Crudo, vero, dannatamente e disgustosamente sporco, spesso marcio. E’ l’ambiente in cui vivono i detenuti del carcere di massima sicurezza di questa serie. In particolare, di quelli sistemati nell’ “acquario”, settore dove vetri antiproiettile fanno da divisori e fungono anche da porte, comandate a distanza. Tutta la feccia si trova qui (pluri assassini, stupratori, psicopatici della peggior specie). Ma anche tra gli uomini in divisa c’è chi è quasi peggio di loro. La voce narrante è di un detenuto di colore su sedia a rotelle. Grande!
La polarizzazione di Prison break: anti-televisivo ma al contempo non paracinematografico; personaggi a prova d'empatia (leggi: tutti laidi, detestabili, antieroici e corrotti senza il ben che minimo fascinum del villain); nessuna corsa al cliffhanger e all'ipertensione (quella che c'è serpeggia sottopelle senza quasi affiorare mai); pastoso e statico anche in termini di timing (1 ora a episodio). La logorante quotidianità carceraria senza spettacolo e senza patina. Secco, essenziale, sgradevole, nerissimo e molto crudo: non poteva accattivarsi i favori di un'audience televisiva.
MEMORABILE: Le visionarie e parabasiche parentesi da coro greco del cantastorie di colore che introduce i personaggi e dà lezioni di morale
Questo telefim è sicuramente uno dei più crudi in circolazione. Non nasconde niente e porta alla cronaca le vicende di un carcere di massima sicurezza. In questa prima stagione si comincia a delineare la storia di diversi personaggi che per svariati motivi sono in carcere, con accuse e pene da scontare diverse fra loro. Le immagini esplicite e i continui colpi di scena fanno di questa serie un vero e proprio cult.
Un po' sopravvalutato ma riuscito, alla fin fine. Fortissimo e molto crudo (la visione non è consigliata a tutti), con buoni attori (convincente Acevedo e Meloni). Come già detto forse è un pochino più amato rispetto al suo valore, ma la visione è comunque consigliata.
Il titolo della serie si riferisce al penitenziario Oswald State, un penitenziario di massima sicurezza. Il primo cofanetto ci introduce all'interno di questo e ci presenta i detenuti protagonisti della serie. Scene crude ed esplicite, mai relizzate prima, ne fanno un ottimo prodotto. Crudo, duro e senza censure.
Per farsi la giusta idea su quanto sia "rivoluzionaria" la serie, basta guardare l'anno in cui è stata prodotta la prima stagione. Certo, qualche sequenza (ovviamente tra quelle più "indecenti") è riprodotta in maniera retorica. Ma è comprensibile non potendo mostrare tutto il lerciume senza veli senza incorrere nella censura. Cruda, reale, senza fronzoli e diretta come un pugno nello stomaco, la serie mostra in modo impietoso la vita carceraria ma più in generale il sistema carcerario made in USA. Buon cast e ottima regia.
MEMORABILE: Schillinger "tatua" le chiappe di Beecher con una svastica, sancendone così il suo possesso.
Realizzato dopo aver intervistato un migliaio di detenuti un po' in tutti gli stati, è una produzione priva di censure, cruda, spietata e molto reale dell'ambiente delle carceri di massima sicurezza americane. Seguitissimo ai tempi, la sua programmazione venne purtroppo sospesa in Italia alla fine della quarta stagione nel momento in cui certi personaggi potevano venire collegati a esponenti politici italiani. Confezione impeccabile, attori primari e secondari perfetti. Raro e ai tempi innovativo.
Una condanna senza sconti al sistema giudiziario/carcerario USA: un sistema in cui tutti sono vittime, compresi i colpevoli, per i quali, nonostante i frequenti rigurgiti di redenzione, non c'è speranza. Il disperato Alvarez, il crudele Schillinger, l'onesto Beecher, lo scaltro O'Reily e molti altri lottano per la sopravvivenza, raccontati dal paraplegico Hill, nel moderno braccio chiamato Paradiso. Ottimi interpreti in una location minimale, quasi teatrale, la giusta dose di suspense e violenza, con lampi di satira e pochi momenti di stanca a metà serie. Rischio binge watching.
MEMORABILE: Beecher canta vestito da donna; La parabola del giovane Wangler.
