Thriller franco-ispanico ambientato in una casa di riposo; che a dirla così non sembrerebbe promettere esattamente il massimo, in termini di tensione... Il regista Paco Plaza sa invece ben sfruttare un copione che offre più di un colpo di scena. Protagonisti un infermiere, Mario (Tosar), e un anziano narcotrafficante, Antonio (Cejudo), che decide di chiudere lì la sua vita minata da una malattia degenerativa che non lascia scampo. Piuttosto che rimanere con i suoi due figli scapestrati, che non sopporta, il boss sceglie l'indifferenza di un personale medico che non conosce e col quale non immagina di poter stabilire alcun rapporto particolare. Sbagliato: Mario, che si ritrova a doversi prender cura...Leggi tutto di lui, ha un passato inimmaginabile e la relazione con l'uomo prenderà direzioni impreviste. C'è una sensibile differenza tra la prima e la seconda parte del film: la prima è decisamente d'attesa, rallentata da primi piani e momenti dilatati che inizialmente non ci si spiega. Anche perché il film non sembra distaccarsi troppo da un dramma ospedaliero dalle coordinate piuttosto tradizionali, che lascia discreto spazio ai due figli del boss e ai loro problemi distraendo dal vero focus. Che esploderà in tutta la sua tensione nella seconda parte, quando la storia comincia a mostrare il suo vero volto e a proporre intrecci insospettati, con un gioco di vendette destinato a incrociarsi in un finale assolutamente geniale, che sublima un'ultima parte in cui tutti i nodi vengono al pettine e che Plaza orchestra con grande intelligenza nell'alternare le voci e le scene sovrapponendole, a tratti anticipandole e lanciando i titoli di coda al momento giusto, lasciandoci con un'ultima immagine altamente significativa che lascia spazio alla riflessione. Interpretato con ottima immedesimazione da Tosar (il vero protagonista), con un Cejudo costretto sul letto e in condizioni psicofisiche sempre peggiori, il film svaria quando fugacemente si sofferma a raccontare la gravidanza della moglie di Mario e i problemi crescenti dei due figli del boss, costretti a fare i conti con un rendez-vous coi cinesi per una partita di droga che si conclude nel sangue e che rappresenta solo uno dei problemi da affrontare. Plaza si concentra sull'efficacia della rappresentazione senza badare ad alcuno svolazzo di forma, abile nel creare una progressiva crescita della suspense che esploderà nel (con)citato finale, accompagnato da una colonna sonora che libera gli archi al momento giusto.
Una buona declinazione del tema della vendetta, con un Tosar di indiscutibile bravura nel ruolo di un metodico infermiere che viene sopraffatto dal doloroso passato. Una valida sceneggiatura soprattutto nelle parti che riguardano il percorso riabilitativo del boss, meno brillante nel dipingere le situazioni inerenti alla vita dei due figli del mafioso. Una regia agile e snella conduce lo spettatore nei meandri più oscuri della mente umana, senza perdersi in inutili orpelli. La parte finale è di rara potenza e riscatta talune parti non sempre all'altezza.
MEMORABILE: La "medicina" iniettata al boss; I flashback del passato che ritraggono i patemi del fratello tossico; Il finale.
Il precedente Verónica aveva potenzialità ma restava un film di genere; con questo nuovo lavoro Plaza dimostra di aver compiuto un passo in avanti importante, mischiando le carte del revenge-movie e del gangster-noir drammatico senza scordare la scuola europea. Non ci sono l'azione e le cose fatte in grande del cinema Usa ma Plaza confeziona un lavoro dai ritmi misurati e ineluttabili, lento solo in apparenza ma che in realtà tiene alte attenzione e tensione fino a un finale duro e incompromissorio. Eccellenti, su tutti, Tosar e Cejudo.
MEMORABILE: La conclusione per il fratello in carcere e per l'infermiere a casa...
Infermiere presso una casa di riposo, Mario si trova ad accudire un nuovo paziente uscito dal carcere per ragioni di salute: un boss della droga vecchio e malato, ma dalle facoltà mentali integre e dalla cattiveria intatta... Parte come un classico film di vendetta ma si complica strada facendo per la presenza dei due figli del boss che, intrapreso un affare senza il consenso del padre, si cacciano nei guai fino al collo. Thriller ben interpretato, diretto con buon ritmo, con un' ultima parte ansiogena culminante in un epilogo di rara crudeltà.
MEMORABILE: Il "dono" avvelenato; L'accoltellamento attraverso il lenzuolo; L'ultima sequenza, agghiacciante.
