Bennie è un desperado che accetta un incarico pazzesco: portare a un dispotico possidente messicano la testa di Alfredo Garcia, che gli ha messo incinta la figlia. All'inizio l'ordine è metaforico, ma poiché Garcia è morto Bennie decide di prenderlo alla lettera e di recapitare la capoccia, solo che non è l'unico in lizza... Straordinario "western" contemporaneo del grande Sam al culmine della sua rabbia: crudo, brutale, disperato, indimenticabile. Warren Oates giganteggia, ma il resto del cast non è da meno. Capolavoro.
Grande western in chiave moderna di Sam Peckimpah, uno di quei registi che non sbagliava mai e sfornava capolavori a profusione. Qui assistiamo alla vicenda di un signorotto messicano il quale, quando scopre la figlia incinta, chiede ai suoi uomini la testa dell'autore del fattaccio offrendo una lauta ricompensa; un suonatore da pianobar dall'oscuro passato accetta il compito diciamo... fin troppo alla lettera.
Violento,sporco,mai noioso,con un Warren Oates ora stronzo ora romantico..CAPOLAVORO.
MEMORABILE: Gli esilaranti ma anche tragici dialoghi con la testa.
Western moderno incredibilmente disperato e pessimista. Ottima l'interpretazione di Warren Oates, buono l'approfondimento dei personaggi, magistralmente dirette le sparatorie (come in tutti i film di Peckinpah) e memorabili i monologhi del protagonista di fronte al sacco. Peccato solo per la lentezza del ritmo (evidente soprattutto nel primo tempo) e per una sequenza (quella del tentato stupro) decisamente inutile nell'economia della storia. Con qualche accorgimento in più poteva diventare un capolavoro, così è soltanto un buon film.
Insieme a Il Mucchio Selvaggio il punto più alto toccato dall'indimenticabile Sam
Peckinpah nella sua carriera. Diretta con gran senso dell'azione, sopratutto nelle varie scene di sparatorie e stragi, la pellicola è una sorta di storia d'amore tra Bennie, un disperato suonatore di pianobar e la sua fidanzata. Warren Oates nei panni di Bennie è semplicemente straordinario e offre la sua più bella interpretazione di sempre. Al suo
fianco bravissimi anche la Vega e, sopratutto, Gig Young e Webber.
MEMORABILE: Bennie e la sua donna al cimitero; Bennie che bracca e fa fuori i suoi rivali; La strage dei parenti di Garcia e quella successiva; Il drammatico finale.
A tratti straordinario, specie nella bellissima seconda parte e con un finale epico e da antologia in pieno stile Peckinpah, il film sconta, purtroppo, una prima parte troppo lenta e "facile" che non è certo all'altezza del suo regista. Tuttavia, pur nella sua discontinuità, è un film piacevole e godibile con alcune scene, girate con la solita maestria, che non si dimenticano facilmente. Memorabili i "dialoghi" tra il protagonista e la testa di Al che viene portata "allegramente" in giro.
Chi crederebbe che questo film all'epoca venne classificato come uno dei dieci peggiori mai girati nella storia? Certo, in Peckinpah e specie in questo film il ridicolo, per accumulo di esasperazione, sembra sempre lì lì a venire ma Oates (carattere qui elevato a protagonista) fornisce le spoglie di una figura tragica e dolente con riscatto finale. Storia paradigmatica di ogni loser che si rispetti.
Film truculento, misogino, eccessivo e geniale; sotto la scorza di una violenza estrema e (per molti) insostenibile nasconde l'anima segreta di Peckinpah: quella romantica. Lo sporco antieroe interpretato splendidamente da Warren Oates alla fine si riscatterà, come de resto si era riscattato il mucchio selvaggio morendo in una battaglia assolutamente impari. La violenza è soltanto la malinconica risposta del protagonista che sa di appartenere ad un mondo in via di sparizione.
MEMORABILE: La "testa" di questa strada è qui... Dovete prendervela!
Assoluto capolavoro di Bloody Sam. Una discesa negli inferi senza ritorno anche grazie alla magistrale prova attoriale del grande Warren Oates che imitò persino nel vestire proprio Peckinpah. Molto probabilmente nella storia del cinema non si è mai visto un Messico così impolverato, sporco e pieno di uomini senza scrupoli fare da sfondo ad una vicenda che definire da brividi è un eufemismo. A mio avviso un "horror" on the road con molte scene da antologia. Forse il miglior film di Sam Peckinpah!
MEMORABILE: Quando Benny (Warren Oates) mette del ghiaccio nel sacco contenente la testa piena di mosche.
Autoreferenziale e compilativo. Ad una prima parte, affetta da una lentezza prossima al torpore, si contrappone la seconda, assai animata per lo humour nero (le conversazioni con la testa mozzata) e per quelle scenografiche sparatorie che comunque nulla aggiungono a quanto già ammirato nelle precedenti opere di Peckinpah. Notevoli Oates, sbandato pianista votato al cupio dissolvi, il duo Webber-Young, e la fotografia del paesaggio messicano.
