Fa parte di quel sottogenere del thriller che gira intorno alla stessa domanda per l'intera durata: colpevole o non colpevole? Il protagonista (Gary Cooper al suo ultimo film, malato, morì prima dell'uscita dello stesso nelle sale) contribuisce con la sua testimonianza a far incarcerare un collega di lavoro per l'omicidio del suo principale e il furto di molti soldi custoditi in ufficio. Sul luogo era presente anche lui, e dopo qualche anno e il ritrovamento di una lettera ricattatoria la moglie (Kerr) comincia a sospettare che il vero colpevole sia lui. Sarà vero? Ecco l'interrogativo sul quale si regge il film, spudoratamente modellato seguendo lo stile hitchcockiano...Leggi tutto (il riferimento principe è ovviamente IL SOSPETTO, di vent'anni prima): gran lavoro sul bianco e nero, sulle ombre, con un finale tra prospettive inusuali, specchi e una vasca d'acqua bollente. La Kerr fin troppo melodrammatica però non convince granché e la regia di Anderson (superfluo dirlo) non si avvicina mai alla grandezza del Maestro. Ne risulta un'imitazione gradevole e niente più, oggi datata e priva della grinta necessaria anche nella figura di Cooper. Peccato perché la soluzione si rivela sorprendente e non delude. Certo se non si fosse trascinato inutilmente in lungo il ridicolo scontro finale era meglio...
Buon thriller dove una moglie, anni dopo il processo in cui la testimonianza del marito ha reso possibile la condanna di un uomo, comincia ad avere il dubbio che l'assassino sia il consorte. Una buona sceneggiatura in un bel bianco e nero per una storia dove i protagonisti fanno sentire allo spettatore i loro rimorsi e loro paure, con un senso angosciante per tutto il film, con tutti i personaggi in un certo senso colpevoli. Gustosi il cameo di Cushing accusatore e la Gingold amica della Kerr.
MEMORABILE: Il pensiero sucida della Kerr, la preparazione del bagno nel pre-finale e l'ultimo schock della pellicola nel finale.
Lui fa condannare un uomo per un omicidio con rapina, ma la moglie sospetta che il vero criminale sia proprio lui. Trama e, soprattutto, sviluppo narrativo (e perfino qualche soluzione visiva) sono devoti a Hitchcock, ma con una forte tempra drammatica ed estetica (con una fotografia di alto livello), che spesso avvince e ipnotizza. Con qualche momento notevole come l’angosciata corsa di lei tra i panni stesi nei vicoli. Lo scioglimento finale non è all’altezza (come plot) della storia, ma il suo racconto filmico è potente.
L’esilità del soggetto – una moglie ha il dubbio che il marito possa essere colpevole di omicidio – e il suo scarso sviluppo non impediscono alla regia di Anderson di adoperarsi in ricercatezze tecniche, visive e ambientali, né di concludere con un crescendo di tensione – ombre, passi, suoni, silenzi - da menzionare obbligatoriamente in ogni saggio di cinema thrilling. Qui al suo ultimo film e provato dalla malattia, Gary Cooper è ombroso e ambiguo come la parte richiede. Hitchcockiano.
MEMORABILE: L’omicidio con lo stiletto; la goccia di sudore sul volto di Cooper; la Kerr nel quartiere popolare; la preparazione del finto suicidio.
Un'ottima parte iniziale e un degno finale caratterizzano questo thriller dalla sceneggiatura semplice quanto a idea di base ma pregevole nella costruzione. Splendida la fotografia e buona la regia di Anderson, che indugia solo in qualche sentimentalismo di troppo, ma all'epoca era quasi inevitabile... Minato dalla malattia (morirà a riprese non ancora ultimate), Cooper è ambiguo e vulnerabile come il copione richiede, mentre la Kerr, manco a dirlo, è perfetta nel suo oscillare tra amore coniugale e atroci sospetti.
