Sick nurses - Film (2007)

L'ambientazione è unica: un finto quanto improbabile ospedale. I personaggi sono tutte altrettanto improbabili quanto bellissime infermiere ciascuna con una propria prerogativa o fissazione. Il "cattivo" è il solito "cattivo". Il film si distingue per originalità e alcune bizzarre trovate. La doppia regia è curata e gli autori dimostrano di saper usare la cinepresa. Ultimi dieci minuti da cult con finale per nulla scontato, anzi!

Siamo tornati al film muto, nel senso che i dialoghi sono minimi e secondari: parlano infatti da sole le immagini che prima raccontano di tanti rituali e gelosie femminili e poi di sguardi allucinati e supplizi al confine del grottesco. Più interessante la prima parte, particolare ma anche troppo insistita la seconda (ad un certo punto sembra di assistere agli Happy tree friends). Originalità e capacità visiva comunque non mancano e permettono al regista di dare ottimo risalto a grazie e disgrazie delle protagoniste.

Suay Laak Sai passerà alla storia per avere realizzato il più ridicolo horror thailandese che la storia del cinema possa ricordare. In un ospedale un dottore se la spassa con le varie infermiere sino a causare la morte della futura moglie, uccisa dalle colleghe per gelosia. Lo spettro (con lunghi capelli corvini, occhi sbarrati e, stavolta, carnagione nera) reclama vendetta. Al regista interessa puntare la M.d.P. sulle natiche e sugli scarsi seni delle attrici e realizza un film delirante e ad effetto contrario: le scene splatter fan ridere per quanto irreali e illogiche. Scapigliato.

Partendo da spunti cari agli horror asiatici, ecco un labirintico e claustrofobico mix di nonsense, horror e comicità condito con fumettistici toni di luci e colori. I due registi giocano col genere stesso (horror), riducendolo a pezzi, smontandolo e mischiando fabula ed intreccio che generano analessi e prolessi alternando impennate splatter e sequenze oniriche che solo alla fine si ricongiungono per il doveroso finale (per niente scontato). I semi deposti da Hausu, 30 anni fa, stanno lentamente fruttando, seppure qualcosa sia ancora acerbo.

Ennesimo esacerbante horror asiatico, nel quale assistiamo alla vendetta grottesca di uno spettro dai lunghi capelli (ma guarda un po'...) vendicativo e innamorato. La singolare vena umoristica conferisce almeno un briciolo di novità (peccato non sia accompagnata da una sceneggiatura degna). Momenti di tensioni praticamente nulla, vanificati da un'impostazione ridicola. I due registi pongono molto l'attenzione sui corpi delle loro attrici e su di un colpo di scena finale che tutto sommato non dispiace. Titoli di coda improponibili.

Ed è così che lo scalmanato soqquadro di tutto quanto fa catena dell’amore da Ringu a Shutter si rivela più feroce e fantasioso dei bersagliati modelli che si ritrovano sovvertito il codex da un’infiammabile contrattacco di inverosimiglianza che attenta all’ortodossia modale e figurativa di tutto un filone. Il cambio della guardia tra riso e gelo è incessante, con la stupefazione ad arbitrare ogni minuto dell’incontro. Recinta di caramello una fotografia opalescente over the pop. Esordiente, lo scaltro duo registico dimostra già la consumata bravura di chi nasconde il trucco dietro la maschera.