Pixote, la legge del più debole - Film (1980)

Bambino di strada nella metropoli brasiliana finisce in un lurido riformatorio e poi di nuovo per strada. Non è un film, ma un pugno nello stomaco che ci svela con crudo realismo il girone infernale dei ragazzini che vivono di espedienti, furti, prostituzione e violenza. Non ci sono forzature: la cosa davvero allucinante è che queste siano storie vere. Il racconto del piccolo Pixote in mezzo a ragazzi che lo trascinano nel crimine è raccontato con una “oggettività” sconvolgente, che culmina in un finale simbolico da brividi.

La storia di strada di un ragazzino come modello di milioni di coetanei brasiliani. L'assenza di famiglia, la povertà e l'impunità come viatico per la carriera criminosa. Babenco addossa colpe anche a chi gestisce i riformatori e alla polizia. Trama con qualche rallentamento ma con alcune scene che lasciano il segno. Il protagonista, che sembra il cucciolo della nidiata, è una giusta scelta, anche per la conclusione (azzardata e che non lascia indifferenti).

Il piccolo Pixote ha il torto di essere nato in un quartiere povero di una grande città brasiliana. Arrestato insieme ad altri compagni, finisce in un lurido riformatorio dove i ragazzi sono sottoposti ad abusi di ogni tipo. Anche dopo essere fuggito, la sua sorte sembra segnata... Per questa agghiacciante discesa agli inferi, Babenco adotta uno stile che ricorda quello del neorealismo italiano, ricorrendo ad attori presi dalla strada. E' il caso del piccolo protagonista che, alla fine delle riprese, tornerà alla vita di prima per poi essere ucciso dalla polizia a soli 19 anni.