Temi e chiacchere di contorno sono quelli tipici di quegli anni e possono colpire o meno a seconda dei gusti e della sensibilità di ciascuno: io non ci ho visto particolare profondità e originalità. A colpire è invece è uno stile visivo (non certo narrativo) sperimentale, come spesso avveniva all'epoca, ed intrigante che si fa bello e piacevole in diversi momenti. Piacerà a chi lo vede senza aspettarsi troppo. E in ogni caso: non male, dopotutto.
Molto settantiano, sia per le creazioni di pittura corporale di Veruschka che per gli umori che impregnano le lunghe riflessioni esistenziali su regolarità e materialità borghese e aneliti vitalistici. Nonostante il montaggio di Arcalli, il prodotto è fiacco e pedante per l'abuso della voce off, la sovrabbondanza dell'impianto allegorico - ingenuo fino al patetico quello sulle bambole come succedanei del feto abortito - e le lagnose musiche di Morricone con i vocalizzi della Dell'Orso. Più che altro, un documento su una delle modelle più note del periodo e sulla sua arte del body-painting.
MEMORABILE: «Per esistere veramente occorre vivere con fanatismo...Così noi non siamo niente, siamo dei fantasmi... Saper vivere, saper morire...»
Il sottotitolo "poesia di una donna" dice in fondo già molto sul film; la poesia non si può spiegare, bisogna sentirla. E devo dire che con me la cosa ha funzionato, almeno in parte; certi momenti sono forse un po' didascalici, e la voce over della protagonista si sente troppo spesso. Ma il gusto della sperimentazione formale non è mai eccessivo, ed il film convince soprattutto dal punto di vista visivo (ottime sia la fotografia che il montaggio).
MEMORABILE: L'apparizione di Quinto Gambi, che sarà in sèguito la controfigura di Tomas Milian, qui addirittura doppiato da Oreste Lionello.
Non un biopic ma un melò romanzato, uno degli apici del cinema kitsch/pop italiano con pretese autoriali a cavallo fra '60 e '70. Veruschka (meravigliosa) fa Veruschka (ma fittizia), alle prese con Pistilli manager tirannico e con le proprie pulsioni e visioni. Appesantito da uno script di rara ampollosità, ma visivamente affascinante (gran montaggio di Kim Arcalli), bella colonna sonora di Morricone. Tour de force per Mariangela Melato, "voce" di Veruschka. Il regista era il marito della modella. Nel cast anche la moglie di Quasimodo!
Girato con grande padronanza di mezzi e verve registica, musicato da una soundtrack eccellente, ha il solo difetto, quello di apparire troppo mentale. Un road movie che collima con un viaggio interiore alla ricerca di risposte nascoste nei meandri della psiche, ma anche l'espressione di un travaglio interiore della protagonista in fuga da una realtà troppo opprimente. Visivamente interessante.
Molto dotata Veruschka a definire prima e a lasciar defluire poi, crisi, disarmonie e conflittualità interiori di qualsivoglia genere di artista, nettamente contrapposta all'agente-amante che, pur premuroso e comprensivo, dovendo fare i conti con la matita non può essere poetico. Quando si parla di narcisismo si capisce anche perché tante star sulla cresta dell'onda si siano rovinate con le loro mani. Trucchi stratosferici (per forza, è Veruschka!) e suggestionanti allegorie.
MEMORABILE: Il discorso dell'autostoppista e la scena finale... mi ha fatto più strizza di un thriller!
Sembra l'ennesimo "borghesi annoiati-movie". Gli ingredienti ci sono tutti: una coppia, dialoghi spesso forzati, perle di saggezza altrettanto forzate, bellezze anni '70 e la coppia Morricone-Dell'Orso. Per fortuna il regista, in questo sua bella dedica alla moglie Veruschka, inserisce anche una regia non indifferente e riempie il suo film di splendide e suggestive immagini. Veruschka, inoltre, dimostra di non essere solo splendida ma anche di saper recitare. Profondamente settantiano e davvero suggestivo nei suoi colori, anche se si porta appresso la ripetitività del genere. Buono.
Intelligente cristallizzazione del rapporto fisiologico uomo/donna. L'opera induce a una costruttiva riflessione, ove compresa. Il film appare essere un capolavoro solo "commercialmente" incompreso, tra le cui meraviglie possiamo annoverare un Pistilli teatrale e una Veruschka immensa.
Solo all'epoca si poterono scrivere, produrre e realizzare opere assolutamente fuori degli schemi commerciali, desiderose d'esprimere unicamente gli intenti del regista. Per la loro fuga in avanti per una tangente irripetuta, ancora oggi fanno riflettere. Mettendo insieme il più bello e il più esecrabile esteticamente e moralmente lasciano al solo spettatore il giudizio, il peso dell'intuizione vera di un racconto fantastico. Congiunzione e confluenza di arti e artisti assoluti: un (capo)lavoro unico di poesia, fotografia, teatro, costumi, musica.
