Premiato al sundance film festival, questo dramma di Lance Hammer affronta una storia di dolenti miserie quotidiane tra droga, suicidio e colpe cui si tenta di sopravvivere. L'operazione è in questi casi in pieno stile indipendente, coi suoi pregi e difetti: telecamera a mano, sceneggiatura ai minimi termini, storia criptica e momenti azzeccati. Per quanto mi riguarda non è certo il massimo, ma il risultato è apprezzabile.
Storia di ordinaria desolazione made in Usa, tra la fanghiglia dei campi e la moquette rosa a pelo alto. Triangolo disperato tra un ragazzino vittima della povertà del luogo, di sua madre senza futuro e il cognato, sconvolto dal dolore per la perdita del gemello. La trama per la prima parte scorre a scatti per scollinare poi verso un incastro prevedibile. Scarso budget e telecamera a mano, è stato premiato al Sundance (immagino per l’onestà narrativa, che offre un quadro lucido di suburbano sconforto).
Storie dure come il pietrisco, persone forgiate da un destino beffardo che non demorde, resistente alla compressione degli avvenimenti. Nelle desolate e fredde lande americane il documento di uno spaccato di vita famigliare immerso nella miseria più disperata e soffocante. Il tocco minimale del regista non accentua il dramma riuscendo invece a restituire la durezza di ogni momento, dall’elaborazione della perdita alla lotta quotidiana per la sopravvivenza, dallo scontro con la microcriminalità al furibondo egoismo dettato da stenti.
Si inizia con un suicidio: da lì si può solo risalire la china. Ma con il gemello superstite in depressione acuta, il nipote adolescente su una brutta strada di droga e la vedova separata che arranca per campare, la china è forse peggiore. Film cupo di anime in lotta per sopravvivere, che si dilaniano a vicenda cercando un difficile equilibrio, immerse in un paesaggio dall’orizzonte ampio ma respingente. Un’opera sulla condivisione nella sofferenza, che si allarga da questo plot verso un dolente umanesimo universale. Duro.
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Ciao Didda :)
Un accostamento che regge,ma che io francamente non ho fatto,forse perché dei fratelli Dardenne ho visto poco.Però va ricordato che qui siamo negli ampi e silenti (e splendidi) spazi del Mississippi e il minimalismo imperante è quello tipico delle produzioni indie americane,così come la nebulosità della vicenda.In altre parole per rispondere alla tua domanda dico "nì" :p
Se ti incuriosisce sei già a metà dell'opera...:)