Ambientato per intero nel monastero di San Pietro in Valle (Terni) senza che se ne faccia mistero, visto che le didascalie per una volta dicono il vero, il film di Schmoeller è un tedioso horror in cui i protagonisti non fanno altro che salire e scendere dalle catacombe, parlarsi nelle stanze, minacciare vendette... Uno dei preti è in punto di morte ed è Feodor Chaliapin, che oltre ad aver interpretato l'architetto Varelli nell'argentiano INFERNO ebbe una parte nel NOME DELLA ROSA, film al quale Schmoeller pare guardare in più di un'occasione. Ma...Leggi tutto la sceneggiatura è faticosa, insipida, e non basta certo un'unica scena d'effetto (la discesa del Cristo dal crocifisso, effettivamente inquietante) a salvare un horror che non riesce a farsi mai interessante. Si comincia con una lunga scena esorcistica in latino (con risvolti piuttosto ridicoli nel make-up) e si prosegue dopo un bel balzo temporale con una affascinante, giovane insegnante che arriva al monastero a turbare la vita della comunità. Intanto un fratello muore nella totale indifferenza (o è colpa della sceneggiatura?) e strane presenze si fanno sentire tra le mura delle catacombe. Seguiranno possessioni. Fotografia impastata, un Pino Donaggio fuori forma, regia sonnacchiosa. I mezzi sembravano esserci, ma la realizzazione è di quelle senza idee, condotta stancamente e che finisce con l’inciampare in un finale goffo e ahinoi risibile.
E’ un peccato che, tra le produzioni Empire, questa sia una delle meno conosciute: se da una parte la storia è troppo classica e non c’è tutto quel sangue che titoli del genere solitamente garantiscono, personaggi e dinamiche del convento sono rappresentati con attenzione e le scene ambientate nelle buie catacombe sono girate e fotografate con gusto. Di certo non un capolavoro e può risultare soporifero per qualcuno, ma va recuperato anche solo per omaggiare quell’horror eighties che non c’è più.
MEMORABILE: Il monaco, lo sneaker e il crocefisso...
A parte il discreto Horror puppet, Schmoeller non mi ha mai particolarmente convinto e questo film non fa eccezione. Trattasi di horror mistico con elementi tipici dei film con possessioni demoniache, il tutto nella cornice di un'abbazia umbra che ricorda inevitabilmente Il nome della rosa. Purtroppo la sceneggiatura è ben poca cosa e il film gira a vuoto spesso e volentieri, cercando di creare un'atmosfera di mistero e fallendo nell'impresa. Discreta la confezione, non male i dialoghi e il cast, ma è troppo poco per sfuggire alla noia totale.
Una sorpresa che va considerata globalmente. Parte benissimo come horror quasi gotico, poi la vicenda viene trasportata ai giorni nostri e lì davvero rischiava di crollare il palco; invece regge benissimo, con una regia attenta a tanti particolari, abile a cercare anche delle raffinatezze di fattura squisita. Cast non di peso ma estremamente concreto. Le musiche, affidate a Pino Donaggio, sembrano risentire della lezione di Jerry Goldsmith (Il presagio). Film inquietante e non molto conosciuto, ma Schmoeller ha centrato in pieno il bersaglio.
Sarà forse per la bucolica ambientazione italiana, ma la confezione sembra quella di un Don Matteo in versione diabolica. La storiella alla base è logora come un calzino dopo cinquecento centrifughe, gli attori insipidi, le scene buttate l'una dietro l'altra con stanca prevedibilità. Non è mal fatto, bensì estenuante nella sua mancanza cronica di sapore e forza, anche nelle scene in cui sembra ben meritare (il Cristo assassino).
Stando alla media delle produzioni di Band, questa dispone di una confezione decisamente premium. Non un horror ma un mystery movie che si lascia guardare e che non dispiace. Il plot di per sé dice poco, ma quello che stupisce sono le belle e incisive musiche di Donaggio, le ambientazioni suggestive e il cast che direi essere di tutto rispetto. A volte si ha un sentore di vacuo, il film perde mordente e diventa dispersivo e noioso; sangue pochissimo, ma si rimedia con i giusti accorgimenti di una regia professionale e di una fotografia garbata. Un giallo soprannaturale.
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Questa è una delle più interessanti produzioni di Charles Band (quando ancora gestiva l'Empire e non la Full Moon), diretta con certo stile dall'autore di Puppet Master.
Girato in Italia e corredato da un ottima colonna sonora (firmata da Pino Donaggio) questo dimenticato lavoro è circolato all'estero come quarto capitolo della serie Curse, da noi poco conosciuta, ma della quale il film capofila (prodotto da Ovidio Assonitis) è passato con il titolo de La Fattoria Maledetta ed è stato citato, in diversi contesti (con il titolo alternativo di The Farm) per la collaborazioni del nostro Lucio Fulci agli effetti visivi.