Ballerina focosa sposa un ricco d'uomo d'affari che deve però cederla ad un boss della yazuka per ripagare un debito. Sarà costretta a subire ogni sorta di violenza (fetish, bondage, candele..) in una specie di anfiteatro per ricconi. Sogno, desiderio o truce realtà? Non importa, quello che conta è la progressiva dannazione della malcapitata (la brava Aya Sugimoto) resa visivamente molto bene ma portata all'eccesso con il solo scopo di completare il campionario del genere exploitation d'autore.
Uomo d’affari ricattato cede la moglie, che diverrà protagonista di uno show sadico ad uso di un vecchissimo boss Yakuza. Full immersion meticolosa e dettagliata nella degradazione della donna, che ha luogo in una sorta di club esclusivo per ricchi depravati. Lo sguardo è crudele e molto erotico, la messa in scena artistica, con immagini di grande fascino e bellezza compositiva. Putroppo il finale, che sconfina nell’onirico, appare confuso e incerto. La protagonista, Aya Sugimoto, bellissima, con un fisico stupendo, è interprete straordinaria.
Un film crudele e spietato, molto drammatico, sporco e dannatamente incorretto. Storia decisamente spinta, dolorosissima, dove i colpevoli sono sempre e soltanto gli uomini. Dal marito alcolista per divertimento, ai fanatici pervertiti e stupratori dell'anfiteatro; banale rappresentazione delle perversioni umane, ma qui spettacolarizzata nel tripudio della morbosità. I soliti ricchi che pagano per lenire i loro pruriti, con la mente malata che troverà in fondo la sua sporca soddisfazione. Nel suo genere, questo film segna il terreno, macchiandolo di nero.
Parte da una proposta indecente e attraversa Eyes wide shut per approdare al film erotico: una donna è vittima di un morboso teatrino kitsch dell’eros s/m (bondage, pissing, cera, scene lesbo). Ahimè, manca un pensiero morale sotteso, c’è solo voyeurismo fetish, puro esibizionismo costellato semmai di pensierini moralisti (giovane/vecchio, sesso/amore, denaro/sentimento, la porno-crocifissione): un soft-core, sia dal pure gusto visivo estremamente raffinato (patinato), che cerca consensi in più con un finale para-onirico pseudo-intrigante.
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Ingegnere romano pratica il bondage in un sottoscala con due ragazze (del tutto consenzienti nonostante le "consuete" smentite della famiglia) e finisce in tragedia.
Tra questa notizia, quella del padre che ha rincorso il figlio colpevole di avergli staccato la spina mentre guardava il Gladiatore e la vicenda del canaro del 1988, beh dico che per fare del cinema estremo basta aggirarsi per Roma e attendere l'ispirazione..
Ma ricordo male o sulla vicenda del canaro avevano intenzione di girare un film?
DiscussioneZender • 14/09/11 09:22 Capo scrivano - 49109 interventi
Capannelle ebbe a dire: Ma ricordo male o sulla vicenda del canaro avevano intenzione di girare un film? Francamente non saprei dirtelo... Su Roma direi che anche qui dalle nostre parti di matti ne girano comunque in buon numero...
Non lo so!Mi sono letto la storia del Canaro perchè ero troppo piccolo per ricordare.I particolari dela tortura mi hanno ricordato Giustizia Privata..Non è poi molto diverso quello che fa Butler all'assassino della figlia...
@ Zender: sì ma la teatralità che c'è a Roma non la raggiunge nessuno.
@ Didda: vero anch'io ci ho pensato. Però le atmosfere sono agli antipodi: Butler lo fa in una villa chic, con gli strunìmenti sterili, probabilmente col sottofondo di musica classica. Il Canaro operava in un lurido retrobottega, con le pinze utilizzate per i cani e col sottofondo di un dj der testaccio..
Zender, questo film è un remake di un altro film con lo stesso titolo del 1974, che ancora non è nel database del Davinotti. Forse andrebbe messa la R?
DiscussioneZender • 19/04/13 11:27 Capo scrivano - 49109 interventi