non disturbano più di tanto. Dalla composizione del cast si può facilmente capire come sarà l'andazzo: Celentano riconferma il ruolo di misogino che gli riesce bene e che qui è appropriato, Villaggio fa quello che è capace di fare (e che qui non è appropriato), Messeri gioca in casa, Cavina sufficientemente incolore e infine Mirandolina Mori (poteva mancare?) che riconquista il marito. Altri validi attori per un lavoro tutto sommato non male.
Mica male questa trasposizione goldoniana, belli i costumi e simpatici pure i balletti. Prove attoriali discrete; Messeri indubbiamente il migliore, ma anche Villaggio regge bene la parte del nobile caduto in disgrazia almeno fin quando non ripropone per l'ennesima volta la gag delle polpette. A Celentano viene affidato il solito ruolo da "bisbetico" e la Mori è davvero nel fiore degli anni. Prime riuscite interazioni fra la Vukotic e "Fantozzi". Non un capolavoro ma certo un esperimento coraggioso con un cast di tutto rispetto.
Operazione curiosa, questo adattamento celentanesco della più celebre commedia goldoniana; del resto il misogino cavaliere di Ripafratta è l'antenato più diretto della sua galleria di bisbetici domati, mentre Villaggio dal canto suo apporta gag fantozziane allo spiantato marchese di Forlimpopoli (che mangia di nascosto come nella clinica dimagrante). A non convincere è il resto del Clan: Claudia Mori è una Mirandolina appena passabile ma le canzoni (fortunatamente poche, ma proprio per questo ancor più inopportune) sono bruttarelle anzichenò.
MEMORABILE: Il cranio rasato alla Kojak che Celentano sfoggia quando si leva la parrucca da cavaliere.
I pochi momenti godibili di questo film (per il resto piuttosto noioso) sono dati dalle interpretazioni di Paolo Villaggio e Marco Messeri e da qualche intervento di Celentano. Simpatico il Goldoni di Camillo Milli, anche se poco più che esornativo; come puramente esornativi sono i balletti che spezzano la narrazione, ma tutto sommato senza che il (blando) ritmo generale ne risenta.
MEMORABILE: Forse ripetitiva, ma sempre efficace la gag di Villaggio del cibo "rubato", che qui trova in Celentano una spalla muta ideale.
Paolo Cavara HA DIRETTO ANCHE...
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