Dopo il già pessimo remake del 2006 il classico di Clark viene ulteriormente infangato; la mano di una donna in regia poteva essere interessante, non fosse che la Takal casca nel più becero degli errori e fa deragliare la storia in una celebrazione gratuita del #metoo, con tanto di inevitabile riflessione sulla società patriarcale. Come se non bastasse, trasforma il poco sangue versato in nero tramite un escamotage soprannaturale in modo da ottenere un innocuo PG-13, a coronare uno slasher femminista oltretutto noiosissimo.
Il problema non è l'inutilità dell'ennesimo remake o la qualità deficitaria dell'esecuzione. Il problema è rendersi conto di quel che rappresenta il film, banale e sciocco nel dipingere la lotta delle donne per i propri diritti. La prima parte è abbastanza fedele ma molto "teen", la seconda butta in mezzo slogan, magia nera e colpi di lotta libera rasentando il ridicolo.
Se il remake precedente si concentrava sull'elemento bodycount dell'originale, questo nuovo Black Christmas si concentra sul messaggio sociale. Anche troppo, per ammissione delle cosceneggiatrici. "Politics before plot" però si traduce in una manica di consorelle odiosissime e ipocrite che vengono ammazzate fuorischermo da una schematicissima metafora che sfocia in un delirio imbarazzante nel finale, che vuole essere eroico ma sortisce l'effetto opposto. Da evitare.
MEMORABILE: Kris, la femminista ipocrita che strumentalizza il trauma di una consorella per i suoi fini (e non solo).
Per circa un'oretta lo spettacolo regge, pur se già appare programmatico e con poco o nulla a che spartire con l'originale (praticamente solo l'ambientazione) e con certe cose che lasciano perplessi (il Belfagor con arco e freccie...). Poi nell'ultima mezz'ora il crollo totale: la pellicola diventa quasi inguardabile tanto cade nel ridicolo involontario e sembra servire solo all'autrice per urlarci in faccia la sua tesi femminista. Davvero troppo anche per il più ben disposto degli spettatori. Rimane una domanda: perché scomodare il film di Clark?
Più che un remake consideriamolo una caricatura, visti i gelidi delitti senza che ci sia una goccia di sangue versato e la scellerata e comica svolta soprannaturale che manda in malora tutta l’ultima parte, dove persino la neve sembra fasulla. Quel che è assolutamente intollerabile è però la deriva ultrafemminista sfacciata, puerile e smodata al punto da causare un irresistibile e corrosivo effetto contrario. Non lasciate che la watchlist gridi vendetta.
A parte l'inutilità di infangare il titolo del seminale proto-slasher di Bob Clark (con cui ovviamente non ha niente a che fare), questa sorta di parabola femminista targata Blumhouse è talmente mal scritta, puerile e priva di sottigliezze (i maschi dipinti come maniaci o deficienti, le ragazze eroicamente unite nella loro lotta sociale), che finisce per ridicolizzare gli stessi ideali "liberal" che cercava di promuovere. Come allegoria è improponibile, come horror passa dal noioso al trash (la rivelazione sembra uscita da un fantahorror satirico degli anni '80). Da obliare.
MEMORABILE: La ragazza uccisa disegnando un "angelo di neve" sul prato; Il busto del fondatore del college che "lacrima" un liquame nero; Il finale à la Suspiria.
Secondo remake dello pseudo cult pre-slasher natalizio che, essendo piuttosto aperto ed enigmatico, lascia spazio a interpretazioni. Il primo remake era più fedele ma più splatter e con antefatti, questo sembra più reboot, un college teenage movie "massonico/sovrannaturale" con le tipiche confraternite giovanili, ma più oscure. Idea non male, realizzata in maniera banalissima che fa dell'horror momento di riflessione per celebrare il politically correct (baluardo contemporaneo) tanto da far rimpiangere l'irriverente spensieratezza della confraternita di Animal house. Pollice verso.
MEMORABILE: La moraletta ingenua del film: maschi contro femmine, roba da manuale di femminismo del '68 che perfino in Ecco noi per esempio aveva più spessore.
