Cosa c'è di più semplice da concepire e realizzare di un film composto unicamente da barzellette in sequenza prive di alcun filo conduttore e perfino di un vero tema ricorrente come poteva accadere negli Ottanta tra matti, pierini e carabinieri? Il modello di riferimento è qui il più dispersivo LE BARZELLETTE made in Vanzina, programmatico fin dal titolo, ovvero semplici barzellette "coreografate" da attori che si alternano sul set interpretando più ruoli. In questo caso li guida un Paci presente nella gran parte degli sketch mentre Ceccherini, nei panni di Ceccù, interviene solo cinque...Leggi tutto o sei volte vestito da Nazareno in una Palestina ricreata (si fa per dire) tra i boschi della Maremma. La sua entrata in scena tra un'invocazione e l'altra con tastamento delle parti intime infiammate ci ricorda immediatamente la matrice toscana del film, in ogni caso già da subito evidente per l'ampio ricorso al dialetto. Paci, regista e factotum dell'operazione, ha dalla sua una simpatia e un'umiltà che ancora una volta lo salvano dal naufragio, ma come nei tanti film da lui interpretati e prodotti semiamatorialmente negli anni, non ci si può aspettare granché. Accompagnato dall'abituale stuolo di belle figliole (una costante, nei suoi film) e da un cast che in generale riesce a esibire una recitazione superiore a quella che ci si potrebbe immaginare per produzioni simili, NON CI RESTA CHE RIDERE ha il difetto maggiore di ricorrere a barzellette quasi sempre troppo a lungo circolate, nella maggior parte dei casi dal finale clamorosamente anticipabile. Si individuano alcuni temi classici (dal medico, i carabinieri, i vecchietti...) e si alternano gli sketch ad essi dedicati (nei quali i ruoli principali son ricoperti sempre dagli stessi attori) spezzandoli con barzellette di altra natura, limitando relativamente quelle riconducibili al sesso e favorendo quelle di più ruspante volgarità, da condire con una terminologia che ovviamente non poteva prescindere dal turpiloquio. Il risultato è purtroppo il più delle volte desolante sia per la selezione operata (comprando qualche libro di barzellette se ne potevan scegliere di meno vetuste) che per la messa in scena tipica dei film di Paci, a fatica associabile alla destinazione cinematografica. Scenografie povere, fotografia che può impegnarsi al massimo ad arginare i danni, tempi comici approssimativi. Più che un vero film una rimpatriata tra amici, risollevata da performance nella maggior parte dei casi valide che nel complesso mascherano l'evidente povertà suggerita già dal titolo, disperato aggancio a modelli toscani "alti" che si sapeva in anticipo non potessero essere minimamente avvicinabili. Giusto in definitiva buttarla in caciara (a teatro la cosa ha funzionato a dovere) e puntare sulla simpatia e la spontaneità del cast (spesso è più divertente la fase di preparazione alla battuta finale che la battuta finale stessa): quel che ne poteva uscire è comunque facilmente immaginabile...
L'ennesimo B-movie di Alessandro Paci è una mera rassegna di barzellette senza soluzione di continuità che gli attori presenti (in gran parte amatoriali e si vede) si alternano a inscenare alla bell'e meglio. Bisogna dire che l'assortimento delle storielle non è riuscitissimo, ma qua e là una becera risata ci scappa. L'aspetto ridanciano dell'opera scaturisce quindi dalla riuscita o meno della gag. Inutile cercare qui velleità artistiche o solamente della genuina parodia: conviene buttarla sul ghigno scacciapensieri.
Collana di barzellette più o meno risapute che vengono recitate alla buona da un cast tutto toscano capitanato da Alessandro Paci e con un cameo di Massimo Ceccherini. Fin dalle prime scene si nota una evidente povertà di mezzi (in alcune scene le riprese sono addirittura tremolanti) e di idee che giocoforza portano il film verso la mediocrità. In alcuni momenti si cerca la risata toccando il tasto della volgarità ma con esiti fiochi.
Paci, Kagliostro, Benedetta: potremmo essere su Rtv38 e la loro trasmissione serale, invece guardiamo questo film che di sceneggiatura non ne ha nemmeno l'ombra. Un susseguirsi di barzellette, alcune pure divertenti, senza soluzione di continuità che ricollocano il comico toscano nel suo habitat quasi amatoriale toscano. Attori "autoctoni" di contorno fra i quali spicca in negativo Ceccherini, un Ceccù oggettivamente poco divertente. C'è ben poco da salvare, ma si apprezza la genuinità del cast.
Un film che davvero poco sembra aver a che fare con il cinema. Raccoglie una parte delle tantissime barzellette che l'autore dispensa giornalmente su YouTube e che funzionano meglio raccontate che messe in scena. Galligani medico ha la faccia giusta, qualche risata la strappa anche l'innata simpatia di Forconi (caratterista storico, dal Berlinguer di Benigni al Pinocchio di Garrone) ma è davvero poca cosa.
Brevi sketch, nemmeno legati tra loro, sono il pretesto per raccontare barzellette praticamente tutte risapute. Il Paci, Deus Ex machina dell'intera operazione dato che dirige e interpreta, è da sempre comico apprezzabile; purtroppo qui il risultato è tremendamente basso. Riprese semiamatoriali, sensazione di "buona la prima" praticamente in ogni segmento, recitazione sotto il livello di guardia. Povertà di mezzi in generale è la frase che meglio si addice a questa operazione che tutto è tranne che riuscita. Musichetta terribile che purtroppo rimane stampata nel cervello.
La maniera più corretta di guardare il film è in streaming, dividendolo in 5 o 6 parti: una visione complessiva, di seguito, è evitabile perché la noia arriva in poco tempo. Il Paci è anche simpatico e la barzelletta da 1 minuto o 2 è il suo campo, ma in ottica film al cinema la formula è inadatta. Il valore medio delle barzellette è poi decisamente basso: alcune sono molto prevedibili, altre già sentite, vecchie. Si salva solo la simpatia dell'autore-interprete.
Alessandro Paci HA DIRETTO ANCHE...
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La partita di calcio che Paci guarda in televisione, sfruttando il fatto che la moglie si sia voluta far legare a letto (ma per altri motivi più “hot”) è Fiorentina-Napoli 3-0 del 29 aprile 2018, 35’ giornata di Serie A 2017/2018. Almeno nel film Scusate il ritardo (1983) ci si limitava ad ascoltare la partita alla radio.