Prozac nation - Film (2001)

Prozac nation

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 18/11/10 DAL BENEMERITO BRAINIAC
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Brainiac 18/11/10 23:53 - 1083 commenti

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Dicesi film che attacca con l'arpeggetto post-rock, che pare la versione (più)irritante d'American pie. Christina in the skyes with diamonds, conflitto-familiare peggio della segretaria, elettra-complessata tipo Marina, abbacchiata più di May: she hates herself and she wants to die, ad occhio e croce. Al minuto venti questo film lo detesti, al minuto trenta -moderatamente- lo apprezzi, passata l'ora sei sul divano annientato, a rivangare di traumi pre-puberali e gioventù-stonate. La Ricci è un magnete di porcellana: gli occhi si piantano su di lei e non la mollano più.

Saintgifts 27/01/11 21:35 - 4098 commenti

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Prozac Nation nasce dall'omonima biografia di Elizabeth Wurtzel pubblicata nel 1994, dove la scrittrice racconta la sua esperienza con la depressione. Il film è fatto molto bene: interpretazioni di alto livello sia della Ricci (la Wurtzel) che della Lange (la madre). Una sceneggiatura perfetta, assieme alla regia e agli interpreti, riesce a far capire l'inferno della malattia e la grande difficoltà di aiutare chi ne è colpito. Una visione che fa anche soffrire, tanto le situazioni e i comportamenti sfiorano un assurdo che è realtà.

Corinne 8/03/13 22:33 - 420 commenti

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Tratto dalla biografia di Elizabeth Wurtzel, descrive in maniera efficace la sua discesa nella depressione e la "graduale e poi (non tanto) improvvisa" risalita affidandosi all'ottima interpretazione della Ricci. Abuso di sostanze, fasi maniacali, paura dell'abbandono, scatti d'ira e propositi suicidi... Molta carne al fuoco, ma il risultato non è né esagerato né didascalico. Da vedere.

Capannelle 27/11/17 23:29 - 4399 commenti

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Come la protagonista nella vita reale si lasciò andare all'abuso di antidepressivi, così la Ricci nel film si lascia catturare da una regia passiva che non riesce a valorizzare la sua prova come dovrebbe. Tra sguardi allucinati e paranoie irrisolvibili ci si trascina lentamente in un vortice più apatico che drammatico che coinvolge pure le figure di contorno. Peccato perché i dialoghi non sarebbero nemmeno male.

Paulaster 27/03/19 10:03 - 4391 commenti

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Giovane scrittrice finirà in depressione. Attenzione data all’uso di pillole per sconfiggere la malattia ipotizzando, come causa, le influenze genitoriali. Inizio brillante all’università (con cameo musicale di Lou Reed) con discreti commenti musicali. Quando la patologia interviene il quadro è sbilanciato tra gli scompensi caratteriali della Ricci e la terapia: la prima rende l’idea di cosa possa capitare, la seconda appesantisce la visione senza dare spiegazioni. Morale con critica all’abuso di medicinali ma non nominando alcuna lobby.
MEMORABILE: La Ricci che prende l’exctasy; La rapina alla Lange.

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  • Curiosità Brainiac • 17/12/10 18:54
    Call center Davinotti - 1465 interventi
    * Basato sull'autobiografia di Elizabeth Wurtzel, che narrò della sua depressione e del conseguente abuso di medicinali che le vennero prescritti durante l'università.

    ** Vinse il Toronto International Film Festival nell'edizione del 2001, ma la Miramax film, pur avendone acquistato i diritti (forse a causa della tematica "poco commerciale") non lo distribuì mai in America, bensì in Norvegia, paese-natale del regista Skjoldbjærg.

    fonte: wikipedia
  • Discussione Raremirko • 3/02/15 13:57
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Un buon film che, prima di diventare un pò dimostrativo verso la fine perdendo di efficacia, descrive con una precisiione millimetrica gli stati d'animo e certi pensieri tipici che una persona giovane potrebbe avere in certe situazioni.

    Bravissimi tutti gli attori; almeno nella prima parte, il film ha anche un pò dello stile di Araki e quindi potrebbe piacere anche ai suoi fan.