Djinn - Film (2013)

Djinn

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La nostra recensione di Djinn

Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Tobe Hooper persevera nell'horror (d'altra parte è il suo campo) e rispolvera l'idea del djinn, entità malefica che vive in un universo parallelo al nostro e dicono sia presente sulla scena dalla notte dei tempi. Niente di nuovo, per il genere, ma spostando l'azione nello Yemen Hooper dimostra di voler percorrere se non altro strade poco battute: il prologo tra la sabbia e le tipiche costruzioni arabe sembrava promettere discretamente, al di là di effetti digitali poco esaltanti. A tornare in loco è una coppia yemenita trasferitasi da tempo a New York dove ha perso il figlio. Per ritrovare la serenità, i due (Jammal e Laith) rientrano in patria e vanno ad abitare in una bella torre nel deserto...Leggi tutto praticamente disabitata e immersa in una nebbia che neanche a Pavia. E' un lussuoso condominio di fresca costruzione e dagli splendidi interni arabeggianti, una sorta di Overlook Hotel all'orientale che subito non manca di far sentire la presenza del djinn. Già, perché tra le stanze e i corridoi, ripreso di tanto in tanto persino dalle telecamere di sicurezza, si aggira quest'entità incappucciata che ogni tanto prende a strisciare, si alza, s'infila nei condotti dell'aria condizionata e si dedica a spaventare la povera Salama (Jammal), il cui nome in italiano per puro caso già ne identifica lo spirito non così intraprendente. Salama difatti subisce e poco altro: segue le impronte sui muri sbigottendosi, si lamenta col marito, rimpiange l'America già al secondo giorno e frigna per una situazione effettivamente non idilliaca. D'altra parte sua madre invece di aiutarla e di godere della sua presenza dopo tanto tempo l'accusa senza mezzi termini di aver ucciso il figlio defunto mentre la splendida vicina di casa (Hart) zoccoleggia puntando al marito frustrato. In pratica Hooper, dopo una prima parte che faceva pensare a un buono sfruttamento della nebbia nel deserto, ficca Salama nel palazzo e lì ce la insacca senza speranza, col risultato che il film si trasforma in un horror domestico alla DARK WATER a tratti elegante (registicamente Hooper ha ancora qualcosa da dire) ma tremendamente fiacco, senza idee e appiattito da una fotografia patinata che stride col clima di terrore che si vorrebbe creare. Non c'è tensione, la sceneggiatura non offre una svolta degna e di paura vera neanche a parlarne; l'unica scena potenzialmente angosciante (l'assedio in auto circondati dalla nebbia) viene vanificata da una realizzazione puerile, a testimonianza della scarsa vena di un Hooper che per il resto gestisce l'ordinaria amministrazione puntando vanamente a un horror maturo destinato tuttavia a sbattere contro il muro della banalità. Squallide visioni oniriche affogate nella computer graphic e un bimbetto maledetto che fa ripensare malinconicamente a ROSEMARY'S BABY, uscito proprio l'anno in cui Hooper girava il suo primo oscuro lungometraggio.

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Tutti i commenti e le recensioni di Djinn

TITOLO INSERITO IL GIORNO 4/09/15 DAL BENEMERITO HERRKINSKI POI DAVINOTTATO IL GIORNO 2/03/16
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Herrkinski 4/09/15 04:21 - 8782 commenti

I gusti di Herrkinski

L'ultimo lavoro di Hooper rimane uno di quei classici lavori dal potenziale colpevolmente sprecato; a partire dalla location esotica, poco sfruttata, per arrivare a un copione scritto male e privo di una direzione adeguata. Se il continuo alternarsi di dialoghi in inglese e arabo offre un certo realismo (pur appesantendo la visione), la parte horror è una ghost-story confusa e sconclusionata, in bilico tra Rosemary's baby e un qualunque J-horror; le parti in CGI non aiutano e si salvano giusto le discrete prove attoriali. Pasticcio malriuscito.
MEMORABILE: Il ridicolo nome della protagonista: "Salama" (sic).

Pumpkh75 1/02/21 15:10 - 1906 commenti

I gusti di Pumpkh75

Qualche buona idea (la nebbia nel deserto, le atmosfere arabe) dissolta immediatamente nell’ovvietà chiusa e monocorde di qualche piano di hotel e ulteriormente banalizzata dall’estrema facilità con la quale si predicono gli sviluppi della storia. Gli effetti digitali, invero mediocri, non sono un appiglio e tantomeno lo è la recitazione; c’è solo qualche fioco bagliore registico che Hooper cerca di emettere quando non sta contando i dollari del compenso. Dispiace, e molto, che l’ultimo film dell’adorato Tobe abbia questa qualità.

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