Note: I racconti di Alberto Moravia a cui si ispira il soggetto del film sono "Le risate di gioia" e "Ladri in chiesa", entrambi compresi nella raccolta "Racconti romani".
Tutto in una notte, quella di Capodanno. Disavventure di due comparse di Cinecittà (Totò e Anna Magnani) e di un ladro (Ben Gazzara): Tortorella (Magnani) incontra gli altri due a una festa dove il collega si è prestato a fare da spalla alle ruberie del terzo, e si troverà ad accompagnarli un po' perché non ha nulla di meglio da fare, un po' perché s'è innamorata del ladro (non conosce ancora la sua vera professione). Monicelli dirige questa commedia triste con poca verve, segue le peregrinazioni di questi tre strani compagni d'avventura attraverso le strade e le piazze d'una splendida Roma notturna; mostra le esplosioni d'ira...Leggi tutto della Magnani che si alternano ai momenti di rassegnazione, mentre Totò appare depresso e disilluso fin dall'inizio. L'unico che sembra voler portare seriamente a compimento i propri progetti è Gazzara, ma l'inettitudine della sua "spalla" (Totò) e le indesiderate intrusioni nel "lavoro" di Tortorella gli complicano terribilmente il lavoro. Così si prosegue, tra un viaggio in metropolitana e una sosta alla fontana di Trevi, tra una festa al "Milleluci" e un ricevimento nella casa di ricchi tedeschi, seguendo una strada malinconica poco adatta alle corde di Totò. Sempre bravissimo, non si discute, ma per forza di cose mai divertente e soprattutto messo in ombra dall'esuberanza della Magnani (sua compagna ai tempi dell'avanspettacolo ma all’epoca timorosa di affrontare un film con un attore divenuto ormai simbolo del cinema popolare). Lo scarso successo di RISATE DI GIOIA (e una accoglienza critica piuttosto "fredda") è giustificato: Monicelli è meglio apprezzarlo altrove.
Tratta da due racconti di Alberto Moravia, è una commedia dolceamara imperniata sui due protagonisti principali, Totò e la Magnani, entrambi perdenti ma ancora vitali tra i quali si inserisce il personaggio interpretato da Ben Gazzarra americano di origine italiana. In un contesto di suggestive atmosfere notturne, il film è impregnato di struggente malinconia per un passato destinato a non tornare.
Monicelli gira una commedia malinconica e poco divertente, sorretta dall'interpretazione sopra le righe ed esuberante della Magnani, brava come sempre. Totò risulta pure lui molto bravo, anche se resta in disparte e recita (contrariamente al solito), in modo pacato e sommesso, il personaggio di un ingenuo destinato a essere perdente per sempre. Fra loro due c'è poi Ben Gazzara, bravino anche lui ma ancora lontano secondo me dal suo apice. Poche le scene divertenti, molta la tristezza di fondo. Simpatica la parte di Fred Clark. Buono.
Due comparse e un ladro nella notte di San Silvestro: il titolo ironico alza il velo su vite marginali segnate dalla sconfitta, nel loro vagabondare tra feste e divertimenti, alla ricerca chi di una rivalsa, chi di un'occasione, chi di un buon bottino. Film malinconico che rimette insieme l'antica coppia del varietà Totò-Magnani per rappresentare due bei personaggi in tragicomico bilico sull'abisso dell'esistenza. Gli schemi della commedia italiana zavorrano le potenzialità del soggetto, ma perlomeno il film è godibile e sincero.
Titolo chiave nella filmografia di Monicelli, regista che ha dato sempre il meglio di sè nell'agro, sensibile nel mostrar la tristezza che la risata comunque maschera. Eccolo qui, grazie all'aiuto in sceneggiatura della Signora Suso e dei grandi Age/Scarpelli, ricostituire la coppia Totò-Magnani per ridarceli non più come icone impresse nella pellicola ma come comparse della vita: soli, inadeguati, costretti a difendere la lorò dignità con unghie laccate e pochi denti. Un film in cui tutti "recitano" una parte dall'inizio alla fine. Crepuscolare e finale.
MEMORABILE: La parte iniziale quando si gira la scena "di massa"; il tormentone dei 13 a tavola; la canzone Geppina Gepi; il finale.
Catalogato come commedia, in realtà ha forti tinte amare con Totò che, come accadrà in misura maggiore ne Il comandante, col suo personaggio, qui attore in disarmo costretto a rubacchiare e strapazzato dal giovane delinquente interpretato da un ottimo Ben Gazzara, aggiunge tristezza alla trama, dominata quasi interamente dalla grande Anna Magnani. Anche Tortorella, come Umberto, è delusa dalla vita ma, più del suo ormai maturo compagno di sventure, indomita e, tutto sommato, ingenua. Da rivalutare.
MEMORABILE: Lo schetch di Geppina, omaggio alla carriera teatrale dei due protagonisti.
