L'incredibile Hulk - Serie TV (1977)

Fiction tratta dal noto fumetto di Stan Lee, e passata alla storia per l'enorme quantità di (orride) camicie dilaniate durante il momento top di ogni puntata: la trasformazione dal tormentato Bruce Banner/Bixby nel trogloditico verdone Ferrigno, praticamente a ogni minimo giramento di balle. La serie, per la verità non ignobile, risente molto della temperie seventies, per cui non mancano le atmosfere plumbee del poliziesco coevo nè qualche spunto "sociale". Discretamente di culto.

Non era facile per lo sceneggiatore trovare ogni volta un motivo per far trasformare il protagonista, anche se il fatto che fosse braccato, lo ha aiutato molto. Ma a farlo incavolare sono spesso anche gli abitanti delle cittadine dove si trasferisce. E così, in ogni puntata, arriva il momento di Ferrigno, il cui volto ringhiante non si scorda più. Certo, le storie sono piuttosto esili, ma quando compare Hulk, le cose cambiano e, soprattutto, tutto va spesso in pezzi. Comunque, la recitazione è decente e il risultato non è niente male.

Serie tv dove quel che conta di più è l'attesa che il dottor David Banner (ma non si chiamava Bruce?) di Bill Bixby si arrabbi e diventi l'incredibile Hulk (Lou Ferrigno). Ha colpito la fantasia di chi non legge i fumetti, è vero, ma non ha nemmeno invogliato gli spettatori a farlo. L'unica cosa che accomuna l'Hulk tv a quello dei fumetti è il suo continuo viaggiare per mezz'America in cerca di una cura. Anche se trovo Bill Bixby adatto al ruolo del dottore e Ferrigno un discreto mostro verde, le trame sono ripetitive e un po' noiose. Medio.

Classico. Ricordo come in una puntata nella quale vi era un terremoto, fossero state riciclate numerose scene dal film Terremoto. Serie più che pulita, episodi da 20 minuti abbastanza coincisi, discreto Bixby Bruce Banner, "muscoloso" Ferrigno che fa Hulk. Sicuramente i momenti da vedere sono quelli della trasformazione, ma non mi dispiaceva neanche il tema musicale finale. Più che discreto, per chi ama il fumetto.

Produzione televisiva americana degli anni 70 dedicata al gigante verde creato dal grande Stan Lee. Se gli effetti speciali risultano rudimentali e realizzati in economia, il pregio delle storie è la loro stringatezza che le fa durare il minimo indispensabile per non annoiare lo spettatore. Indimenticabile Ferrigno nei panni di Hulk.

Ne conservo un ricordo sentimentale, di cosa a cui si resta affezionati perché ci ricorda di quanto eravamo tanto più giovani. Le storie contavano abbastanza poco, il bello era che ad ogni puntata c'era qualcuno o qualcosa per cui lo scienziato fuggiasco si inc...va come una biscia, diventando tutto verde dalla rabbia. I muscoli gonfiandosi stracciavano la camicia, mentre i pantaloni, sia pure diventati corti e più attillati, continuavano a coprire le pubenda (senza gonfiori rivelatori). Si vede che non tutti i muscoli crescevano a dismisura.

Una serie di molti anni fa con un soggetto che ispirava una spiccata simpatia anche per via di quella sigla romantica che ne sottolineava la particolarità. Le storie e lo stesso attore principale (Bixby) passavano spesso in secondo piano rispetto al momento della trasformazione: autentico cult con gli occhietti verdi, i vestiti che si lacerano e l'entrata in scena di Ferrigno.

E' ovvio che il telefilm attirasse il sottoscritto come gli altri ragazzini dell'epoca per vedere il "dipinto" di verde Ferrigno-Hulk: veramente impressionante la sua muscolatura (da non sottovalutare anche il suo "grugno). A oggi (dopo aver rivisto alcuni episodi, su Rai 4 se non ricordo male) devo riconoscere che anche il protagonista Bill Bixby se la cavava bene nell'interpretare la sua maledizione/benedizione. Il finale, con il dottore che lasciava per la ennesima volta una cittadina sulle note del tema musicale, era sempre piuttosto triste

Bill Bixby entra nella storia della tv con un Dr. Banner sensibile e tormentato che, nonostante il dramma derivante dalla "malattia" e dalla conseguente esistenza errabonda, non manca mai di tendere una mano al prossimo di turno. Serie discontinua (da non perdere gli episodi doppi) ma da riscoprire, nonostante anni ed effetti speciali (anche se alcune metamorfosi, tipo quella in "747", mi emozionano tuttora).

Serial fumettistico cult degli anni 70 con un antieroe di difficile interpretazione. Poteva essere visto come la parte oscura di noi o politicamente la rivoluzione, l'anarchia oppure la solitudine, l'emarginazione perché in tutte le puntate il povero David Banner girovagando per gli Usa e incontrando criminali, trafficanti, ladri, mariti violenti, medici senza scrupoli e quant'altro rimaneva sempre solo, come si vede nei finali. Stavolta la carta (il fumetto) è andata d'accordo con la celluloide (il cinema), cosa che difficilmente accade.

Cult assoluto e indiscutibile. Gran merito va riconosciuto a Kenneth Johnson il quale, pur rispettando il personaggio Marvel, lo avviluppa di contenuti umanistici da feuiletton ottocentesco, facendone un miserabile eroe maledetto alla Hugo. Due i momenti insostituibili della serie, capaci di suscitare un'attesa allora spasmodica: la trasformazione di Banner/Bixby in Hulk/Ferrigno (gli occhi strabuzzati dell'uno e la camicia sbrindellata dell'altra) e il "the lonely man theme" di Harnell che segnava con le sue malinconiche note il finale eterno vagabondare del nostro reietto eroe.