Sequel del già poco noto CJAMANGO: Giorgio Ardisson rileva Sean Todd nel ruolo del veloce pistolero del primo film e interpreta una storia semplice semplice di vendetta e morti ammazzati. Ci sono però un prologo e un epilogo che trasformano la vicenda in un unico lungo flashback di Ardizzon/Cjamango il quale, in un cimitero, cerca di dissuadere un "collega" dal vendicarsi perché, come ha già avuto modo di sperimentare lui, "la vendetta porta solo amarezza, rimorsi e angoscia”. Intanto però, per scoprirlo, ha fatto fuori mezzo West. Brutta...Leggi tutto fine faranno infatti i malcapitati uccisori della sua famiglia (con la quale (Cjamango viveva sereno in un ranch fuori mano). Trama esilissima, dialoghi ridotti all'osso, un occhio a DJANGO per l'apocalittico finale e un ricalco pedissequo dei topoi del genere (partita a poker compresa, pur se molto sbrigativa). Il regista Vincenzo Musolino dirige con mestiere senza demeritare, ma certo la povertà complessiva dell'operazione traspare inevitabilmente e non c'è proprio nulla che possa rendere in qualche modo memorizzabile il film, destinato presto a confondersi, nella memoria dei conoscitori dello spaghetti-western, tra i cento prodotti simili. Girato in Almeria, musicato con un certo gusto da Felice Di Stefano, vede in azione, come diversivo, un viscido messicano cacciatore di taglie deputato a solidarizzare col superpistolero che gli procurerà la "materia prima" da consegnare allo sceriffo. Non troppo violento, considerato il vm 18 imposto all'epoca nei cinema.
Per distogliere un giovane da propositi di vendetta l'anziano Cjamango gli racconta la sua dolorosa storia... Niente male questo western del già attore e produttore Vincenzo Musolino, un "revenge" canonico ma efficace, violento, e con un gran finalone alla Mucchio selvaggio. Bene anche il cast, dove un po' tutti fanno le solite parti (specie Martell), e bella la musica. C'è anche il "messaggio", ma nessuno è perfetto. Ignobile l'edizione dvd recentemente uscita, che però reintegra il film delle scene iniziali mancanti nella copia tv.
Spaghetti western piuttosto povero ma con una sua dignità. Molto bella la cornice che apre e chiude il film, con il vecchio Cjamango che spiega perché la vendetta non sia la soluzione a tutti i problemi per poi partire col flashback in cui ci verrà mostrata la sua vicenda. Forse un tantino tirata per le lunghe la sparatoria finale, ma sono dettagli.
Discendente e deludente. Il prologo, lo sparo in bocca a Cimarosa, l'incontro con il paraplegico Pavese e la breve sequenza nel saloon con un terreo Martell fanno sperare bene, ma più tardi il film si spegne nel western più dozzinale: in particolare, nel momento della vendetta si applica il paradigma idiota secondo cui il furibondo protagonista - con alle spalle una famiglia sterminata e un insistito pestaggio - decide di affrontare il nemico ad armi pari e finisce col farsi menare di nuovo... Ancora citazioni da Django (la mitragliatrice).
MEMORABILE: Ardisson infila la pistola in bocca a Cimarosa e…BANG!
Per arrivare al metraggio canonico dobbiamo sorbirci interminabili galoppate, in tutte le salse: di un singolo, di un gruppo, di un singolo inseguito dal gruppo... La regìa (forse volendo leoneggiare) rallenta l'azione, facendo muovere e parlare i personaggi con lentezza spesso illogica. Peccato, in ogni caso, per un secondo tempo che rovina ciò che di discreto c'era fino a metà corsa, per di più con un abusato finale djangheggiante. Brevi apparizioni di Martellanza e di Cimarosa.
MEMORABILE: "Stuart, vieni fuori! Sono Cjamango!". Si apre la porta e ne esce la bara.
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Pubblicato dalla Hobby & Work, numero 29 della collana Spaghetti Western, in una copia allucinante, quasi un riversamento di super 8 andato a male, con graffi tipo vecchia pubblicità del CIF Ammoniacal e dominanti cromatiche viola e verdi! Tuttavia ha il pregio della integralità, comprendendo il prologo al cimitero inspiegabilmente tagliato dalla versione televisiva (Rai 3). La Koch lo annuncia fra le sue prossime uscite, confidiamo nell'edizione definitiva.