Una lettera che arriva dopo cinque anni riporta a galla terribili dubbi presenti allo stato latente nella mente di Martha (Deborah Kerr). Ultimo film per Gary Cooper, in una parte diversa dalle sue solite di personaggio positivo ed eroico. Resa bene l'atmosfera angosciante attraverso una fotografia in bianco nero dai forti contrasti e da una Kerr che, come al solito, non sbaglia nell'interpretare il suo ruolo. Molti gli elementi che ricordano lavori del maestro del brivido, specie nelle ultime drammatiche scene.
Martha Radcliffe si convince che suo marito George abbia ucciso anni prima il titolare della ditta dove lavorava e che si sia impossessato di una grossa somma di denaro. Notevole noir dove il segno distorsivo di un dubbio morale oscura la percezione oggettiva della realtà e introduce la protagonista dentro l’oscura angoscia di labirinto senza uscite. Manipolazione narrativa, spazi deformati dal grandangolo, attenzione ai contrasti caravaggeschi della fotografia, tensione a salire, subordinazione degli attori a scenografie allucinate. Sorpresa finale.
MEMORABILE: Deborah Kerr che si perde tra i falansteri di un quartieri popolare; La studiata ambiguità della recitazione di Gary Cooper.
Il dubbio di una moglie verso un marito che stenta a riconoscere, il dubbio di quest'ultimo sull'amore adombrato dal sospetto. Il film è permeato da una ambiguità narrativa costruita nei minimi particolari, tanto da creare suspence fino all'epilogo, indovinato e del tutto inaspettato. Regali le interpretazioni di Deborah Kerr e Gary Cooper (qui nella sua ultima grande apparizione). Un classico dimenticato.
Cinque anni prima, la sua testimonianza ha determinato la condanna per omicidio di un suo collega. Adesso, diventato un affermato uomo d'affari, viene sospettato dalla moglie di essere il vero colpevole... Thriller ben congegnato anche se con qualche forzatura, di chiara impronta hitckcockiana. Sembrerebbe difficile dubitare, insieme alla sempre brava Kerr, dell'innocenza di una delle più grandi icone cinematografiche dell'integrità morale, ma Cooper, pur gravemente malato e palesemente troppo anziano per il ruolo, offre una prestazione convincente in un personaggio ambiguo per lui inusuale.
Thriller freddo e al tempo stesso tormentoso, centrato su un ménage coniugale reso angoscioso da un sospetto, per nulla dissipato dall’impenetrabile ambiguità del personaggio di Gary Cooper (un po’ imbolsito e provato dalla malattia, ma in parte), ideale contraltare della spasmodica inquietudine dell’intensa Deborah Kerr. Ritmo lento, dialoghi efficaci e una fotografia superba, attenta ai particolari, contribuiscono all’atmosfera opprimente che si percepisce lungo il dipanarsi della vicenda.
MEMORABILE: La goccia di sudore; "Gli assassini amano forse in modo diverso?"; L’incontro di Martha con la signora Heath; L’acqua nella vasca da bagno.
Hitchockiano fin nel midollo, il film punta tutto sul dubbio che il buon Cary Grant, altrove eroe positivo, possa essere un farabutto pronto ad assassinare la moglie per nascondere un suo presunto crimine. Sarà così? Scioglimento a parte, siamo dinanzi ad una buona pellicola: girata bene e prendendosi cura delle immagini e delle inquadrature; con qualche bella scena, ma che, soprattutto, sa tenere sempre alta la tensione fino alla fine. Non ci si annoia mai ed il dubbio aleggia davvero per quasi tutta la pellicola: missione compiuta.
MEMORABILE: "Una donna capirebbe se l'uomo che ama è un assassino". "Perché gli assassini
amano in modo diverso?"