Sullo sfondo dei festeggiamenti e dell'allegria (un po' forzata) di un capodanno, le felici interpretazioni di Totò e della Magnani, due personaggi che pateticamente cercano di dissimulare la loro solitudine e la provvisorietà della loro vita. La loro recitazione risulta complementare: tanto esuberante quella della Magnani, quanto insolitamente sottotono e malinconica è quella di Totò. Accanto a loro c'è un adeguato Gazzara.
La scena iniziale del film - una Roma sfavillante e opulenta che si prepara ai bagordi di San Silvestro - è la chiave di lettura dell'intera storia. I tre protagonisti sono due attori in declino e un ladruncolo da strapazzo che non hanno fruito del benessere italiano (oggi li si chiamerebbe sfigati); eppure Totò e la Magnani mantengono intatta la loro ironia, allegria, ottimismo e speranza per il futuro, mentre Ben Gazzara è il tipico emarginato infuriato col mondo intero. Peccato sia l'unico film con Totò e la Magnani insieme.
MEMORABILE: Il duetto di Totò e la Magnani "Geppina ragazza di fumo"; Roma con le strade brulicanti e le vetrine sfavillanti: era il tempo de La dolce vita.
Un film di Monicelli da rivalutare; all'epoca della sua uscita fu biasimato dalla critica e praticamente ignorato dal grande pubblico. Non che sia un capolavoro ma il passare del tempo gli ha giovato; infatti è fresco e piacevole, ricco di rimandi e citazioni a film precedenti da Yvonne la nuit al Bidone, dai Soliti ignoti fino al coevo La dolce vita. Una bella commedia di costume che esplora, tra il realismo e lo scherzoso, l’ambiente sociale e psicologico di una certa Roma nel pieno del boom economico. Una ridondante Anna Magnani domina la scena, Totò opaco, spento e quasi inespressivo.
Il talento di due mostri sacri e la complicità della Magnani con Totò, frutto di anni di lavoro insieme a teatro, genera una commedia brillante dal sapore agrodolce, imperdibile per gli amanti del cinema puro. La cornice romana e una fotografia dai chiaroscuri di rara intensità, che ricorda un certo cinema antonionano, riflette ed evidenzia l'amaro di una vita dura ma che si ama comunque. Inutile tessere le doti della Magnani, un mito in grado di impressionare quanto a realismo delle sue interpretazioni, mentre Totò è magia pura. Grande cinema.
Commedia malinconica e triste dove due poveri disgraziati mentono agli altri e a se stessi pur di abbandonare la situazione modesta a cui appartengono. L’amarezza di fondo è bilanciata dalla comicità di Totò e dallo strabordante carisma di Anna Magnani, i quali ben si calano nei panni dei poveri in cerca di rivalsa, ma con una dignità di fondo che alla fine emerge sempre. I lavori di Monicelli ci lasciano sempre qualche spunto di riflessione e meritano di essere visti anche solo per questo.
Al cinema non fu un successo, ma questo film di Mario Monicelli mette in mostra la bravura di due mostri sacri come Anna Magnani (straripante e sanguigna) e Totò (perfetto e misurato) in una commedia decisamente coinvolgente, venata di una certa malinconia di sottofondo ma ricca anche di momenti più che piacevoli. Con loro c'è un giovane Ben Gazzara che pare trovarsi a proprio agio. Da vedere sicuramente.
L'inizio è notevolissimo, con quell'aria di smobilitazione che precede la festa, la concitazione, le luci della Roma notturna, l'andamento erratico: si presagisce una sorta di incrocio fra la commedia italiana e i nascenti umori del nuovo cinema europeo. Il prosieguo, però, si normalizza, appesantito da intoppi e contrattempi banali: un'occasione perduta. Totò giostra sotto giri, la Magnani, invece, ha punte eccezionali anche se alla lunga è risucchiata dal tono ordinario del film.
Monicelli con grande senso della regia gira una delle sue commedie più amare riunendo per l'unica volta sul set il Principe e Nannarella, che divisero per anni lo stesso palcoscenico. La storia con piglio neorelista disvela l'ennesima Italia dimenticata dal boom e premia la Magnani, che domina la scena con un personaggio che ne esalta le corde migliori mentre Totò, non al massimo della forma, spesso scivola nella macchietta. Anche Gazzara appare troppo impostato, forse a causa di una sceneggiatura che nel finale tende ad accartocciarsi su se stessa. Molto bello, ma non un capolavoro.
MEMORABILE: I cambi d'umore improvvisi della Magnani, una sua caratteristica anche nella vita.
