Sciacalli nell'ombra - Film (1951)

Grande film questo primo noir di Losey in cui il regista dispensa tutte le sue ottime doti costruendo una storia interessante nello svolgimento, originale e coraggiosa (siamo nel 1951) nei temi, di cui è protagonista assoluto il ritratto di un poliziotto (che piacerà tantissimo a James Ellroy) schiacciato da un lavoro per lui mortificante e da un amore "troppo" grande. La sua evoluzione psicologica è magistrale e, a tratti, mette i brividi. Gran finale nel deserto. Notevoli le prestazioni attoriali di Heflin e della Keyes.

La peculiarità di questo noir, dove ad un amore vero e piuttosto passionale (ma ciò è caratteristico del genere noir) si affiancano azioni impulsive e gravi che vengono però "digerite" con leggerezza e che sono vicine anche a riuscire nell'intento voluto dai protagonisti, è che si è sempre messi di fronte al fatto compiuto, senza passagi intermedi, il che dà un senso di crudezza; ma ciò contribuisce anche all'essenza di una storia all'inizio non originale ma unica ed emozionante, specie in un finale che ne è una sintesi perfetta. Da vedere.

Interessante film di Losey con un terzetto di personaggi classici (lui, lei, l'altro). La storia è risaputa e abusata nel cinema internzionale ma, a differenza di altre pellicole tipo Ritratto in nero, qui l'aspetto della suspence è ridotto ai minimi termini. Ben recitato, parte come un poliziesco per poi virare nel drammatico sentimentale. Troppi interni e un'amore assai difficile da gestire, con le conseguenze del caso. Emozionante.

Primo film pienamente personale di Losey che, con l'aiuto del non accreditato Trumbo in sede di script, inserisce all'interno del territorio di genere (il noir) quelle che diventeranno costanti tematiche del suo cinema: una patologica corruzione morale e taluni eccessi melodrammatici (qui però ancor lungi dal magistrale raffreddamento dei capolavori inglesi). La "maschera" da cop di Van Heflin, nel suo tentativo di offrire una facciata rispettabile alle proprie inquiete tare, è antologica. Disorientante pur se non pienamente a fuoco il finale nel deserto.

Davvero interessante è la figura di Heflin, potente ritratto di un fallito in cerca di rivalsa sociale - una vendetta ch'egli persegue a ogni costo recando la rovina che già alberga in lui (il finale nel deserto è altamente simbolico). L'amore, di cui è incapace, rimane un pretesto; il vero fine del protagonista è solo la morte del marito della donna che seduce: un uomo di successo e, perciò, da annientare e da derubare per rifarsi delle proprie sconfitte. Angusto nelle ambientazioni, cerebrale, a qualche passo dal capolavoro.

Poliziotto insoddisfatto del proprio lavoro intreccia una relazione segreta con la moglie di un conduttore radiofonico... Bel thriller che riserva qualche risvolto inaspettato soprattutto nella seconda parte ambientata nel deserto. A renderlo pregevole sono tuttavia, più che la trama, i due protagonisti, affidati ad attori di valore: Keyes non è la solita dark lady che induce gli uomini alla rovina mentre Van Heflin dona a Webb un carattere complesso in cui coesistono pulsioni contraddittorie: è interessato ai soldi di Susan ma nello stesso tempo la ama veramente. Poco noto, da riscoprire.

Noir che ha come modello La fiamma del peccato e Il postino suona sempre due volte, meno ingegnoso nella sceneggiatura e meno calibrato nella suspense, ma senz'altro più complesso nel tratteggio psicologico della coppia protagonista: Evelyn Keyes non è la solita dark lady ma una donna che cerca il rifugio da un matrimonio infelice nell'amore di un poliziotto (un ottimo Van Heflin) che effettivamente è innamorato di lei, ma è indotto a eliminare il terzo incomodo soprattutto dalla sete di ricchezza e dalla frustrazione. Il tragico epilogo nel deserto poteva anche essere meno conciso.