Due fratelli e le loro mogli a cena, i loro figli come protagonisti indiretti delle discussioni. Per quale motivo il senatore Stan Lohman (Gere), sul punto di diventare governatore, ha invitato il fratello un po' matto Paul (Coogan) in un ristorante extralusso? Ci vorrà un po' per capirlo perché, come sempre più spesso capita, i registi si divertono a rimescolare la corretta cronologia degli eventi confondendo le acque per poi scoprire gradatamente le carte. I rapporti tra i due fratelli sembrano tesi, ma più per l'insofferenza di Paul nei confronti di tutto ciò che lo circonda (a cominciare dall'alterigia dei camerieri, che presentano ogni piatto con pompose dissertazioni sugli ingredienti), perché...Leggi tutto Stan - come il ruolo richiede - pare molto più assennato, comprensivo; e tormentato, certo; il perché tira in ballo un brutto episodio che coinvolge i suoi due figli e quello di Paul, trovatisi una sera a molestare una barbona chiusasi a dormire nella cabina di un bancomat. Ma se è vero che è quanto accadde quella sera a decidere le mosse di Stan e quindi a fungere da cardine del film, è anche vero che intorno alla ricostruzione in flashback frammentati si racconta il difficile rapporto tra le due famiglie; dominato dall'instabilità mentale di Paul, insegnante sui generis che a scuola pare vivere più di una crisi all'interno di un costante rapporto conflittuale con gli alunni (ma la colpa è sua, a differenza di quanto siamo abituati a vedere). L'autore, l'israeliano Oren Moverman, parte da un romanzo di Herman Coch per trarne una sceneggiatura altalenante, che al pari della regia incappa in numerose sequenze ridondanti e superflue (quella troppo lunga al cimitero, solo per citarne una) ma è capace allo stesso tempo di offrire dialoghi ficcanti, momenti che stupiscono per la loro capacità di colpire con una maturità non comune nell'affrontare le relazioni interfamiliari. L'imprevedibilità di Paul si pone agli esatti antipodi della pacata ragionevolezza del fratello, mentre tra loro associabili (per quanto differenti) sono gli approcci alla vita delle due donne. E così il film passa disinvoltamente da fasi in cui convince e sa incuriosire soddisfacendo ad altre in cui si perde in lungaggini soporifere evitabili. E' comunque calzante l'interpretazione dell'intero cast, con una speciale menzione per un Richard Gere intenso che supera un Coogan bravo ma aiutato dall'estrosità concessa al suo personaggio. Più pretestuosi gli interventi dei camerieri logorroici e le vezzose didascalie delle portate (primi piatti, dessert...) a suddividere in capitoli virtuali. Curiosa la scelta dell'epilogo, sorta di finale semiaperto che irrompe ex abrupto prima dei titoli di coda. Imperfetto, zoppicante, kitsch in alcune scelte fotografiche ma anche intrigante nella sua costruzione assai complessa e ambiziosa e piuttosto singolare. Meno superficiale di quanto appaia e in più parti perfino divertente nelle risposte spiazzanti quanto clamorosamente indisponenti del fratello mentalmente instabile.
Da un romanzo interessante (lo stesso alla base di I nostri ragazzi), un film incredibilmente piatto e sciatto sul piano stilistico. Inquadrature scadenti, fotografia orrida, musiche inserite a caso e ritmo assolutamente inesistente. A tenerlo in piedi la bravura dei quattro protagonisti, tutti ben calati nella parte, ma che poco possono di fronte a una sceneggiatura a tratti ripetitiva e a tratti semplicemente poco coinvolgente. Qualcosa migliora nella seconda parte, ma è vanificato da un finale repentino e inconcludente. Da evitare.
