Horror settantiano che affronta uno dei più classici temi della cinematografia del genere: la trasformazione da uomo a bestia causata dal morso infetto di un animale (in questo caso, il pipistrello). Il film nulla aggiunge e nulla toglie rispetto ad altri prodotti simili, ma se non altro è girato con una certa perizia, gode di discreti SPFX (per l'epoca, s'intende) e talvolta riesce a mettere a segno qualche scena vincente; non male il cast. Nel complesso un filmetto gradevole e da rivalutare, seppur risulti un po' datato nella confezione.
Avrei sinceramente preferito una svolta meno soprannaturale, nonostante non disdegni di certo l'horror e i mostri. Ma qui, le conseguenze del morso di un pipistrello sembravano portare, più giustamente, a una malattia, la rabbia, che offusca la mente e rende aggressivo il malato. Purtroppo, la deviazione nell'horror finisce per ridicolizzare un po' il tutto, facendo storcere il naso e deprezzando (in questo caso) una pellicola realizzata con mestiere e interpretata degnamente. Resta comunque vedibile, nonostante il ritmo non sia certo un suo punto di forza.
MEMORABILE: Le crisi del protagonista; La ricerca di sangue (se ne scola una sacca all'ospedale); L'attacco dei pipistrelli allo sceriffo.
Horror con un cinematografico man-bat, professore contagiato dal morso di alcuni pipistrelli. Grazioso e inquietante il tema musicale, ma purtroppo il film nel voler mostrare solo alla fine la trasformazione non riesce a creare la dovuta suspense. Anche gli omicidi purtroppo sono praticamente fuori scena, rovinando il climax. Segnalo Arthur Space nei panni di un ubriacone barbone e Bonnie Van Dyke (già vista in Colombo) turista con occhiali. Per completisti.
MEMORABILE: Il sanguinoso attacco dei pipistrelli nel finale; La morte dell'infermiera di notte.
Giovane medico morso da chirottero si trasforma progressivamente in un figlio della notte dagli istinti assassini. Trito fin dalle premesse, il film (che pare un figliastro tardivo de Il mostro della California) sfocia presto nell’oceano della mediocrità. Pessima l’idea di generare tensione e ribrezzo mostrando in primo piano i musi di alcuni poveri orecchioni, evidentemente immobilizzati e sofferenti, oltre che terrorizzati. La recitazione di Moss consiste in un infinito susseguirsi di attacchi epilettici. Dimensione psicologica non pervenuta.
Non si capisce fin dove sia reale: potrebbe sembrare anche solo un incubo, ma il messaggio è che perfino volatili in grado di generare ribrezzo quali appunto i vampiri (i pipistrelli non sono ematofagi) abbiano un grado di purezza molto superiore al nostro, in quanto facenti parte di un sistema che non è democratico (non finge neanche di esserlo!), ma neppure avido o ipocrita. A questo punto il poco sangue degli omicidi e una metamorfosi non troppo persuasiva passano in secondo piano, ed emergono la trivialità e la superficialità di certe istituzioni.
MEMORABILE: Il parabrezza dell'auto; Il tentativo di abbindolamento del sergente di polizia.
Più che la rabbia il pipistrello del titolo sembra aver inoculato la narcolessia a trama, dialoghi e attori. Nulla da segnalare (e non è una esagerazione) in questa vacua storiella (con sceriffo incorporato) di trasformazione e mostruosità in cui il protagonista si dibatte fra smorfie e versacci risibili. Gli incolpevoli e calunniati esserini della notte assistono basiti a tale strazio.
Variazione sul tema sempreverde del vampirismo: un uomo viene morso da un pipistrello e si sdoppierà nel consueto "dr Jekyll e mr... bat". La trama è poca cosa e il regista fa di tutto per allungarne il brodo col risultato di annoiare non poco, insistendo sull'ambiguità interpretativa tesa fra sogno e realtà. Gli ultimi minuti si fanno decisamente horror, anche nei significati. Ma è troppo tardi oramai.
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