Il titolo deriva dal giubbotto indossato da Brando, poi riproposto da Lynch in Cuore selvaggio. Storia risaputa (una donna matura, sposata con un odioso vecchio infermo, si innamora di un affascinante ragazzo a sua volta desiderato da una giovane), ma resa coinvolgente da dialoghi robusti e intensi e da un notevole cast alle prese con personaggi inappagati e tragici: l’irrequieto Brando, la triste Magnani, la ribelle e maliarda Woodward; in Jory, macilento e razzista, si legge il carattere della cittadina in cui ha luogo la vicenda.
Un film costruito principalmente sulla Magnani, che ruba quasi la scena ad una leggenda come Marlon Brando. Dramma sentimentale, forse un po' spuntato, ma comunque coinvolgente grazie all'ottima prova dei protagonisti. Imperdibile per i fan tanto di Brando quanto di "Nannarella".
Bellissimo! Incontro-scontro al calor bianco tra la devastata giovinezza di Brando, serpente che non riesce a cambiare pelle, Orfeo che non risalirà dagli inferi, e la tenacemente speranzosa maturità della Magnani, in mezzo una Woodward pecora nera bandita dal recinto familiare dal padre cattivo pastore. Incendi dolosi di desiderio e di odio, combustione spontanea di vite allo sbando, ma qualcosa risorge dalle loro ceneri... ribadisco: bellissimo!
Intenso e solido melodramma statunitense in cui emergono il maschilismo e il razzismo che prevalgono sulla vita di una cittadina. Cast stellare in grande forma; un avventuroso e tenebroso Brando; un'insoddisfatta ma sempre ammaliante Magnani e la ribelle Woodward. Cinema di alto livello, con sviluppo narrativo di egual fattura.
In un’ambientazione povera di location l’attenzione si concentra sui dialoghi sofferti in una dolorosa introspezione. A galla emergono segreti trascinati da un’umanità piena d’odio anche razziale. Lumet dà spazio al fascino dei protagonisti soffermandosi sul mezzobusto, la Magnani risulta più espressiva di un Brando pruriginoso. Nota di merito per il ruolo dannato della Woodward.
Una ricostruzione scenica perfetta - seppur per lo più in interni - e un emozionante face a face tra due mostri sacri (Magnani vs Brando) che lascia senza parole soprattutto nelle scene vis-à-vis. Lo zampino di Tennesse Williams è il valore aggiunto a una pellicola che risulta accattivante e devastante. Profondo sud degli Stati Uniti; un inferno interiore si trasformerà in un inferno effettivo: a bruciare infatti non sarà solo il fuoco dell'amore. Un dramma nel dramma, con due interpreti pazzeschi. Mitico.
Melodramma febbrile "alla Tennese Williams", macera in atmosfere sudiste e seppellisce i personaggi sotto palate di psicologia: inturgidito di pulsioni libidiche, si inerpica in rigoglii simbolici e isterie horror. Nell'aspro, contrastato bianco e nero di Kaufman, Lumet doma con solida professionalità un cast invasato: strepitosi tutti, ma per quanto il carisma sprigionato dalla coppia Magnani-Brando sia irriducibile – lui totem fallico destabilizzante, lei infestata dalla mediocrità e in cerca di riscatto – è Joan Woodward il termometro delle tensioni sociali, destinate al disfacimento.
Giunto in una cittadina del profondo Sud, un vagabondo suscita l'ammirazione delle donne e l'invidia meschina degli uomini. Una donna infelicemente sposata ad un ricco infermo rancoroso gli offre un lavoro e ne diventa l'amante e questo accresce il livore nei suoi confronti... Soggetto di derivazione teatrale e williamsiano al 100%: un binomio che si annuncia pesante ma Lumet riesce a sublimare questa rielaborazione del mito di Orfeo e Eurinice in un melodramma appassionante sull'intolleranza. Coppia malassortita sulla carta, Magnani e Brando funzionano e commuovono sullo schermo.
Melodramma, in pieno stile Tennesee Williams, fatto di rapporti umani forti e palpitanti che si fanno sempre più tesi fino a esplodere del tutto nel fiammeggiante - letteralmente - finale. La tensione narrativa ed emotiva è sempre alta: merito di una bella sceneggiatura che sa dipanare i rapporti tra i personaggi e le loro evoluzioni, tenendo in pugno lo spettatore. Sapiente ed effiace la regia di Lumet. Brando illumina lo schermo e la sua mise di serpente resta nella memoria; la Magnani è pienamente in parte ma la Woodward le ruba la scena. Poco conosciuto: merita il recupero.
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I rapporti tra la Magnani e Brando furono molto tesi sul film: lei infatti non lo trovava seducente non riuscendo a creare il giusto clima erotico. Tennesse Williams, lo sceneggiatore, si infuriò con Brando sicuro del fatto che stesse recitando non al meglio delle sue possibilità per punire la Magnani.