Un telefilm che ribalta l'idea del carcerato. L'avvocato ubriaco che uccide una bambina in macchina, odiato nel mondo reale, qui diventa un beniamino. Italiani, nazisti, ispanici lottano per il comando. La violenza come arma, il sesso come merce di scambio. Il recupero come idea irrealizzabile, la morte come unica via di uscita. Pochi i punti fermi, cast molto vario per l'alto tasso di mortalità. Da qui molti volti rivisti in altre serie (Dexter, Fringe, Law & order). Il carcere non patinato.
MEMORABILE: I monologhi di Hill. Beecher, Schillinger e Keller. I fratelli O'Reily e la Dr. Nathan.
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5x06 L'ultima scena (Variety) *** Oz sin dalle primissime puntate ha dimostrato di mostrare contenuti fortissimi e allo stesso tempo di giocare con i propri personaggi creando dei divertenti siparietti tra un accadimento e l'altro. Quello che succede però in questo episodio ha sicuramente dell'incredibile perché si ha la possibilità di vedere duettare in maniera esilarante in un canto addirittura Beecher con Schillinger. La struttura dell'episodio quindi viene totalmente stravolta anche se ovviamente la sceneggiatura non ci risparmia i soliti colpi allo stomaco che si palesano sotto forma di delazioni, pestaggi ed episodi di piromania. In definitiva si tratta di un buon episodio che dimostra anche la capacità della serie di riuscire a volte a non prendersi troppo sul serio. (Pinhead80)
5x07 La via per l'inferno (Good Intentions) *** L'episodio si apre con una frase che racchiude un po' il senso di tutto quello che succede all'interno del carcere di Oz, ovvero "la strada verso l'inferno è lastricata di buone intenzioni". Tutto quello che succede all'interno del carcere di massima sicurezza è il frutto di una serie di decisioni che innescano sempre una reazione a catena mortale. Non ci sono vie di fuga reali ma solo immaginarie. Il do ut des è proprio una delle tante trappole in cui finiscono i detenuti che diventano poi vittime e allo stesso tempo carnefici in un circolo vizioso senza fine. L'episodio racchiude in sè questo concetto alla perfezione e a farne le spese saranno tanti personaggi fondamentali per la serie. (Pinhead80)
5x08 La mossa giusta (Impotence) ***! Come spesso accade nelle serie televisive il finale di ogni stagione presenta sempre degli avvenimenti in grado di destabilizzare quelli che sono gli equilibri creati nel tempo. Equilibri che ad Oz sono sempre molto labili. La maggior parte dei detenuti "storici" oramai è finita in isolamento o nel braccio nella morte e questo accresce la convinzione che nessuno in realtà si potrà mai davvero redimere o salvare. L'episodio in questione porta i protagonisti a dover fare delle scelte e a controllare i propri istinti finendo ovviamente per capitolare. Il colpo di scena finale poi lascia molto amareggiati e mette un grande punto interrogativo su quella che sarà la struttura narrativa della sesta e ultima stagione. (Pinhead80)
STAGIONE 5 (2002) *** Come già avvenuto in passato anche in questa quinta stagione non mancano i colpi di scena dall'inizio alla fine. La differenza rispetto al passato sta nel fatto che la stagione si può tranquillamente dividere in due parti. La prima è assolutamente spiazzante perché si affida spesso e volentieri ad elementi paranormali che non riescono mai a convincere del tutto apparendo decisamente stonati rispetto al contesto. La seconda parte invece è un ritorno al passato con una narrazione più lineare e comprensibile capace di creare nuovamente il giusto pathos. L'unico aspetto negativo è il doppiaggio italiano che vede molti protagonisti perdere i loro doppiatori originali. Questo ovviamente non aiuta ad immedesimarsi con i personaggi. (Pinhead80)
6x01 Macbeth (Dead Man Talking) *** Il finale della quinta stagione aveva lasciato il pubblico con l'amaro in bocca. Qui si ricomincia con una sorpresa che riuscirà solo in parte a sanare la grossa perdita avvenuta in precedenza. L'isolamento è sempre più affollato e il direttore del carcere vuole concedere una sorta di "grazia" ad alcuni detenuti per riportarli in Paradiso. Ma nonostante questo i vecchi rancori non riescono a sopirsi del tutto perché ormai sedimentati nel tempo e mantenerli è diventato forse uno dei pochi motivi per dare un senso all'esistenza all'interno di Oz. Ancora una volta a farla da padrona sarà la morte e alcuni personaggi secondari lasceranno per sempre la serie. Per quest'ultima stagione il telefilm si gioca la carta della recita teatrale per i detenuti. (Pinhead80)