MEMORABILE: "Libera. Lasciarla correre per sempre nel suo mondo fantastico. Dal quale non sarebbe tornata mai più. E lo credo, lo credo" (Franco Rubartelli).
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Una cosa che ritengo importante. Imdb non riporta il nome di Norberto Botti, che interpreta l'autostoppista. Anche se recita poco il suo intervento è memorabile... e volevo chiedere a Buio se è un film che si è gustato, visto che non appartiene al suo genere prediletto, ma che è un film molto particolare.
Io a 7 anni quando vidi il cartellone con la gabbia ne fui talmente colpito che feci una crisi per il fatto di non poterlo vedere...FAUNO
Fauno ebbe a dire: Una cosa che ritengo importante. Imdb non riporta il nome di Norberto Botti, che interpreta l'autostoppista. Anche se recita poco il suo intervento è memorabile... e volevo chiedere a Buio se è un film che si è gustato, visto che non appartiene al suo genere prediletto, ma che è un film molto particolare.
Io a 7 anni quando vidi il cartellone con la gabbia ne fui talmente colpito che feci una crisi per il fatto di non poterlo vedere...FAUNO
E no Fauno, io amo tutti i generi (o quasi), sono un cinefago per antonomasia.
Lo vidi anni fà, e i ricordi sono vaghissimi, però mi piacque questo miscuglio russeliano/felliniano con spizzichi jodorowskiani (anche se i limiti di Rubartelli erano evidenti)
Insomma, un mio "guilty pleasure" che fa il paio con il Salomè di Bene.
Grande personaggio, Vera, di nobile lignaggio, forse la prima top model della storia. Nasce in un anno fatale, il 1939, a Königsberg, città di frontiera in quella Prussia che a fine conflitto sarà spartita tra Russia e Polonia. È la secondogenita di una ricca famiglia, esponente della nobiltà prussiana. Vera è ancora una bimba quando il padre, accusato di complotto ai danni di Hitler, è impiccato e la madre internata in un campo di lavoro. Zingara o ospite di amici e parenti sopravvive alla guerra. È una ragazza timida, sognatrice e molto spaventata. Studia ad Amburgo e in Italia, dove, scoperta dal fotografo Ugo Mulas, muove i primi passi nella moda, mondo estraneo e oscuro per una che non è cresciuta nella frivolezza e nel narcisismo, ma senza troppo successo. Dopo averci provato anche a Parigi e a New York, dove Diana Vreeland l’ha etichettata "diva dallo sguardo freddo e dall’irraggiungibile volto", tenta la carta del nome d’arte, Veruschka, per far credere di essere russa.
Nel decennio 1966-1975 videro la luce composizioni di musica applicata assolutamente distanti dagli schemi, capaci d'esprimere attentamente gli stati d'animo caratteristici dei personaggi, di suscitare disgusto per il male e amore per la POESIA, l'OGGETTO di questo racconto, tra surreale e verità. Opere musicali che per la loro fuga in avanti per una tangente irripetuta, oggi e in futuro segneranno il confine tra sogno e realtà. Secondo l'etica ed estetica wagneriana si perviene al capolavoro mediante la congiunzione e confluenza di arti ed artisti verso una sola opera. Ma qui il genio del Maestro Ennio Morricone supera di spanne quanto già non descrivano la fotografia il teatro i costumi. Siamo all'eccelso nella scrittura, nella composizione, nella scelta strumentale, nella sovrapposizione acustica di tante fonti, su cui prevale -sublime- la voce di una donna di un'artista vera come Edda Dell'Orso capace di aggiungere al pentagramma gli opposti climax dell'estasi e del sordido. Poesia della musica, poesia di una donna. Se ne parlerà forse nei prossimi secoli, tra coloro cui piace la libertà.
"Libera"
"Lasciarla correre per sempre nel suo mondo fantastico
Dal quale non sarebbe tornata mai più
E lo credo, lo credo"
Franco Rubertelli
Per Homesick: le elucubrazioni e la voce fuori campo son più tipiche del decennio precedente, e non per niente questo film è del '71, e quindi ne risente ancora molto. Gli anni 70 in tutti i sensi e anche dal punto di vista cinematografico son stati l'esecuzione delle idee degli anni 60. C'è molta più azione e non si sta tanto a studiare o a elucubrare.
L'uso delle bambole invece è stato presente sia prima che dopo, specie nei thriller: come potremmo dimenticarci il lenziano Spasmo o il martiniano I corpi presentano tracce di violenza carnale o l'imprescindibile fiction Dimenticare Lisa o perfino La bambola della Porta sul buio.
Come interpretazione o simbologia di feti abortiti l'ho vista recentemente nel più tardivo La vita nova di Torricella, film che per ora si può vedere solo al CSC.