La testimonianza di Radicliffe induce la giuria di uno spicciativo processo a condannare la persona sbagliata. Vari anni dopo affiora nella mente di Mrs. Radcliffe il sospetto che le cose siano andate in tutt'altro modo. Una narrazione che si affida principalmente alla escalation emotiva e incalzante tra gli interrogativi di lei e la reticenza di lui, resi con un'intensità espressiva che ci porta dentro il groviglio di una tensione indecidibile. Un b/n superbo, un gioco di ombre e di bagliori che rispecchiano la doppia faccia di ciò che accade.
MEMORABILE: Lo straordinario gioco degli sguardi e il non detto tra Kerr e Cooper; Martha si perde in un cortile popolare; L'ultimo atto nella villa.
Non bastano un'ottima Deborah Kerr e buone sperimentazioni visive a salvare il film. La storia va avanti in maniera più o meno scontata e anche il finale non fa di meglio, risultando abbastanza telefonato. Il regista non ci mette troppo del suo, cerca di inserire qua e là una tensione in qualche caso anche azzeccata, ma solo di rado. I dialoghi girano sempre su loro stessi e si finiscono spesso per ripetere gli stessi concetti. Gary Cooper non male, il resto del cast galleggia.
Pur se hitchcockiano fino al midollo, questo film brilla di luce propria grazie soprattutto a un intreccio che spazia da dramma sentimentale a noir fino a un finale da brividi in cui la tensione si taglia con un... rasoio. Ottimo cast dominato dal grande talento di Cooper e Kerr (immensa) ma lo splendido b/n di Hillier s'infervora solo con il sangue napoletano della Cilento, in procinto di diventare Mrs. Connery. Di ottimo livello la regia di Anderson e la sceneggiatura di Stefano (autore di Psyco) che trovano entrambi momenti da incorniciare. Imperdibile per gli amanti del genere.
MEMORABILE: La sceneggiatura di Joseph Stefano; Tutta la parte finale; La camminata della Kerr per il quartiere popolare sotto la pioggia; La scena sul burrone.
Giallo di chiara impronta hitchcockiana, che il titolo italiano sembra sottolineare con un'assonanza sinonimica, in cui la moglie di un affarista inizia a sospettare che questi sia il responsabile di un "lucroso" delitto avvenuto anni prima. Lo script segue per l'appunto le peripezie investigative di una diffidente e combattuta Kerr, mentre Cooper s'impegna a rendersi il più ambiguo possibile in ogni sua mossa; non è dunque l'intrico mystery ad appassionare davvero, quanto il clima di angosciosa tensione che l'eccellente regia di Anderson sa evocare. Il finale, comunque, sorprende.
MEMORABILE: Le parole dell'accusato contro Cooper; Kerr col rasoio vicino alla vasca da bagno; L'affilatura del rasoio; L'argentiana tortura dell'acqua bollente.
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DiscussioneNicola81 • 27/08/14 15:57 Contratto a progetto - 693 interventi
CuriositàDaniela • 9/10/18 11:00 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Si tratta dell'ultimo film interpretato da Gary Cooper. L'attore, già gravemente malato, morì un mese dopo la fine delle riprese a soli 60 anni d'età per un tumore alla prostata.
Cooper morì il 13 maggio 1961 per tumore, circa un mese prima dell'uscita del film nelle sale (giugno 1961, secondo IMDB).
Quando alla natura del tumore, alcune fonti riportano ai polmoni ma le più accreditate indicano alla prostata (vedi wikipedia in lingua inglese nell'ampia scheda dedicata all'attore).
Dalla biografia sopra citata, risulta che era stato operato per il tumore alla prostata nell'aprile 1960 e che una nuova operazione si era resa necessaria il mese successivo per la rimozione di un tumore maligno all'intestino.
Le sue condizioni precarie al momento della lavorazione del film e la sua morte poco dopo la fine delle riprese sono testimoniate dalla sua partner Deborah Kerr alla pag.132 e sgg del seguente volume (acquistabile su Amazon):
Deborah Kerr: A Biography, di Michelangelo Capua, McFarland Publishing, 2010