Un infermiere accudisce un narcotrafficante indirettamente responsabile del suo passato doloroso. Un film iberico in cui al tema della vendetta si sovrappone un’ordinaria vicenda criminale che lo rende meno monocorde rispetto alle aspettative. La tensione è garantita dal progressivo “svelamento” delle dinamiche del personaggio principale a cui presta il volto il talentuoso Luis Tosar che svetta rispetto al resto del cast, abbastanza anonimo. Non eccezionale ma riscattato da un bel finale.
Un film straordinario, quasi perfetto, che va premiato anche per la semplicità che, se ben diretta e interpretata, ripaga. Senza budget hollywoodiani ma con sempre più qualità (lo stile asciutto e diretto, estremamente diretto!) Plaza piazza un film di rara autenticità. Non si risente, durante la visione, dei soliti abusati temi quali droga, narcotraffico, vendetta. La mossa vincente, in questo caso, è il saper andare oltre quando invece tutto sembra già essere stato scritto, diretto e interpretato. Ritmo pacato, eppur vorticoso e per nulla scontato.
Riuscire ad affrontare un argomento (la droga) già trattato in mille modi in maniera così trasversale è il merito di questo thriller spagnolo che declina i vari livelli di una faida dall'agghiacciante finale. In una lussuosa clinica per anziani, un vecchio capoclan infermo ma lucido e spietato si ritrova sotto le cure di un volenteroso infermiere. Ma non è una storia idilliaca; anzi, ne scaturirà una vicenda da brivido e il contrasto tra ciò che appare e ciò che "cova" attanaglia fino in fondo. Cast di valore che rimane impresso.
MEMORABILE: Gli inquieti figli del boss; Le "cure" di Mario; I fantasmi del passato; Il finale shock.
Poteva risolversi in modo ordinario o scegliere di impressionare con mezzucci banali, invece Plaza riesce a mantenere sulla corda con alcune trovate originali e un protagonista efficace e borderline, quasi in stile Cranston. Non si perde in fronzoli e non attinge dove sarebbe facile attingere. Qualche limite di budget ma poco influente e qualche riserva sugli attori di contorno, tipo uno dei figli e la gang di cinesi.
Luis Tosar. Ancora lui. L'indòmito capo sommossa di Cella 211, il vitrofirico spettro condominiale di Bed time: l'anima inquieta e ferìna del cinema ispanico straight-in-your-guts. Un corpo intagliato nella ruvida selce, quella dai grani più durevoli all'abrasione; un volto sempre più ispido di rancura e disidratato da ogni stilla d'indulgenza, che torna a esprimersi e imprimersi in una storia spietata, senza ristoro morale, dal contrappasso ineluttabile, a cerziorare che la curva geometrica della vendetta altro non è se non quell'uroboro che alla lunga finisce col divorare proprio se stesso.
MEMORABILE: Il finale "seveniano" e il rivolo di sangue che cola da una generazione all'altra chiudendo il ciclo vendicativo (le colpe dei padri che ricadono...).
Non era facile affrontare in maniera così originale tematiche tanto sfruttate dal cinema come quelle della vendetta e del narcotraffico, ma questo thriller spagnolo ci riesce benissimo, evitando di percorrere le strade più facili e facendo crescere la tensione in maniera esponenziale, fino a renderla quasi insostenibile nella parte conclusiva, che culmina in un finale di agghiacciante crudeltà in cui a vincere è soltanto il male. Un film notevole (anche l'interpretazione di Tosar lascia il segno), ma che non vien voglia di rivedere.
All'interno di una casa di riposo si consuma un'atroce vendetta in apparenza immotivata che porterà a una escalation di violenza senza fine. Tosar è un grande attore e lo dimostra nuovamente in questa occasione. Plaza dal canto suo è capace di modellare a proprio piacimento il materiale che ha a disposizione trasformandolo in oro. Tra le cose più interessanti il tormentato rapporto tra il "vecchio" padre di famiglia (il boss del narcotraffico) e i figli che cercano invano di ottenere la sua approvazione.
Uno di quei film che chiede, per esser a pieno goduto, una quasi esoterica interdizione della realtà, stringendo tuttavia con lo spettatore un patto risolutamente tacito. In tal senso e preso per il giusto verso, il thriller di Plaza dona ottimi momenti di tensione e una dinamica speditezza narrativa in grado appunto di farsi perdonare le numerose incongruenze. Un paradossale benefico attrito filmico nasce dalla triangolazione scalena tra la rancorosa melodrammaticità di Mario, la inadeguatezza bullista dei due fratelli e il rancido livore di Antonio.
Il tema della vendetta è stato declinato molteplici volte al cinema, ma lo script
di Plaza sa riservare allo spettatore diverse e riuscite sorprese. E sa intrattenerlo sin quasi dall'inizio, con un ritmo che cresce in modo costante, fino ad arrivare ad una parte finale molto concitata ed avvincente che raggiunge il suo
culmine in un finale, crudele e nerissimo, che è una notevole deflagrazione. La prova attoriale di Tosar è, come al solito, di livello: quella di Cejudo anche, mentre il resto del cast non sembra essere il massimo. Buon film per intrattenersi.
