Moglie, marito e i loro due figli nell'aspra quotidianità di un isola deserta, spezzata da un terribile lutto. Il Ricomincio da capo di Shindo è un memorabile pamphlet filosofico ad altissimo coefficiente di sperimentalismo. Il regista di Onibaba sfugge però ogni pretenziosa supponenza restituendoci un cinema bressoniano, in cui il silenzio, il reiterarsi di gesti e azioni, non inaridisce in sterile tediosità ma mette di fronte lo spettatore, quasi suo malgrado, a una compartecipazione straniata, che innesca riflessioni plurime sul confronto Uomo-Natura.
MEMORABILE: La scena, infinite volte ripresa, del faticoso portare l'acqua lungo il terreno impervio; Lo schiaffo del marito alla moglie.
Straordinario e splendido film in cui Shindo vince la scommessa di raccontare una storia totalmente priva di dialoghi eppure di avvincere lo spettatore ed addirittura di commuoverlo. Ciò perché il narrato richiama situazioni e sentimenti che, nella
loro semplicità, palesano una universalità che va al di là di qualsiasi barriera e differenza linguistica e culturale. Splendide le ambientazioni e la fotografia; fondamentale, come quasi mai altrove, la colonna sonora e semplicemente perfetti i quattro
protagonisti. Assolutamente da riscoprire e da vedere e rivedere.
Coppia di contadini semina in un'isola senz'acqua. Approccio documentaristico per narrare lo sforzo titanico e quotidiano di coltivare una terra ostile. I protagonisti sembrano formiche operose in un contesto di sacrificio, comunque (quasi sempre) sopportato. Il prezzo da pagare è alto ma infonde ammirazione in chi guarda. Filosofia del lavoro, una buona fotografia e fondo musicale da approccio zen.
MEMORABILE: Il televisore in vetrina; Il funerale coi bambini; La sberla per aver rovesciato l'acqua.
La determinazione con cui la famiglia di contadini coltiva un fazzoletto di terra su un’isoletta portando l’acqua da oltre il mare è sconcertante, illogica... ipnotica. Da non vedere con lo sguardo neorealista a cui pure si rifà, ma con quello di Flaherty del poema della lotta dell’uomo contro le avversità della natura. Film dolce, stemperato da un b/n delicato e da una musica suadente, eppure aspro e tagliente. Una parabola spirituale o una favola orientale, che stempera il mito di Sisifo nell’umile dialogo dell’umanità con la Storia.
Una coppia con due bambini vive su un'isoletta priva di sorgenti, impiegando buona parte del tempo a far la spola con le isole maggiori per trasportare l'acqua necessaria per irrigare le modeste coltivazioni da cui dipende il loro sostentamento... Il film all'inizio lascia perplessi perché è difficile comprendere l'ostinazione a vivere su un terra tanto ingrata, ma infine commuove come parabola dello sforzo incessante dell'umanità per sopravvivere anche in ambienti ostili. Bella la fotografia, ariosa la colonna sonora, interpreti validi che non fanno avvertire l'assenza di dialoghi.
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