Non malaccio questa "gustosa" caccia alle streghe che mi ha ricordato il potere della menzogna, della perfidia, della calunnia e dell'infamia "costruita a tavolino" dello spietato trattato wyleriano di
Quelle due
Opera un pò accademica e ripulita (in realtà la Abigail della Ryder aveva 12 anni, e la produzione ha tolto ogni possibile riferimento pedofilo alla relazione con John Proctor), ma pervasa da una robusta narrazione che dona momenti di buon cinema.
Rigoroso quando tratta il processo alle streghe (grandissimo Paul Scofield nel ruolo del giudice/inquisitore), ottima ricostruzione storica di scenografie, costumi, atmosfere caliginose, location e un cast in palla (ficcante la Allen, ma è la Ryder che licenzia uno dei suoi personaggi migliori, un concentrato di meschinità, bastardaggine, malignità e bieca femminilità), nonchè la regia elegante, teatraleggiante e senza sbavature di Hytner.
Spizzichi di "infanzia dannata" (la combriccola delle ragazzine infami che diventa pure minacciosa), riverberi da "possession movie" (le crisi di isteria di massa delle fanciulle che sfiorano la follia pandemica, come nella setta di Charles Manson) le false accuse e le maldicenze che si spandono a macchia d'olio come un virus, facendo piombare Salem in un luogo di agghiacciante (e insensata) giustizia sommaria.
Non scevro da crudeltà (le impiccagioni), di una ricerca realistica sui volti scavati e imbruttiti dei personaggi (piaghe, ferite, denti gialli), di una cieca e assolutista "giustizia divina" che vede il male e il demonio ovunque, di confessioni estrapolate a frustate.
Verso il finale si tira un pò il tutto per le lunghe (il confronto di John Proctor e sua moglie sulla riva del mare, la falsa confessione di quest'ultimo firmata e poi ritratta) e il mordente va scemando.
Ma restano un incipit straordinario che si macchia di venature horror/fiabesche quasi neiljordaniane (uno dei sabba più suggestivi e febbrili mai girati, con il nugolo di ragazzine in preda alla lussuria della passione, tra galli uccisi, pentoloni ribollenti, danzando nude e la Ryder con la bocca sporca di sangue che invoca la morte della moglie del suo amante), le bambine che paiono condannate ad un sonno eterno frutto di un "incantesimo", le isteriche visioni infernali (date dalla suggestione di massa della cricca delle silfidi diaboliche) capeggiate da una Ryder immersa nella pazzia e nella scellerata perniciosità, tra svenimenti sincronizzati e isterie da immediato internamento in manicomio (con annessa, e bellissima, fuga forsennata allo stagno), la nera Tituba costretta a confessare a suon di frustate, le due vecchie (e puzzolenti) mendicanti tacciate come streghe e condannate, la Ryder che si getta appiccicosa e vogliosa addosso a Day Lewis, con quest'ultimo che la respinge fermamente, ottenendo così la furia vendicativa della ragazza, la bamboletta voodoo e i suoi presunti risultati stregoneschi (la Ryder ferita), il finale ben poco conciliatorio.
Ottima la OST del grande George Fenton e cosa non è la fotografia di Andrew Dunn
Non sarà
The Witch, ma tiene bene il coinvolgimento e l'interesse per quasi tutte le due ore di durata, e non è poco.
E la carognosità muliebre della Ryder (con quegli occhioni che nascondono il male) vale da sola la visione.