La Metro-Goldwyn-Mayer con i giapponesi per fare un film di fantascienza, nel 1968, in classico stile Anni Cinquanta. I primi venti minuti contengono già quasi per intero quella che sarà molti anni dopo la base del kolossal ARMAGEDDON, con un grosso asteroide che minaccia la Terra e un gruppo di valorosi pronti a partire per farlo esplodere (anche nella ricostruzione del suolo dell'asteroide i film si somigliano). Ma per THE GREEN SLIME questo è solo l'inizio: il problema vero è che qualcuno s’è portato dietro dal meteorite alieno una viscida sostanza verde che ben presto prende la forma di un ridicolissimo mostro tentacolato dal rosso occhio...Leggi tutto ciclopico, il quale assorbe energia e folgora i nemici con scariche elettriche. Sulla stazione orbitante Gamma 3 (vista da fuori è il solito modellino di ruota spaziale), teatro della sciagura, si diffonde il panico, anche perché il mostro si riproduce inesorabilmente. A fronteggiarlo sarà il capo stesso della missione anti asteroide (il Bruce Willis della situazione), che però deve affrontare il meno reazionario comandante della base spaziale. Il loro duello verbale contraddistingue il film, elevandolo leggermente dalla media americana e se non fosse per la mediocrità degli attori avrebbe potuto salvare un'opera palesemente carente sul piano degli effetti speciali. La sceneggiatura, pur a tratti confusa, non è campata in aria (si fa per dire), qualche dialogo intelligente c'è, ma la confezione è quella del film di fantascienza di ordinaria amministrazione e quindi al giorno d'oggi irrimediabilmente datato: costumi e scenografia assai poveri, musiche roboanti (curiosa però la canzone d'apertura, cantata e rockeggiante sul tema “The Green Slime”), pistole laser che sparano grossi raggi gialli da cartoon. Il regista giapponese prova a movimentare le riprese con inquadrature a volte inusuali, ma non basta.
Prima frase: “Qui non succede mai nulla di strano”. Due secondi dopo compare un gigantesco asteroide. Trattasi di ibrido Usa-Giappo, all’inizio troppo parlato. La base spaziale è un ciambellone di plastica, ma c’è una certa cura negli attracchi delle astronavi-razzo-accendino. Da segnalare: l’accelerazione (tipo velocità smodata) con alone verde, la mutazione, gli “indimenticabili” alieni, l’uomo fritto con bocca aperta. E' un po’ troppo stiracchiato. Per fantaestimatori dalla A allo Zmovie.
Fantascienza anni sessanta chiama Base Luna. Il film visto oggi risulta ingenuo e per certi versi fa anche sorridere, soprattutto nelle sequenze relative ai simpatici alieni; per il resto è un prodotto dignitoso che fa onore al genere a cui appartiene. Tutto inizia con una missione per proseguire nel fango più verde che mai occhio umano abbia visto. Una chicca ma solo per gli estimatori.
Non male. Regia giapponese, interpreti americani (e un'italiana) per un film di fantascienza che, seppur limitato, diverte e avvince. Siamo negli anni 60 quindi gli effetti speciali non possono essere all'altezza di quelli odierni (ma non lo sono neppure di quelli di 20 anni dopo); possono far sorridere, ma vanno giudicati nel loro contesto. Buona la prova degli attori, simpatici i malvagi alieni. Più che sufficiente.
MEMORABILE: Gli alieni che friggono coi tentacoli; La riproduzione (e crescita) immediata degli stessi.
Un gruppo di astronauti piazza delle cariche esplosive su un asteroide in rotta di collisione con la Terra. L'operazione ha successo ma da un grumo fangoso portato involontariamente sulla stazione spaziale si sviluppano degli esserini tentacolari, più buffi che spaventosi, ma comunque male intenzionati... L'anno è lo stesso di 2001, ma i due film sembrano provenire da pianeti diversi: qui siamo nel campo della fantascienza molto fanta e poco scienza, che però possiede un suo fascino naif. Nel cast, la nostra Paluzzi indecisa fra due uomini: ci pensano gli alieni a risolvere la questione.
MEMORABILE: Le ultime parole famose: "Qui non succede mai nulla di nuovo..."; I versi a trombetta emessi dagli alieni
Si dice: c'è anche di peggio. E va bene, ma la sbobba rimane immangiabile. A meno di non rivalutare il film dal lato involontariamente comico. E qui forse ci siamo: gli alieni monocoli strillano come gatti a cui abbiano pestato la coda, le scene di lotta sono esilaranti (specie quando i nostri cercano di catturare gli energumeni interstellari come passeri), effetti e trucchi simpaticamente deprimenti. Per fortuna c'è la Paluzzi da guardare ogni tanto.
