E Walz rincara la dose di grottesco e di delirio, dove riesce a mettere in piedi un teatrino grandguignolesco dell'assurdo e delle atrocità e della parodia del (de)genere, sconfinando in una specie di
The Rocky Horror Picture Show meets
Hostel, in un "circo" degli orrori e delle depravazioni che sposta l'asse della morbosità del primo capitolo (che si prendeva sul serio) a quella del bizzare di gusto circense, pantomima glamour totalmente surreale di macellazione e morte in diretta, di snuff pagati e visionati via internet, di siparietti "tragichorrorcomici" che vanno dalla blasfemia ai banchetti cannibalici, alla messa in scena di camere a gas naziste, a spellamenti barkeriani, a castrazioni e sedie elettriche a tempo di musica techno.
Walz riduce il tasso di gore e splatter, amplifica la fotografia cromatica, mette in scena supplizi dove la maggior parte delle vittime sono uomini e le assolute carnefici sono donne crudelissime e sadicissime (per cui la misoginia di questo tipo di pellicole viene drasticamente dimezzata) in tacconi e autoreggenti, in strettissimi corpetti BDSM, austere e libidinose di carne fresca e martoriata al tempo stesso.
E se la prima
Petite mort insisteva sul torture sulle sevizie più "estreme", la sua seconda parte lascia più spazio agli spettacolini della morte a mò di "mondo movie", dove la tabella (che apre gli show al sangue) indica pure il costo della pantomima della morte, che può variare a seconda del desiderio perverso espresso e dalle vittime coinvolte (sia dal vivo che virtualmente, tramite carte prepagate), un vero e proprio colpo di genio che alza l'asticella del sadico divertimento.
Suddiviso in dieci siparietti, con tanto di titolo dello show, sesso della vittima, cosa comprende il menù dei martiri e tariffario finale.
Una sadicona biondona milfona dell'alta borghesia si eccita suggerendo alla carnefice Dominique (Annika Strauss, unica reduce del primo capitolo) di tagliare naso, orecchie e bocca ad un povero disgraziato, cheppoi infilerà , quel che resta della faccia, i suoi spilli del dolore e del piacere. Costo dello show 28 mila euro.
Un omofobo represso canadese si diverte con il saldatore, poi cava gli occhi, ad un tipo legato, con il tacco 12 di una scarpa rossa da pornostar. Costo dello show 45 mila euro.
Due raffinate gemelline incestuose mangiano sushi di carne umana sul corpo sviscerato della loro vittima. Uno dei siparietti migliori in assoluto, al sapor orientaleggiante, tra il macabro e la delicatezza della follia femminea. Costo dello show 23 mila euro.
La stessa Dominique castra con un cavatappi (infilato nel prepuzio) un poveraccio, mentre all'altro strappa le unghie delle mani, poi le mozza la mano e la addenta stile
Giorno degli zombi. Costo dello show 61 mila euro.
A un tizio che deve recitare la parte di Gesù Cristo, le vengono cuciti gli occhi e la bocca in stile
La casa 4, mentre dall'altro capo del mondo Uwe Boll (sì, proprio lui) dà istruzione via web di come soffocarlo (facendole tappare il naso). Costo dello show in odor di blasfemia 18 mila euro.
Un riccone che ha provato tutto nella vita (pure gli sport più estremi) sventra una povera ragazza imprigionata in una fetida cella, facendole divorare i suoi stessi intestini alla
Antropophagus. Costo dello show 26 mila euro.
Due smandrappone vestite da infermierine incidono con il bisturi il corpo di una giovane ragazza semincosciente, fino a spellarla e scarnificarla nelle parti più "polpose", procurandosi così la "coperta di pelle umana" per l'inverno. Il più barkeriano degli show è decisamente il più riuscito insieme a quello delle gemelle perverse cannibali. Il costo è di 35 mila euro.
Esecuzione stile sedia elettrica di un povero cristo a ritmo di musica che manco la farloccata delle
Facce della morte. Lo show più stupido e inutile, che comunque costa sempre 15 mila euro.