L'inizio sembra preludere a un remake magari poco brillante ma diligente e invece il piccolo classico di Clark fornisce solo il pretesto dell'ambientazione universitaria in questo film strampalato che se ne distacca dopo la prima mezz'ora con una svolta settaria dai risvolti sovrannaturali in grado di far accapponare la pelle per quanto mal gestita. Se a questo si aggiungono dialoghi di imbarazzante pseudo-femminismo, stereotipi beceri a manetta, personaggi inconsistenti, prevedibilità e tanta noia, il risultato è da latte ai ginocchi. Brutto, da evitare con cura.
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DiscussioneZender • 18/02/20 08:06 Capo scrivano - 48854 interventi
Zender ebbe a dire: Se non altro piuttosto insolito parrebbe... Mah, in realtà la struttura è fondamentalmente da slasher classico/home invasion con una debola vena whodunit. L'unica vera differenza è averlo virato interamente al femminile con il chiaro intento di attrarre una certa fascia di pubblico, oltre all'inserimento di un elemento "soprannaturale" (sospetto sia una scusa per virare il sangue in nero ed evitare così problemi con la censura e i divieti).
Come in ogni remake, non è strettamente necessario fare una copia dell'originale ma stravolgerlo completamente nelle intenzioni per farne un film politico/di gender mi pare veramente una mossa azzardata.
DiscussioneZender • 18/02/20 15:23 Capo scrivano - 48854 interventi
Vero, però qui siamo al remake del remake. Se non cambi ora...
Della Takal mi ha favorevolmente impressionato il thriller paranoico/ossessivo/femmineo, molto femmineo (dai riverberi lesbo) Always Shines.
Curioso (al di là della cocente delusione herrkinskiana) di vedere come ha trattato il secondo restyling del cult clarkiano (dopo il non eccelso remake firmato Glen Morgan), soprattutto appunto perchè in chiave "femminista".
Per 2/3 il film, pur mostrando chiaramente di usare il genere solo per portare avanti la tesi "sessista" della regista, si lascia guardare con un certo interesse (anche se il Belfagor munito di arco e freccie...). Poi nell'ultima mezz'ora si scade veramente nel ridicolo e tutto svacca completamente.
Capisco che tirare in ballo un "cult" come Black Christmas possa attirare un po' di pubblico in più, ma qui c'entra davvero come i cavoli a merenda.
Il film è dedicato alla memoria di Victor Solnicki, produttore, fra gli altri, di tre Cronenberg (Brood, Scanners, Videodrome) e del primo remake di Black Christmas.
DiscussioneRaremirko • 30/04/20 23:36 Call center Davinotti - 3863 interventi
Del film di Clark ha solo il nome, tecnicamente è decente e comunque fa il suo sporco mestiere, intrattenendo.
Slasher senz'altro femminista, con qualche elemento sovrannaturale ed un minimo, ma proprio un minimo, di tensione. Non male il primo micidio, che fa una sorta di angelo nella neve.
Lo definirei quindi un film un pò sottovalutato e furbastro a richiamare il capolavoro di Clark.
DiscussioneRaremirko • 1/05/20 00:01 Call center Davinotti - 3863 interventi
L'idea della confraternita occulta, tipo Skull and bones, non era comunque malaccio.
DiscussioneLupus73 • 10/01/21 16:11 Capo call center Davinotti - 58 interventi
Se l'idea iniziale della confraternità universitaria con retaggio esoterico poteva meritare interesse, alla fine il film si rivela inguardabile proprio per lo scialbo messaggio femminista (assai fuori luogo) da corteo '68ttino e senza neanche il minimo spessore o profondità. A conti fatti sembra un film propagandistico per i diritti delle donne e delle minoranze, e il soggetto di partenza rimane sullo sfondo. Ripetutamente pessimo e inutile.
Intendiamoci...non che il film originale mi piaccia granchè, lo considero sopravvalutato e con sceneggiatura approssimativa, ma a confronto di questo è ben altra cosa.