MEMORABILE: Il sorriso beffardo, quasi un ghigno, dell'anziano narcotrafficante; Il finale.
Infermiere avrà l'occasione di vendicarsi di un trafficante. Vendetta a caldo per chi è criminale e a sangue freddo per un insospettabile; la polizia viene tenuta fuori e la sceneggiatura regge. Non tutto funziona però: i figli sembrano solo dei bulletti un po' nervosi e qualche minaccia è sopra le righe. Il protagonista ha un buon ruolo e nelle fasi ospedaliere dà il meglio. Regìa che cerca qualche inquadratura ricercata o cruda (il parto): bastava la musica a creare tensione.
MEMORABILE: Il testamento; Gli esami scambiati; L'omicidio del figlio in carcere.
Ancora una volta gli spagnoli dimostrano di saper gestire il thriller con maestria notevole: negli ultimi anni ne hanno sbagliati proprio pochi. Il film intriga dall'inizio, anche se la partenza è volutamente lenta (anche troppo, unico difetto dell'opera). Quando tutti i meccanismi si incastrano ti avvolge completamente, la tensione diventa altissima e i twist finali sono perfetti, intriganti a livello spettacolare e senza alcuna forzatura stonata: anzi, l'ultima mezz'ora è davvero strepitosa. E Luis Tosar si dimostra un eccellente protagonista. Gran film.
Paco Plaza si concede un break dall'horror (ma non rinuncia all'ottimo Tosar di Bed time), provando a incrociare il thriller psicologico con il crime. Il binomio di generi, almeno per i primi due terzi di film, fatica a trovare un vero equilibrio: da una parte una movimentata malavita-story in stile Vince Gilligan, dall'altra una cupa vicenda di vendetta basata sull'ironia del contrappasso. Entrambe coinvolgenti, finiscono per togliersi forza a vicenda. Certi passaggi di plot paiono pertanto forzati, ma lo script riesce ad armonizzare l'insieme con un bel colpo di coda finale. Buono.
MEMORABILE: Il bagnetto nella latrina della prigione; Il make-up del boss; I tentativi del vecchio di chiedere aiuto; Il parto in diretta; Il finale nerissimo.
Infermiere vendica la morte del fratello, sopraggiunta per overdose una ventina d’anni prima, uccidendo il capo del cartello della droga. Ma l’anziano si vendicherà a sua volta con criminale astuzia, per un finale che definire amaro è un eufemismo. C’è qualche forzatura (l’omicidio del dottore serve a giustificare alcune “stranezze” rilevate dal personale ma la richiesta di far tornare il padre a casa l’avevano già avanzata all’infermiere, che aveva anche più voce in capitolo; l’anziano non può dire “borsetta” ma riesce a dettare un testamento), ma nel complesso si lascia seguire.
MEMORABILE: La scena finale.
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DiscussioneDaniela • 17/01/20 10:23 Gran Burattinaio - 5928 interventi
A parte la pessima locandina di Netflix, che non rende per nulla giustizia all'unico, vero, poderoso protagonista del film - vale a dire, il sempre ottimo Luis Tosar - l'altra singolarità che mi è rimasta impressa riguarda la scena del parto di Julia (qui interpretata da María Vázquez): le immagini mostrano un parto palesemente reale, ripreso dal vivo, poi assemblato in postproduzione con le inquadrature dei visi degli attori (il filmato originale era stato messo spontaneamente a disposizione del museo della scienza Domus di La Coruña dagli stessi genitori del neonato).
DiscussioneDaniela • 28/01/20 09:33 Gran Burattinaio - 5928 interventi
La locandina di Netflix è certo omissiva, ma quella internazionale Eye for Eye mi pare pure peggio, perché fa pensare ad un film sentimentale mettendo fuori strada.
Nettamente più centrata quella originale:
Quella a sinistra in inglese mi era sfuggita, davvero impresentabile e senza senso (ma poi, visto il tenore del film, che c'avranno mai da ride...?).
L'impressione è che certi "locandinisti" nemmeno se li vedano i film.
DiscussioneDaniela • 28/01/20 12:08 Gran Burattinaio - 5928 interventi
Gestarsh99 ebbe a dire: L'impressione è che certi "locandinisti" nemmeno se li vedano i film.
Proprio quello che ho pensato anche io: in effetti, dopo aver visto questo thriller tanto tosto, chi potrebbe mai pensare di presentarlo con un'immagine che mostra Tosar e moglie teneramente abbracciati mentre si guardano negli occhi ridendo a crepapelle?
A meno che non sia una raffinata tecnica di marketing per cogliere di sorpresa l'ignaro spettatore...