Il gioco della roulette, dove Dominique punta sul colore e sul numero da giocare, che corrisponde alla seviza da infliggere ai malcapitati legati come salamelle: strappo del capezzolo e taglio della dita. Costo dello show 70 mila euro.
Ultimo show quello di Eva Braun, biondona statuaria nazistoide, costruito come una comica da film muto con tanto di didascalie e in bianco e nero. In una stanza ricostruita a camera a gas nazista, la valchiria (che si procura, con il sangue, un paio di baffetti hitleriani), gasa la sua giovane vittima. Walz copre i simboli delle SS e le svastiche delle divise con degli assurdi e ridicoli adesivi triangolari in sovraimpressione che raffigurano una mascherina antigas. Non mancano neppure le risate pre registrate alla
Indland Empire (o alla
Tender Flesh). Una burletta di cattivo gusto, a suo modo geniale, comunque finalizzata a provocare, e che altro non è che un'omaggio "parodico" alle varie
Ilsa. Costo del delirante show 22 mila euro.
E tra uno show e l'altro la tv accesa mostra immagini di
Carnival of Souls e della
Notte dei morti viventi romeriana, mentre il cameraman tossicomane che filma le imprese orrorifiche, si nutre di frattaglie, in una ciotola per cani, di dubbia provenienza.
E se Walz glissa spesso sulle immagini più truci (il tutto è più suggerito che mostrato, a parte alcuni scorci che nulla lasciano all'immaginazione come lo squoiamento della ragazza o l'evirazione) dandoci meno dentro che nel primo capitolo, la parte migliore, però, non riguarda gli show, ma il propietario della Maison de la petite mort.
Ovvero il lascivo, crudele e adrogino (nonchè straordinario) Monsieur Matheo Maxime (Mika Metz di penetrante presenza scenica), ossessionato dal corpo femminile, dalla precedente padrona del locale, la Maman (e dalle tette della sua bellissima moglie), sorta di Helmut Berger virato in acido, teatraleggiante Marlene Dietrich che si muterà in un mostruoso transgender, con seni amputati e sanguinanti ricuciti alla bell'e meglio sul suo corpo glabro, con tanto di impressionate autoevirazione a forbiciate che manco Depardieu nell'
Ultima donna, parodia estrema, raccapricciante e bislacca del Jame Gumb del
Silenzio degli innocenti.
Non malaccio gli sfx gory di Ryan Nicholson e, oltre al già citato Boll, c'è pure un cameo di Mike Mendez, è il tipo che apre il film sperticandosi lodi sul club della morte, per poi indossare una maschera stile
You're Next.
Sicuramente migliore del primo, dove Walz affina la tecnica e la costruzione narrativa, realizzando (col sorriso sulla faccia) una "pagliaccesca" (ma a volte crudele e provocatoria) presa in giro di un genere in via di assuefazione, donandole una certa "vitalità" quasi circense e momenti di sano (quanto malsano) divertimento.
Divine e squisite le due carnefici "angeli della morte" Annika Strauss (Dominique) e Yvonne Wolke (Monique), dove per loro è solo un lavoro come un'altro, pura routine, la quintessenza della perversione femminile in attilati completini sadomaso, calze a rete e magatacconi da pornodiva. E dove dietro l'apparente crudeltà, si nasconde una larvata luce di malinconia e solitudine, lasciandosi andare a timidi baci lesbo.
A conti fatti il "torture porn" , per Walz, è solo un divertissment acquistabile pure su internet (occhio al link nel finale).
Inutile la scenetta post titoli di coda.
Sarà pure "spazzatura" (cheppoi mi sfugge del perchè
Bloodsucking freaks sia venerato , dai più, come un cult e questo additato come pura monnezza) , ma molto più genuina e ludica di certi filmacci ben più blasonati e con pretese fintamente autoriali.
Per il sottoscritto un piccolo e delizioso must surreale della morte al lavoro e della crudeltà, con il ghigno beffardo sulle labbra.