Avrebbe meritato maggior impegno di scrittura, l'unico set di Totò con la Magnani. Seguire due guitti e un mariuolo durante il Capodanno romano è idea sagace ma gli autori si limitano a cucire gli spunti di novelle moraviane indebolendo i dialoghi e formattando in sketch le diverse fasi della notte di festa. I mattatori restano tali però si vede che gli manca un copione. Discreto il Ben Gazzara giovanissimo, voluto dalla stessa Nannarella. Fuochi d'artificio tenui e pochi botti, a parte il genuino siparietto da rivista Geppina Gè.
MEMORABILE: Totò a Lello: "Come non conosci il detto? San Silvestro roba vecchia ti defenestro!"
Gran film di Monicelli che prende spunto da due racconti di Moravia, riunisce (nonostante le resistenze di lei) la coppia Totò-Magnani e fa loro eseguire un numero classico da avanspettacolo, volgarmente fischiato dal pubblico già consumista di inizio anni Sessanta. Un film perfetto, sapiente coacervo di commedia e di malinconia. C'è anche qualche alluisione neorealista nell'incontro con i tedeschi...
Un'attrice di modesta levatura, maltrattata dalla vita ma inguaribilmente ottimista, passa l'ultimo dell'anno per le strade ed i locali di Roma in compagnia di un altro attore, truffatore di mezza tacca, e del compare con cui questi vuol mettere a segno qualche colpo... Magnani e Totò per l'unica volta insieme sugli schermi in una commedia malinconica in cui la prima ha occasione di brillare più del secondo, imbrigliato da una sceneggiatura troppo rigida, mentre Gazzara ben figura al suo esordio italiano. Opera minore nella filmografia del regista ma meritevole di visione.
Luci ed ombre. Fantastica la Magnani (bellissima l'idea di farle fare il ruolo della comparsa di Cinecittà, per di più lodata dai cineasti per la sua voglia di fare bella figura...) in tutti i registri che deve toccare, in particolar modo quando imposta il sussiego dell'attrice arrivata. Totò è gradevole in un ruolo forse non perfettamente adatto a lui. Gazzara tutto sommato se la cava, terzo fra cotanto senno. Il film purtroppo va a strappi, con episodi felici e altri meno felici, accumulando troppe coincidenze, nonché con una parte finale (dai Tedeschi in poi) un po' tirata via.
MEMORABILE: Totò e la Magnani che cantano in duetto.
Disavventure di due comparse di Cinecittà che stentano a sbarcare il lunario e di un ladruncolo nella notte di San Silvestro. Costruito nell’unità di tempo (tranne il finale) della notte romana, con la città abilmente sfruttata come sfondo, è commedia amarissima cui fa da contraltare il titolo (Gioia è il nome della protagonista). La Magnani e Totò che duettano meriterebbero da soli la visione, affiancati da un solido Gazzara, ma è tutto il film a eccellere sotto la guida di un Monicelli ispirato, che snoda gli accadimenti con lucida coerenza come una collana. Un gioiello, appunto.
MEMORABILE: La serata in casa dei tedeschi; La scena in chiesa; La carrellata in piano sequenza all’alba.
In una Roma agli esordi del boom economico (1960) un'attrice di buon cuore che interpreta comparse e piccoli ruoli e un ex comico che vive di espedienti trascorrono un singolare Capodanno, tampinati da un gangster. Anna Magnani (bionda) eccezionale e altrettanto Totò in un duetto irresistibile. Adatto al ruolo Ben Gazzara. Si riconosce lo stile graffiante di Monicelli.
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DiscussioneZender • 20/03/11 09:15 Capo scrivano - 48271 interventi
Pigro ebbe a dire: Il film è ambientato fra il 31 dicembre e il 1 gennaio, ma fu girato tra maggio e giugno. E così ecco un clamoroso errore: la mattina di Capodanno Totò e Anna Magnani entrano nella chiesa dove sarà rubata la collana della Madonna e passano davanti a un annuncio religioso che riguarda le funzioni del mese di... giugno!
Totò riceve la telefonata da Spizzico (Fanfulla) mentre si trova all'Hotel Siracusa che si trova all'ingresso della galleria della Stazione Termini lato via Marsala ci sono ancora i fregi delle ringhiere dell'epoca. da basso si vedono persone aprire l'ombrello ma sono delle comparse perchà in realta non piove e non fà freddo perché si vede una persona giovane camminare solo col pullover.
Su RaiPlay attualmente c'é la versione restaurata.
CuriositàDaniela • 21/07/20 09:06 Gran Burattinaio - 5936 interventi
I racconti di Alberto Moravia a cui è ispirato il soggetto del film sono Le risate di gioia e Ladri in chiesa, entrambi compresi nella raccolta Racconti romani.
Mauro, stavo guardando il film proprio adesso su Rai Movie. Non c'è più l'oggetto della tua segnalazione, ma su Wikipedia scrivono che gli interni furono girati presso gli stabilimenti Titanus. Oppure ti riferivi alla location scovata da Ellerre a Rieti? Se è così cancellero questo post.