I più giovani tra voi conosceranno sicuramente i Daft Punk, geniali pionieri della musica dance d'oltralpe, forse pochi sanno che i due sono anche registi e che registi... La trama è semplice, due robot (in un mondo di robot) fanno un'operazione e diventano uomini... non è un prodotto home video per fan duri a morire, ma un film pazzo, senza dialoghi, lento, con delle grandi musiche e delle idee folli.
MEMORABILE: La scena dell'"operazione", dominata da un bianco accecante e dal genio dei registi.
Tentativo dei Daft Punk di carnificare la musa ispiratrice elettronica, traslandola dal piano emozionale a quello fisico tramite transustanziazione. Uno sperimentalismo garibaldino e senz'altro coraggioso, ma che fallisce l'intento poetico crogiolandosi in tempi dilatatissimi ed ai limiti della sopportazione che annientano il climax; complice anche una colonna sonora che era lecito aspettarsi più coinvolgente. Ai posteri l'affascinante sequenza dell'operazione "chirurgica", l'unica in perfetto equilibrio tra i propositi e il derivato.
In un borghese mondo di robot due di loro si fanno una faccia umana ma sono emarginati: facile storiella dalla metafora ingenua. I Daft Punk rinunciano alla loro musica elettronica e ai loro ritmi per costruire un film dai tempi estenuanti, con pochissimi inserti sonori (peraltro di tipo soprattutto cantautorale e classico). La provocazione probabilmente sta proprio lì. Per il resto, banalità di contenuto (e le dune-corpo femminile? bah!) e noia abissale: bastava farci un corto, ed era già tanto. Bello solo il tentativo di suicidio del robot.
Tradendo la vocazione pop e accessibile che caratterizza la loro musica, i due improvvisati registi propongono un pretenzioso, mal riuscito tentativo di non si capisce bene cosa. Sperimentazione, sorta di avanguardia? Bisognerebbe saperlo da loro. A parte alcune buone trovate estetiche, nel laboratorio e nel finale, che sarebbero adatte a un loro videoclip, il resto si svolge tra una noia e una banalità, queste sì da primato in negativo. Il tutto senza neanche la consolazione della loro musica.
MEMORABILE: L'interminabile sequenza dei due chiusi nel bagno...
De Oliveira cyberpunk? Wenders dal futuro? Barthas che dice Asimov chi legge? Herzog kraftwerkiano elevato 2(001)? Non c’è più spazio per l’umano, solo per la sua nostalgia: gli automi sognano l’autoreverse, in difetto del quale optano per l’hagakure. Il tutto va per addensamenti da annoiare Sokurov (che danno a intendere che stringi stringi l’apologo era sbrogliabile in 10’) che inducono a rinunciare finché cumuli di dune non diventano magicamente L’origine du monde e le cose iniziano a farsi, se non interessanti, almeno affascinanti. Peccato che per allora il film sia ai suoi ultimi passi.
L'autocompiacimento dei due Daft Punk si sposa a una certa incomunicabilità che fa tanto "autore", in un viaggio in auto e poi a piedi fino all'epilogo di fascinosa autodistruzione. Videoclip extended version, per musica folk e non di nostalgica presa, tra interni asettici ed esterni troppo simbolici. Non manca certo qualche vagito da ultradesign ben piazzato che però si affievolisce e si dilunga fino ad annoiare; peccato perché il ragguardevole finale è degno d'esser visto e "giustifica" l'abissale vuoto narrativo che lo precede. Luccicante estetismo a oltranza fine a se stesso.
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gran peccato scoprire solo ora di quest'opera, sarebbe stata perfetta per il Pre-Schrammfest. la terrò indubbiamente da conto per lo Schrammfest vero e proprio.