Data astrale 1968. Mentre Kubrick ha già procreato il film più ambizioso nella storia del Cinema, spingendo la Fantascienza a un balzo in avanti concettuale e visivo di 30 o più anni, le procionesche manine di Fukasaku frugacchiano invece tra i peggiori space-movies anni '50, selezionando gli avanzi di sceneggiatura meno deteriorati e i soggetti sbocconcellati ancora masticabili. Ne gronda fuori percolato verdognolo dai frutti eccedenti/eccellenti: una canèa zinzilulante di elettrobaccelli squamosi e proboscidati che il Monolito Nero può accompagnare solo. Un trashicomico capolavorrido.
MEMORABILE: L'improbabile battaglia a gravità zero tra gli astronauti superstiti e i maxi-asparagi pluriflagellati all'esterno della stazione spaziale...
Film di fantascienza invecchiato piuttosto male, nonostante abbia i suoi anni. Altre pellicole dello stesso periodo risultano molto più curate sia nella forma che nei contenuti, per non parlare degli effetti speciali. C'è da riconoscere un buono spunto iniziale che si perde poi nella battaglia contro i malfatti ciclopi extraterrestri. Di veramente bella c'è la nostra Luciana Paluzzi che dovrà vedersela, più che con i mostri, con il suo ex!
Coloratissima produzione con effetti speciali cartooneschi e deliziosi modellini spaziali (il sogno di ogni ragazzino) immersi in paesaggi fiammeggianti. Di certo non mancano ingenuità grossolane, ma il trastullo mantiene comunque una sua dignità. Dopotutto comanda lo stile tokusatsu giapponese: tutta un’altra filosofia rispetto alle pretese intellettuali di Kubrick… e i suoi 10, 5 milioni di dollari. Il suo difetto maggiore è infatti quello di utilizzare attori occidentali; fossero stati orientali il contesto sarebbe stato stilisticamente più omogeneo e i giudizi più benevoli.
MEMORABILE: La festa yéyé; Il tema musicale garage rock “Green slime”, ma complessivamente tutto l’accompagnamento sonoro.
Kinji Fukasaku HA DIRETTO ANCHE...
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CuriositàZender • 22/11/15 18:50 Capo scrivano - 48843 interventi
Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" il flano del film:
CuriositàDaniela • 19/01/17 16:19 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Cooproduzione fra Stati Uniti (MGM) e Giappone, interamente girata in quest'ultimo paese e diretta da quel Kinji Fukasaku che pochi anni dopo si sarebbe messo in luce con un importante ciclo sulla Yakuza, inaugurato con Lotta senza codice d'onore e destinato a cambiare le regole del genere.
Il più recente film da lui diretto., molto conosciuto anche in Occidente, è Battle Royale.
Gli alieni nati dal fango verde sono creature goffe e tondeggianti di altezza media rispetto agli umani, dotate di un unico occhio e di due lunghi tentacoli che utilizzano per afferrare e sbatacchiare.
Il loro look fu ideato Yukio Manoda e da Akiro Watanabe, art director degli effetti speciali di alcuni dei più famosi film giapponesi di fantascienza, a partire da Godzilla (1954).
Filmografia qui: http://www.imdb.com/name/nm0910742/
Il brano omonimo che caratterizza i titoli di testa del film, arrangiato dal produttore/compositore statunitense di origini italiane Richard Delvy (Richard Delvecchio):
Chiamiamolo guilty pleasure, chiamiamolo so bad it's good ma fra i Bruttissimi di Odeon - ciclo di pellicole più o meno kitsch trasmesso dal noto circuito televisivo una venticinquina di anni or sono - questo è uno di quei filmazzi che ho da sempre più adorato.
Ricordo come fosse ieri le ripetute visioni notturne della suddetta "fukasakata", ogni volta in ciclica attesa spasmodica della prima "elettrizzante" apparizione dei mitici, ineguagliabili maxi-asparagi alieni.
Anche un bambino della mia età ne intuiva la potentissima carica trash ma ciononostante l'attrazione morbosa nei confronti di questo fanta-oggetto era irresistibile.
P.S. Da specificare che il film all'estero fu addirittura spacciato come capitolo integrativo alla ben nota fanta-tetralogia margheritiana anni '60.
Rufus68 ebbe a dire: [...]gli alieni monocoli strillano come gatti a cui abbiano pestato la coda[...]
Ai gatti non ci avevo proprio pensato; l'unico verso vagamente accomunabile ai rumoracci dei baccelloni che son riuscito a rintracciare è lo zirlo delle rondini, meglio noto come "zinzilulìo":
Mi rendo conto che l'accostamento tra le aliene cacofonie digestive e le naturali dodecafonie prodotte dalle rondini suona quasi come un'offesa sacrilega alle francescane creature, eppure questi due suoni antitetici, sorprendentemente, si somigliano.
Dopo aver rivisto la scena (ri-sentito gli alieni) continuo ad assolvere le rondini e a tenermi i gatti. Quel breve lamento gattesco, sorta di protesta, dolore e disappunto, che segue lo schiacciamento della coda ...