Volti del cinema italiano nel cast VOLTI ITALIANI NEL CAST Volti del cinema italiano nel cast

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Ennesimo film in costume per Avati che riporta indietro il tempo al 1936, in pieno Ventennio (ma il Duce salta fuori, casualmente, in un unico dialogo). In occasione del fidanzamento di Angelo (Becchini) e Silvia (Lante della Rovere), due numerose famiglie di diversa estrazione sociale si incontrano nella cascina di lei, nelle campagne di Porretta Terme, per consumare un impegnativo pranzo. Ma il film comincia prima, soffermandosi nella descrizione dei diversi personaggi, delle loro singolarità a cominciare dal padre (Haber) e la madre (Baggi) di lei, ai ferri corti per le frequentazioni di lui con una donnaccia del paese. Haber, alle prese con una figura spregevole, riesce a dipingerne al meglio...Leggi tutto i tratti rimanendo nell'ambiguità di chi da una parte si avvicina alla moglie e dall'altra nulla fa per trattenere l'istinto che si scatena in presenza di ogni donna, domato a fatica. E' in scene così che emerge lo spirito popolaresco che identifica la famiglia di Silvia, tutti stipati nella cascina abitata da parenti, conoscenti e persino da un ricco imprenditore nel campo degli occhiali (Andreasi) che, malato incurabile, porta lì una timida amante francese (Bruni Tedeschi) per i suoi ultimi mesi di vita. Gli scontri sono forti, molto più spigolosi che nella famiglia di città, in cui covano semmai sotto la cenere. E così, mentre Angelo e Silvia restano ai margini confondendosi in un ritratto corale che alternativamente porta il singolo ad emergere, ciò che più salta all'occhio, ancora una volta, è la straordinaria bravura di Avati nel dirigere un cast che pare in stato di grazia, in cui non uno sembra fuori posto e tutto si scioglie nell'Eastmancolor dai colori caldi che dona alla ricostruzione storica una verosimiglianza eccellente. L'accuratezza scenografica, nella scelta dei costumi conferma Avati ai vertici della nostra produzione nazionale se non altro nella capacità di restituire ambienti e situazioni legati a tempi lontani; lo si nota fin dalle prime scene, quando l'azione non è ancora concentrata nella cascina dove l'incontro tra le due famiglie favorirà rapporti destinati a mettere in luce la differenza di ceto sociale senza far mai prevalere eticamente l'uno sull'altro: ognuno ha il proprio rovescio della medaglia ed è un peccato che la sceneggiatura (del solo Avati) non sappia offrire a livello di trama un lavoro altrettanto impeccabile. Si resta nel ritratto d'epoca che trae gusto principalmente dalla sua messa in scena, dall'autenticità di volti, espressioni e frasi. Ma quanto accade conferma l'affezione di Avati per una quotidianità non sempre (anzi, assai di rado) capace di appassionare o coinvolgere, per un bozzettismo piacevole (non privo di gustosi tratti ironici, anche se qui meno che altrove) che rischia di confondersi talvolta in annoiato quadro storico, cui ovviamente la critica ha tributato comprensibil elogi.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 31/03/07 DAL BENEMERITO B. LEGNANI POI DAVINOTTATO IL GIORNO 2/10/20
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B. Legnani 1/04/07 00:23 - 5532 commenti

I gusti di B. Legnani

Un Avati in tono minore. Un film che abbina la gradevolezza e la dolcezza delle immagini con (purtroppo) la rapida evanescenza delle stesse. Inferiore a molte altre pellicole dello stesso registro: Una gita scolastica, che ha sostanzialmente la stessa "accoppiata", lascia comunque molto di più allo spettatore: qui, invece, tutto è iper-volatile.

Galbo 13/12/08 15:55 - 12392 commenti

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Storia di ragazzi e ragazze fa parte del filone minimalista del regista emiliano; si tratta di film che raccontano piccoli eventi quotidiani (in questo caso una festa di fidanzamento in una località dell'appennino emiliano negli Anni Trenta), con grande cura dei particolari (molto riuscita l'ambientazione) e della caratterizzazione psicologica dei personaggi. Altro elemento positivo è la bravura del regista nella direzione del ricco cast. Da vedere.

Homesick 28/12/11 17:55 - 5737 commenti

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La fedeltà a se stesso e ai propri soggetti preferenziali (qui a carattere autobiografico) fa scivolare Avati verso la maniera, ma nello stesso tempo ne ribadisce l’innato talento per la commedia agrodolce – tale ossimoro risulta più che mai evidente nella lunga scena conviviale, rivelatrice di festosità al pari di villanìe, tensioni e ipocrisie – e l’accuratezza nell’ambientazione emiliana, qui secondo usi e costumi degli anni Trenta. Nel suo minimalismo, la direzione degli attori (e sono tanti, e alcuni di essi bambini) è come sempre attentissima e capillare; sognante e magico il prologo.
MEMORABILE: Il prologo con la preparazione della statuetta dell’elefante in finto argento; Ferdinando Orlandi che espone il menu di venti portate.

Rambo90 5/11/13 17:24 - 7697 commenti

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Avati mira qui non tanto a costruire una storia ma a ricostruire un'epoca e delle usanze: l'esperimento riesce grazie alla cura dei costumi, delle ambientazioni e infine anche dei personaggi, ognuno al posto giusto. La prova del cast è superba (in particolare per quanto riguarda un sorprendente Felice Andreasi e la Bonaiuto). Buono.

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