Buiomega71 • 6/05/23 09:46
Consigliere - 27145 interventiPer chi scrive uno dei migliori "pandemic movie" del nuovo millenio (visto oggi così terribilmente profetico e realistico dopo quello che abbiamo passato), senza zombi (finalmente) o rabbiosi infetti che siano.
Di una ferocia, di una cattiveria e di un cinismo a dir poco lancinanti (l'abbandono della tenerissima bimba infetta e del suo papà, Bobby, contaminata dal virus, lasciata al suo triste destino in mezzo alla strada, il medico ormai corroso dalla malattia che somministra potassio ad un gruppo di bambini ormai spacciati, in una stanza asettica "ospedaliera" da incubo, così simile a quella di
Coma profondo, l'impietoso racconto sulle fosse comuni), dove la pietà umana rimane solo un ricordo, verso un Eden (la proverbiale ultima spiaggia "incontaminata") che resta un'illusione in mezzo a tanto orrore.
On the road per la sopravvivenza che a volte ricorda la parte "sulla strada" di
Effetto black-out, tra
I sopravvissuti e qualcosa del Danny Boyle di
28 giorni dopo (il gruppo di uomini in tuta protettiva e maschere che vogliono tenersi le due ragazze del quartetto e le umiliano facendole spogliare con la scusa di controllare se hanno contratto la malattia) che non lascia un'attimo di respiro per la sua tensione galoppante (e la sua breve durata), splendidamente fotografato dal noeiano Benoit Debie.
Improvvisi momenti di violenza splatter (lo scontro a fuoco con le due zitelle in automobile), altri decisamente disturbanti (la vecchia mummificata sulla sedia che imbraccia un fucile, il cane che divora le viscere del suo padrone morto nel letto, l'incubo "zombesco" tra le lenzuola, la mascherina insanguinata indossata dalla bambina infetta) e una narrazione implacabile perfettamente gestita dai due fratelli spagnoli.
E l'arrivo al motel disabitato con quella piscina che trasuda marciume e cadaveri galleggianti mi ha ricordato
L'occhio nel triangolo.
Straordinario (per potenza visiva e apocalittica suggestione) l'arrivo nel desolato e spettrale paesino texano con i camion della spazzatura zeppi di corpi umani chiusi nei sacchi e la fattoria apparantemente abbandonata alla
Non aprite quella porta.
Ottimo il cast (su tutti Lou Taylor Pucci, sempre in conflitto con la sua parte umana e sensibile, rispetto al cinismo del fratello) e un agorafobia da fine del mondo che mette davvero i brividi.
Impressionanti, poi, i cadaveri devastati dal virus ad opera del cronenberghiano Stephan Dupuis.
Per il sottoscritto un gioiellino pandemico da non mancare.
Buiomega71
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