Uno dei film che meglio illustra una possibile via alla Nouvelle Vague italiana, girato coinvolgendo gli artisti che si ritrovavano negli anni Sessanta a Roma in piazza del Popolo (uno di loro era Franco Angeli, qui protagonista): Tra Godard e Easy rider, un film tutto in movimento che racconta una fuga senza speranza e tratteggia tutta l'irrequietezza che circolava nella cultura dei nostri anni Sessanta. Veramente imperdibile, simbolo di un'epoca.
Road movie con forti pretese intellettuali, è stato riscoperto dopo molti anni di oblìo pressoché totale. Visto qualche tempo fa su "Fuori Orario", con il brivido di vedere un film quasi inedito fuori dalla cerchia degli addetti ai lavori, fu però una parziale delusione. Per quanto non sembrasse affatto un'opera prima, a prevalere fu una certa noia. Curioso, comunque.
Interpretato dal pittore Franco Angeli, e con un cameo di Mario Pisu (8½), è una rarità italiana in forma di road movie. Girato in economia e con rimandi Fino all'ultimo respiro di Godard, è l'unico lungometraggio del nipote di Gino Severini. Riscoperto negli Anni Novanta è una scorribanda tra Roma e Parigi dove esistenzialismo e nouvelle vague si fondono libere nei tempi morti della storia. Efficace piccolo film anomalo, anarchico, notturno e di genere allo stesso tempo. Da vedere.
MEMORABILE: La scultura della lupa con un registratore coi discorsi del Duce; La scena della barca e del ristorante con lo scambio di coppie.
Un vero peccato perché parte forte, ed è geniale la scultura della lupa capitolina con dentro il magnetofono e la voce di Mussolini che proclama la guerra in Etiopia, ma ben presto il road movie non tiene e cala vertiginosamente, con discorsi filosofici noiosi, l'alcolemia a farla da padrona, il penoso scambio di coppie... per non parlare del punto infimo, rappresentato dal vero contenuto della lupa e dalla conclusione scontata e demenziale più che mai.
Film sperimentale con vicenda automobilistica da Roma a Parigi (peraltro con problemi di continuità: prima si sorpassa Tombolo e poi si trova un'indicazione stradale verso Terni...), con momenti ripetitivi e noiosi: tratti di viaggio silenziosi, passeggiate che paiono messe lì per fare metraggio. La macchina da presa talora saltella qua e là. Prefinale banale e finale telefonatissimo. I discorsi mussoliniani sono inseriti in disordine cronologico: poi quello del 26 ottobre 1935 (inizio della guerra d'Etiopia) e prima quello del 5 maggio 1936 (fine del medesimo conflitto?). Motivo? Mistero!
Tentativo - riuscito solo in parte - di nouvelle vague all'italiana, lento e tecnicamente impreciso ma intrigante e stimolante, datato nell'accezione più godibile del termine. Narrativamente dalle parti di Fino all'ultimo respiro, con tanto di belloccia francese (personaggio curioso) a fianco del protagonista e Parigi come destinazione finale del viaggio. Così così Angeli, approssimativo il doppiaggio, ok la messa in scena (non male certe soluzioni), scadente il finale. Guardabile e meno insormontabile di quel che sembra. ** e 1/4.
Reperto dell'underground italiano di interesse anche extra-cinematografico per i suoi legami con l'avanguardia artistica nostrana, grazie alla presenza di Franco Angeli, stella - con Festa e Schifano - della pop-art e dell'arte moderna romana, in una parte quasi autobiografica di artista "maledetto" e tormentato. Però l'esistenzialismo è un po' d'accatto e la realizzazione approssimativa. Interesse storico.
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Sandro Franchina interpretava il bambino figlio di Ingrid Bergman che si suicida all'inizio di Europa '51. Suo figlio Daniel Franchina uno dei redattori di Fuori Orario e di Blob per Rai Tre