il Davinotti

Giovanotto già nei guai con la giustizia viene accusato di aver ucciso una modella con cui aveva una relazione; la madre del ragazzo intende discolparlo, ma qualcuno tenterà di fermarla. Schematico, morigerato e impreciso come qualsiasi gialletto televisivo da prima serata, tra personaggi banali (oltreché, il più delle volte, interpretati piattamente) e colpi di scena telefonati (neanche l'introduzione di un killer a volto scoperto riuscirà a sviare gli habitué del genere dalla soluzione del mistero). Qualche scenetta di suspense rivitalizza l'ensemble, ma la mediocrità resta piena.

Questo film ha il demerito di risolvere un soggetto potenzialmente interessante (la paralisi del sonno deve certamente essere qualcosa di terrificante per chi la sperimenta) in modo dozzinale. Se la spiegazione degli eventi ha un perché e si accetta (gente i cui errori hanno avuto gravi conseguenze subisce un castigo), è meno perdonabile l'essersi serviti dell'ennesima presenza allampanata e dinoccolata (l'onnipresente Botet) e il non aver saputo creare nulla di minimamente originale. A questo punto meglio ritornare da Freddy o, per qualcosa di più simile nel concetto, in Svezia.

Che sia il Casinò mafioso di Las Vegas o quello moderno di stanza a Wall Street, per Scorsese vale sempre la logica dell'eccesso. Soldi, droga e rock'n'roll i pilastri su cui continua a essere costruita la sua America, di cui riesce a fornire lo massima spettacolarizzazione, anche a scapito - a volte - della credibilità del racconto. Più che la storia, è in effetti la personalità di Jordan Belfort a interessare il regista; ma il modo in cui sono rappresentati ascesa e declino del personaggio, che esalta la vena di mattatore di Di Caprio, rende alcuni momenti della trama stucchevoli.

I critici francesi, partendo da questo film, avevano inventato la definizione "surwestern", per segnalare un film di ambiente western che però al suo interno prevede tematiche più complesse sul piano narrativo e psicologico. Qui la grande Marlene diretta dal grande Fritz Lang ci propone un vero e proprio melodramma, con colori volutamente saturi e una recitazione splendidamente sopra le righe. Un film che rempie gli occhi.