La cena infinita, più che altro. Due ore che sembrano non passare mai per un film lento, noioso, soporifero. Difficilissimo arrivare alla fine. Nemmeno la sceneggiatura è originale: da un lato la coppia intellettuale tutta cuoricini e abbracci (o così parrebbe), dall'altra l'algida giovane sconsolata all'ombra del marito, politico rampante. Squallore, violenza, recriminazioni tra passato e presente continuamente inframezzati da agganci storici, battaglie che furono e piatti stellatissimi descritti minuziosamente ai commensali. Salvo Gere.
Un senatore ed il fratello, un insegnante con disturbi comportamentali, si incontrano in un ristorante per VIP per discutere, insieme alle rispettive mogli, di una "bravata" dei loro figli... Terza trasposizione di un best seller, questo Dinner risulta indigesto per l'andamento confuso, la verbosità logorroica, l'antipatia che ispirano tutti i personaggi, le disgressioni allunga brodo, le sottolineature stucchevoli (le pietanze minuziosamente descritte). Due ore che mettono a dura prova la pazienza e che la professionalità del cast non può salvare dalla mediocrità.
Film dichiaratamente fondato sulla scrittura e sulle doti interpretative degli attori. Parte in quarta, coinvolgendo lo spettatore in una vicenda di piccole grandi ipocrisie familiari sullo sfondo di un tremendo atto di bullismo. Poi però qualcosa deraglia: il personaggio interpretato da Steve Coogan prende troppa scena e i suoi monologhi finiscono per diventare tediosi e far diventare il tutto ridondante e di rara pesantezza. Alla fine si ha l'impressione di un Carnage venuto male e sfuggito dalle mani del regista.
Tratto dal romanzo "La cena", in Italia già sfruttato in maniera più decente nel film I nostri ragazzi, il prodotto cerca di essere raffinato con una sterzata nel gourmant. Ne viene fuori un mezzo pasticcio noioso, soporifero e con prove attoriali al minimo sindacale. Coogan insopportabile e Gere sembra essere quasi sempre assente. Leggermente meglio il comparto femminile, ma non di molto. Montaggio ai limiti della comprensibilità e caratterizzazioni di una noia mortale. Come detto se la sono cavata meglio Lo Cascio e Gassman.
Film zoppicante e ricco di riempitivi inutili (la divagazione su Gettysburg che pare uscita da History Channel, le minuziose descrizioni dei cibi serviti che diffondono satira antiborghese arthouse). Sembra l'intersecazione frammentaria di due storie separate e ugualmente intense (la malattia mentale di Coogan e la tragica "bravata" dei due cugini), svilite nella visione complessiva dalla narrazione barocca di Moverman. Se ci si sofferma su certi ottimi dialoghi e sulla credibile conflittualità fra le due "fazioni" familiari, c'è materiale discreto. Meglio comunque I nostri ragazzi.
MEMORABILE: La vetrina rotta; Coogan in casa col figlio durante il ricovero della moglie; Il rogo della barbona; Lo scontro a fine pasto; Il finale interrotto.
Fratelli diversi, uno senatore l’altro con problema psichico/comportamentale, sono a cena con le mogli: esplodono vecchi contrasti e altri inattesi. Abile nel dipingere le duplici dinamiche stridenti della famiglia e della borghesia bene, il film ha un interessante svolgimento anch’esso duplice, nella cena dei rapporti fraterni irrisolti e nella vicenda del fattaccio di cronaca. Su questo si innesta la critica della deresponsabilizzazione dei propri atti. Coogan fenomenale nel suo ora inquietante dare fuori di testa, ora coscienza collettiva. Peccato certe divagazioni semplicistiche.
MEMORABILE: Gli occhi costantemente nervosi di Coogan.
Charlie Plummer HA RECITATO ANCHE IN...
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
CuriositàDaniela • 29/01/18 15:16 Gran Burattinaio - 5945 interventi
Il soggetto del film è tratto del romanzo omonimo dello scrittore tedesco Herman Koch.
Si tratta della terza trasposizioni cinematografica, in quanto il soggetto era stato già portato sullo schermo nel 2013 con Het Diner diretto da Menno Meyjes e nel 2014 con I nostri ragazzi diretto da Ivano De Matteo.