Vicende di un bandito delle borgate romane nei primi anni 40, nemico prima dei tedeschi e poi dei carabinieri dopo la Liberazione. Ispirato a una storia vera, il film offre una bella ricostruzione dell'ambiente storico e sociale, nel quale cala un personaggio a metà tra un Robin Hood e un sanguinario criminale, romantico e maledetto. Da segnalare l'eccellente interpretazione asciutta e nervosa di Pasolini, in mezzo a un cast nel complesso buono e generoso. Da vedere.
Nonostante un certo schematismo di fondo, dovuto almeno in parte ai tagli censori, è un bel film ritmato e piacevole da seguire. Lizzani tiene un occhio al sociale ed un altro al lato più puramente exploitation della storia, come del resto ha fatto spesso nella sua onorata carriera: peccato solo per il doppiaggio, operato da degli ottimi attori ma molti dei quali fingono un accento romanesco davvero farlocco.
Ispirandosi a fatti realmente accaduti, Lizzani ricostruisce bene l'ambiente storico sociale dell'epoca e sa coniugare sapientemente solido intrattenimento e riflessioni non banali sul periodo che ritrae. Molto interessante il
personaggio del gobbo che presenta diverse sfaccettature e risvolti intriganti. Stupisce un po' vedere Pasolini che qui fa l'attore. Un buon prodotto come se ne facevano una volta e come ormai, purtroppo, ne mancano sempre
di più al cinema italiano.
Partigiano e moderno Robin Hood, o volgare fuorilegge? In un periodo in cui il confine tra Resistenza e banditismo era assai labile, Giuseppe Albano (qui Alvaro Cosenza) alias il Gobbo del Quarticciolo, fu entrambe le cose. Lizzani ricostruisce bene il clima dell'epoca, facendo coesistere le ragioni del cinema di impegno civile (tra gli autori del copione anche Elio Petri e Ugo Pirro) con le concessioni al dramma popolare. Bravi Blain e i comprimari maschili, bravissima la Ferrero. Funzionali le musiche di Piccioni.
Giovanissimo partigiano nella Roma occupata dai tedeschi, dopo l'arrivo degli Alleati diventa un bandito, mentre continua il travagliato rapporto con la ragazza di cui si è innamorato dopo averla stuprata per vendetta contro il padre di lei, un capo fascista... Liberamente ispirato alla controversa figura del Gobbo del Quarticciolo, un film vigoroso per quanto riguarda la ricostruzione storica, disperatamente romantico nel versante sentimentale. Intenso il francese Blain, bravi Ferrero e Garrani, Pasolini assai credibile come borgataro. Bellissimo il finale tragico.
Sul finire della guerra emerge nella Roma periferica una figura che si confonde fra partigianeria antifascista e vera e propria delinquenza organizzata: è il gobbo, qui disegnato come uomo che uccide senza scrupoli, ma anche capace di sentimenti, amplificati dal suo stato di profonda infelicità. La borgata che cede il passo al nuovo che avanza ha qui addirittura il volto scavato di un Pasolini che impersona ciò che ha più rappresentato in letteratura. Il tutto con un ritmo veloce che non conosce tregua.
Lizzani porta avanti la sua personale rilettura della Resistenza in una Roma già molto diversa da quella del Neorealismo. Questa volta, forse per il fatto di aver vissuto direttamente le vicende narrate, prende leggermente le distanze dallo stile documentaristico per far vibrare le storie personali dei protagonisti, romanzandole al punto giusto. Cast che brilla nei personaggi principali (Blain, Ferrero) e si concede comprimari di lusso (Pasolini, Garrani, Blier), confezione più che buona. Una pagina della nostra storia che vale la pena conoscere, e magari dopo anche approfondire.
MEMORABILE: La finta fucilazione di Blier; L'intensità della Ferrero, attrice di grande talento.
Come lotta "er monco": è il Pasolini attore, che non demerita affatto, anche se fa sorridere il doppiaggio in romanesco spinto ("Te lo dice 'sto tizio"). Tratto da una vicenda reale, Lizzani affida il gobbo bandito a Blain, che forse la faccia da teppistello ce l'ha ma non di borgata. Strano promuovere un film accurato, anche nel ponte pre-post Liberazione, bocciando il protagonista, ma tant'è. Temprato Garrani e double face la Ferrero, più sciolta da segnorina che nel pianto borghese.
MEMORABILE: Leandro er monco al Gobbo: "Questo s'è messo a fa' er redentore... ma per gelosia!".
Film non di semplicissima visione pur nel suo abito neorealista, amaro come e molto più di altri titoli del genere. Tratto da una storia vera, è un racconto girato bene e con la giusta secchezza dovuta a una storia raccontata sempre col dramma sullo sfondo, che sottolinea l'ineluttabilità del destino e di certi meccanismi umani. Ottimo il cast, con una bravissima Anna Maria Ferrero, mentre Gérard Blain incide molto meno. Regia di Lizzani come sempre di alto livello. Qualche momento più lento non rovina una pellicola molto buona, sicuramente da vedere.
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