Dopo la morte del figlio avvenuta durante una rapina, un padre è disposto a tutto pur di vendicarsi. Imbarazzante film che cerca di riciclare gli schemi della sceneggiata napoletana privandola delle canzoni. Il risultato però è assolutamente pessimo e il protagonista proprio non funziona. Per i suoi fan c'è anche Marisa Laurito in una piccola particina: è la madre del bambino ucciso.
Come molti dei film di Ninì Grassia anche questo si distingue per una resa assai scarsa. Attori in alcuni casi non all'altezza (deludentissimo il bravo Massimo Deda, Gennarino nei ben riusciti Napoli Violenta e Napoli spara!), sprecato Porel. Trama a conti fatti piuttosto banale e film che procede noioso e privo di mordente; Non poche scene, poi, fanno morire dal ridere per quanto sono realizzate malamente.
MEMORABILE: Quando Honorato schiaffeggia il padre del ragazzo; Il bambino che ciancia di valori e poi esige un orologio d'oro.
Dopo un inizio balbettante il film si riscatta -almeno parzialmente- nella seconda metà, quando Mario Trevi inizia a lavorare in incognito per la banda di rapinatori. Siamo pur sempre in un film di Grassia, quindi aspettatevi bruschi stacchi di montaggio, umorismo vecchissimo e sempre fuori luogo, doppiaggio improvvisato e spesso anche fuori sincrono... insomma il solito delirio. Comunque è un film onestamente sentimentale.
Un borghese piccolo piccolo in versione sceneggiata napoletana. Qui troviamo Mario Trevi (unico suo film interpretato) nel ruolo del padre. Trevi non è Mario Merola ma conosce bene il mestiere d'attore (con ottime espressioni). Marc Porel fa il commissario e se la cava discretamente. Diretto da Ninì Grassia? Ho i miei dubbi, qui sotto secondo me c'è la mano di un altro regista (n.c.). Grassia aveva tutto un altro modo (e stile) di diregere pellicole, si nota anche tecnicamente. Bravo soprattutto Marzio Honorato.
MEMORABILE: La frase finale di Marc Porel: "Mi dispiace Salvatore, ma devi venire con me!"
Questa volta Ninì Grassia, su sceneggiatura di Sergio Garrone, lavora su ritmo, stringatezza ed azione. Gli riesce bene il contrasto tra l'allegria della prima parte - il sorriso aperto di Mario Trevi e la bontà del piccolo Massimo Deda, ancora nel ruolo di Gennarino -, e la violenza che irrompe nella seconda; ma a differenza dei più robusti film della coppia Merola-Ippolito, la vendetta finale tentenna e si snatura in legittima difesa. Honorato si impegna a tirar fuori un ghigno malvagio e strafottente, facendo prudere le mani allo spettatore; insolita la Laurito in un ruolo drammatico.
Da sceneggiata napoletana di successo ("'A pagella") nell'annata 1977/78 a film per battere il ferro finché caldo il passo è breve. Non Mario Merola e la sua opulenza, ma il volto e il carattere bonario del cantante napoletano Mario Trevi per una vicenda che affonda le radici nel lacrimevole e nel senso di rivalsa. Onesto film popolare legato indissolubilmente al periodo di uscita e al luogo (Napoli), limitato però dalla poca efficacia del comparto attoriale e da un ritmo talvolta fiacco. Si guarda per ingordigia di brutto cinema.
Ninì Grassia HA DIRETTO ANCHE...
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Curiosamente in tutti questi film i personaggi intepretati da Massimo Deda si chiamano Gennarino, eccetto che in Onore e guapparia dove fa il ruolo di Paolo