Buiomega71 • 1/06/24 10:19
Consigliere - 27151 interventiOrmai il buon Rob non ha più nulla da dire sulla famiglia Firefly (e non poteva essere altrimenti, visto il finale epico e distruttivo del fulminante e straordinario
secondo capitolo) e in più si trova con le braghe di tela, dopo aver mandato a quel paese le case di produzione (BlumHouse, Lionsgate) che le suggerivano di "fare un pò il bravo", al grido di "Io faccio quello che voglio, motherfucker!" (vedi
31).
La Lionsgate le concede ancora un finanziamento , ma piuttosto miscragnoso (e si vede che mancano i soldi) e le impone di riprendere in mano le vicende della famigerata family da lui creata.
Si nota che Rob è svogliato, che c'ha un budget delle merendine e soprattutto che poco ha da raccontare (difatto sembra più un remake , che nemmeno un sequel, della
Casa del diavolo, home invasion alla
La casa sperduta nel parco, che ripropone, con quasi la stessa efferatezza, quella della stanza del motel, vendetta innescata-al posto dello sceriffo bastardo e sadico di William Forsythe c'è un anonimo e paffutello cartello della droga- e titoli di coda su colline, strade e grandi spazi infiniti, che alla fine sfumano su note martellanti pseudocarpenteriane).
Inizia come un reportage giornalistico sulle vicissitudini giudiziarie dei tre sadici assassini, del tutto uguali al richiamo mediatico che ebbe la "family" Mansoniana, con riprese videoamatoriali tanto giusto per andare al risparmio, poi una fuga penitenziaria alla
48 ore, nel mezzo un pò di morti ammazzati e, infine, via in Messico a onorare lo
zio Sam (formiche rosse comprese) , in un tamarro calderone action tra sparatorie splatter (coi colpi in arrivo in una brutta CG), Sheri Moon vestita da indiana che scocca frecce (una ripresa ardimentosa raiminiana , in soggettiva, di una freccia lanciata è a dir poco imbarazzante), nani, brutti ceffi, duelli a colpi di machete e gang criminose con la maschera del Luchador di un'imbranataggine che smuove al sorriso, dove a Rob gli esce una versione poveristica, fuori tempo massimo e goffa di
C'era una volta in Messico.
Sheri Moon costantemente sopra le righe tra smorfiette e vocine stridule, una fotografia sporca che vorrebbe rimandare ai grindhouse degli anni 70, le solite sozzure zombiane (prostitute messicane ben poco attraenti in nudi integrali sgradevoli, lerci postriboli, Bill Moseley sbronzo che orina ovunque, un cane che trotterella senza una zampa, grugni da galera e un Messico brutto, sporco e puzzoso), le tipiche citazioni cinefile (non male quella di
Ore disperate,
Lugosi e
Chaney che passano sugli schermi in televisione) e l'insistito feticismo di Rob per i piedini sporchi di Sheri Moon.
Rob prende di mezzo il WIP cormaniano (bellissima e tostissima, però, la scena di Sheri Moon braccata da un paio di mostruose carcerate) dove dona a Dee Wallace (secondina "jessfranchiana" dai repressi gusti lesbo) un'assolo straordinario, immerge il tutto ancora in stop frame, ralenti (l'entrara in scena di Sheri Moon incatenata e scortata dalle guardie penitenziarie femminili, come l'apparizione del gigantesco Michael del primo
Hallowen in un momento fac simile ), split screen, notevoli pezzi in colonna sonora e fa di necessità semi virtù.
Gore frenato e occultato (uno spellamento facciale off screen), qualche coltellata più o meno sanguinosa e anche Wayne Toth lavora al risparmio nel reparto SFX (più per amicizia che per altro).
In mezzo al marasma scombiccherato di un autore frenato dai suoi deliri visivi, dalla mancanza di pecunia e anche un pò dalla svogliatezza, si salvano tre momenti dove salta fuori l'estro-non del tutto sopito e non del tutto spacciato-del miglior Zombie: il clown (
31?) che si fa letteralmente pipì addosso quando Bill Moseley le punta la pistola in fronte, l'isterico, grottesco, ferocissimo e sanguinoso massacro casalingo sulle note di
It's a Sin to tell a lie e, soprattutto, la visione favolistica dark che sovviene di notte a Sheri Moon, chiusa in cella, di una ballerina con la maschera da gattina che danza, in una cornice virata seppia, sotto la neve, in un attimo fiabesco che sbalordisce per gli scampoli visionari che Rob ancora possiede e che rimandano a quel meraviglioso e allucinogeno sogno/incubo/surreale che è
Halloween 2.
Per il resto pare un filmettino fatto in famiglia, in fretta e furia, dove si avverte la decadenza di un'autore che sembra ormai spacciato, disilluso, e copia carbone di sè stesso.
Si potrebbe riassumere così la trilogia della famiglia Firefly:
La casa dei 1000 corpi: Rob fa un film dove nel calderone pagliaccesco ci butta dentro tutto quello che gli piace.
La casa del diavolo: è la quintessenza di Rob, dove viene fuori la sua vera poetica da gran "westerman" sputato dall'inferno.
3 from hell: uno stanco, e anche fondamentalmente inutile, rewatch dove Rob è la pallida ombra di sè stesso.
Per carità, nella durata di 110 minuti il filmetto è anche divertente, ma i veri Firefly e la vera essenza zombiana sono finiti su quella strada assolata, sulle note di
Free bird, con i corpi crivellati di colpi in un'epicità
penniana irripetibile, anche per Rob stesso.
Herrkinski, Pesten
Jena, Puppigallo
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