Nella Amburgo di metà Settanta le disavventure di Willi (Wierczejewski), giovane sbandato che si trascina per le strade senza una meta né la voglia di combinare alcunché di buono. Notato mentre ruba pochi spiccioli da un piattino nei bagni pubblici, viene avvicinato da tale Teo (Kohut), altro individuo non molto migliore di lui, che lo avvia al furto organizzato e alla prostituzione. Ci sarebbe un giornalista interessato alla sua storia, Frank (Degen), che alla ricerca di qualcosa di diverso da raccontare si rende disponibile per dargli una mano in cambio di qualche testimonianza vera sulla vita che conduce, ma Willi non sembra in grado di affrancarsi in alcun modo dalla sua condizione...Leggi tutto di vagabondo privo di spina dorsale. Non sembrerebbe nemmeno un cattivo ragazzo, ma la situazione lo spinge a vivere l'attimo senza dover pensare a nulla se non all'immediato. Il regista Roland Klick (anche cosceneggiatore con Georg Althammer e Jane Sperr, mentre l'adattamento italiano è curato da Dacia Maraini) riprende bene la città aiutato da una fotografia notevole dai colori vivaci e molto contrastata, riesce a rendere discretamente l'atmosfera di sobborghi poveri che tuttavia nulla hanno a che vedere con quelli popolati da tossici senza speranza che osserveremo nella Berlino di CRISTIANA F. L'argomento droga non viene qui affrontato: il film fa luce su una disperazione diversa, legata a drammi più "tradizionali". Non sono molti i personaggi che ruotano incontro a Willi (tra questi si segnala anche una prostituta con cui stringe una sorta di relazione), il quale minuto dopo minuto vede allungarsi la fedina penale rendendosi responsabile di atti e comportamenti sempre più disdicevoli. E infatti SUPERMARKT (il titolo originale fa riferimento al finale mentre quello italiano focalizza l'attenzione sulle nette distinzioni di classe suggerendo più di quanto il film sembri voglia far intendere) migliora nettamente nella seconda metà, quando entra in campo un minimo d'azione e i drammi in gran parte latenti prendono forma decisa affondando il coltello nella piaga (sociale), e non solo figurativamente. I personaggi acquisiscono una dimensione più tangibile e si accantonano parzialmente le velleità autoriali che appesantivano la prima fase tra ellissi, spunti abbandonati troppo presto e nel complesso una lentezza narrativa che la splendida "Celebration" di Marius West (un rock dal refrain azzeccatissimo che più volte si ascolta durante il film, oltre ad aprirlo e chiuderlo) provvede a ravvivare troppo di rado. Il cast è indovinato, le scenografie urbane d'effetto, i sentimenti di disperazione e tragica solitudine che l'opera trasmette hanno una loro efficacia, tuttavia è difficile fugare l'impressione di un'inconsistenza di fondo che presto si trasforma in ripetitività sfibrante.
La trama prometteva bene e la sorpresa c'è stata, ma... negativa. Un microbo di film, fra l'altro pure premiato a Locarno. Intanto il titolo italiano è una clamorosa cilecca, peggio che coltivar meloni al Polo Nord; a seguire sceneggiatura, recitazione, svolgimento ed epilogo sono goffi e strampalati per non dire scellerati. Nessuna emozione. Giusto il brano conduttore, che come entrata somiglia vagamente a "Wild Horses" dei Rolling Stones.
Klick coniuga il genere poliziesco/gangster con uno stile da cinema diretto. Una fotografia incredibilmente vivace ma puntuale nel disegnare i tuttavia semplici movimenti criminali del diciottenne Willi, alle prese con una povertà che è principalmente interiore. Una cronaca asciutta sul disagio giovanile ma non sulla mancanza di scelte, quest'ultime rifiutate in toto da chi preferisce una via più semplice allo status sociale; il crimine espresso in forma dell'ossimoro distanziamento/avvicinamento, verso i "porci" della razza padrona.
Cinema tedesco di puro realismo, è una vera sorpresa per la crudezza e nello stesso tempo la bellezza delle scene che passano sullo schermo. Il protagonista è eccezionale nel ruolo di un ragazzo sbandato, perso, che sa trovare un po' di umanità solo nei gesti intimi di tenerezza. La regia è ottima, così come la fotografia cruda, che ben coglie l'essenza dei bassifondi tedeschi. L'azione si mescola al dramma in un film che è da vedere a tutti i costi, per chi ama un certo cinema indipendente.
Discreto: sa descrivere bene ambienti e personaggi, anche quelli minori, con poche pennellate. Gli ambienti grigi e squallidi sono perfettamente sottolineati dalla fotografia, così come è ben espresso il "disagio" del protagonista che non riesce proprio ad adattarsi ad una vita normale. Molto bello il tema principale della colonna sonora. Qualcosa però manca: forse un guizzo che lo renda memorabile e lo elevi rispetto alla media entro cui ricade. Non male, magari anche buono (è il classico caso in cui il quarto di pallino potrebbe essere utile) ma non di più.
Pur nei limiti di un film di genere a budget ridotto, rimane difficile non riconoscerne la disomogeneità. Punteggiato da alcune buone intuizioni (il giro della prostituzione maschile, fra spleen e dipendenze; il finale febbrile, in crescendo), ma non privo di tediose lungaggini (gli appostamenti in stazione), vive più di plumbei scorci ambientali e di atmosfere sulfuree che di reale consistenza narrativa, in questo non aiutato da un cast "parlante" ma tecnicamente poco dotato. Percola tra le maglie il malessere, quello sì sudicio, autentico, irrimediabilmente circolare.
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Se Cotola consigliò La polizia brancola nel buio per la rassegna di Markus e Didda 23, io consiglio questo, che vi dico che a paragone è come una pulce con un elefante, attendendo pazientemente la visione di Hanna D. con tutta la serenità di questo mondo. Ciao. FAUNO.
Grazie Fauno, gentilissimo. Visto le innumerevoli rarità che inserisci, spero vivamente che quest'opera sia facilmente reperibile.
Attendo la tua visione di Hanna D., sarà un piacere confrontarmi con te che sei un massimo cultore della cinematografia italiana.
A presto e grazie
No no o almeno non fosti il solo, anche perchè era una chicca negativa, e se leggerai il commento mio su questo film scoprirai che per me La polizia brancola nel buio come bruttezza è davvero una briciola rispetto a questo raro capolavoro di negatività dalla A alla Z. Per lo meno così mi parve di leggere in comunicazioni di servizio o in Incontri. Vero che io sono sempre di fretta e che quello era un periodo un po' teso come scambi di idee, ma la memoria è buona. Ci riguarderò...ma il giorno che vedrai questo film capirai che cosa per me è davvero di serie Z. La cilecca del titolo è formidabile...à bientot. FAUNO.
Devo assolutamente rivederlo e ricommentarlo questo film, perché:
1) Il mio commento è pietoso, chissà cosa avevo quel giorno, ma non andavo!
2) Dopo un 5 palle convintissimo(stile James Caan quando in Rollerball segna il punto decisivo contro NY) su Duello a tre,devo per forza almeno mettermi in dubbio. Penso sia il prossimo...
Alla fine non ho mai trovato il tempo di rivederlo, ma visto che anche il secondo utente ne ha tracciato un quadro abbastanza scarno e succinto, deve essere stata davvero una delle visioni più insulse in assoluto del mio excursus di cinefilo.