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La nostra recensione di Arrest!

Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Dal Nuovo Galles del Sud, in Australia, il rude sergente della polizia Scobie Malone (Taylor) se ne volerà fino a Londra, dove lo aspetterà una missione decisamente non facile: dovrà riportare in patria - per conto del primo ministro - nientemeno che sir James Quentin (Plummer), alto diplomatico australiano con il quale il politico è in contrasto. L'agente non ne avrebbe alcuna voglia, ma non può evitare di partire.

Appena arrivato nella capitale inglese, Malone si imbuca a un ricevimento organizzato da sir James durante il quale comunica a quest'ultimo cosa sia venuto a fare lì, spiegandogli come in Australia dovrà rispondere di essere...Leggi tutto scappato dal paese poco dopo l'uccisione di sua moglie, della quale è sospettato. L'uomo si mostra comprensivo, corretto, ma spiega che prima dovrà concludere degli importantissimi colloqui di pace che gli impediranno di lasciare Londra se non dopo due o tre giorni. Malone si irrigidisce, spiega come lui debba eseguire degli ordini ma intanto, all'esterno della villa del ricevimento, qualcuno cerca di far fuori sir James, salvato dallo stesso Malone che si lancia all'inseguimento del killer.

I rapporti tra il poliziotto e il diplomatico presto migliorano; ospitato in villa, il primo conosce la moglie del secondo e la sua bella segretaria (Sparv), ma non solo; anche altri personaggi che non si capisce bene quale ruolo avranno nella vicenda, speziata di spionaggio internazionale e a tratti piuttosto confusa. Ad ogni modo la storia si segue e contrappone Malone a uomini che mostrano di avere la seria intenzione di eliminare sir James. Dopo un'introduzione che ce lo mostra alle prese con ladri da quattro soldi nel deserto australiano, in un clima decisamente afoso (si notano le tragiche, sudatissime ascelle di tutti), Malone mostra già la risolutezza di un carattere granitico a colloquio col ministro. Non gli basterà per evitare la trasferta londinese, durante la quale la sua personalità avrà modo di imporsi attirando le attenzioni delle belle donne che ronzano intorno all'elegantissimo, rispettoso e corretto sir James, cui Plummer regala tutta la sua classe. In villa anche Clive "fin qui e non oltre" Revill nel ruolo del maggiordomo poco avvezzo ai comportamenti non sempre “ortodossi” dell'australiano.

La sceneggiatura ha buoni momenti ed è scritta con mano piuttosto felice, ma a difettare è la regia di Ralph Thomas, non fiacca ma priva di scene che riescano a catalizzare l'attenzione. Anche in quella "hitchcockiana" sul Grand Centre di Wimbledon (dove si sta svolgendo un'importante partita di tennis) non si riesce a respirare la necessaria tensione, col risultato di trovarsi di fronte a un action spionistico piuttosto spento, rigidamente british, che nonostante un buon lavoro d'insieme scarsamente coinvolge.

Rod Taylor ha comunque la faccia giusta per il ruolo, quella del poliziotto un po' rozzo e fuori luogo ma che sa come comportarsi nell'alta società senza sfigurare, grazie all'acutezza e alle pronte risposte. Qualche scazzottata di troppo (in cui Malone spesso le prende), una femme fatale dagli occhi di fuoco come l'israeliana Daliah Lavi (volto baviano e rondiano di un 1963 italiano per lei memorabile), un flavour fine Sessanta molto chic ma una storia condotta in modo anonimo e asettico, ben recitata quanto anodina.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 13/06/25 DAL DAVINOTTI
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Nicola81 16/06/25 17:47 - 3011 commenti

I gusti di Nicola81

Le esagerazioni alla James Bond vengono opportunamente evitate in favore di un approccio più realistico, ma la regia di Thomas risulta poco incisiva, rischiando di relegare questo film di spionaggio a un anonimato che invece non meriterebbe, perché la storia non è banale ma neppure cervellotica e il cast azzeccato: se Plummer procede con il pilota automatico, Taylor rende bene la risolutezza del poliziotto rurale catapultato in un contesto a lui estraneo, il trio di attrici (elegante Palmer, solare Parvis, conturbante Lavi) è ben assortito. Discrete le musiche di Georges Delerue.

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