Ad un certo punto ho cominciato a sentire un odore pungente dentro casa e mi è venuta una strana voglia di Tequila tanta è stata la bravura di Peckinpah nel disegnare un Messico anni '70 violento e maschilista. Grande la prova di Oates che dà vita ad un personaggio amaro e destinato alla sconfitta ma che non rinuncia mai alla propria dignità. Ottimo film che cresce e diventa via via più profondo e doloroso (tra deliri e teste mozzate). Una via di mezzo tra la convulsione (eccessiva) del Mucchio selvaggio e la violenta misoginia del Cane di paglia.
Sembrava un vecchio western in tutto e per tutto, ma poi ecco decollare aerei e partire automobili. Si tratta di una singolare caccia (vista la sorte della preda), che il protagonista affronterà, prima con il solo scopo di spillare soldi, ma poi...La riuscita della pellicola è proprio dovuta al protagonista, che lo spettatore impara a conoscere poco alla volta, a ritmi non sempre sostenuti e con qualche lungaggine, ma con un epilogo che, pur sembrando un po' eccessivo (nonostante gli ultimi fotogrammi riportino alla realtà di una simile azione), darà più di una scossa.
MEMORABILE: "Portaci la testa". E il protagonista: "Voglio 5000 dollari anticipati per le spese". Risposta: "Mica gli devi pagare il funerale".
Commento con gioia questo particolarissimo e furibondo prodotto. Ci sono elementi d'avanguardia, nascosti nella storia di passione "latina". La vendetta, facile sulla carta, poi diventa un disastro. Recitato con stile ossessivo, necessario per caricare il finale come un grilletto, che al termine della sua corsa, scarica l'inverosimile. Anche se il proiettile cade, infine, i danni sono fatti ed è la fine di tutto. Ci sono tutti gli ingredienti per costruire armi e munizioni: regia impeccabile, trama convincente, professionisti della recitazione... bang!
Peckinpah torna in Messico, ma l'aura di tragedia che incombeva sul Mucchio di Pike Bishop ha lasciato il posto al meschino arrivismo di un pianista fallito, che prova a fregare un possidente e i suoi scagnozzi. Inizio insostenibile per inutilità, svolgimento poco plausibile, personaggi improbabili (a parte la Vega, brava). Il tutto fino alla conclusione, che ha un suo fascino sinistro e, per me, inspiegabile. Un altro "let's go", un altro massacro. Qui la lealtà non va ai compagni o all'onore. Va alla testa mozzata di un balordo. Forse c'è un significato.
Western moderno con una prima parte lenta che serve a far appassionare alla storia e a un personaggio classico di uomo avido senza nulla (o quasi) da perdere. La seconda, poi, è completamente d'azione, violenta e veloce come nel classico stile di Peckinpah e il montaggio serrato dà al tutto uno stile ancora più duro. Memorabile l'interpretazione di Oates così come il finale teso e violento. Buone comparsate per Kristofferson, Young e Webber.
MEMORABILE: "Sono morte 16 persone per te, per lui e per me... e ad una di queste volevo molto bene"
Tutti la cercano questa benedetta testa, ma va detto che fino a quando anche lei decide di prendere posto in macchina il film viaggia su binari abbastanza noiosi. Il tono è scanzonato (come i vestiti del protagonista), i personaggi non son male ma lo sviluppo della storia traballa. Nell'ultima mezzora si risolleva, specie per i dialoghi tra Bennie e la testa stessa e il finale è buono.
Il tema del riscatto dei perdenti sembra caro a Peckinpah, che già in Cane di paglia aveva chiuso con una escalation di violenza. Qui la rende più impulsiva e la inserisce in un contesto di western moderno, con una conduzione sempre d'autore ma che nella prima parte soffre di diverse pause d'intensità. Nella seconda il ritmo cresce e sostiene la lunga serie di sconclusionate sparatorie, che però non riescono ad aumentare la tensione. Tra gli attori molto bene Isela Vega.
Sottospecie di western. Sam Peckinpah ha girato ottimi film e difficilmente ha deluso. Voglio la testa di Garcia è una bellissima storia di vendetta, amore e pentimento. Grande tecnica nella regia, azione ai massimi livelli. Warren Oates è bravissimo.
3/4 dei film di Peckinpah meritano un posto nel firmamento cinematografico; le sue pellicole non si sono mai piegate al buonismo, il più delle volte ipocrita, che già ai quei tempi insudiciava il cinema Usa. I compromessi non sono stati il suo forte e forse per questo il qui presente film non ha mai riscosso le lodi che merita. Esso è forse il più estremo, disilluso e violento tentativo di mettere in immagini quell'universo borderline comune a tutte le produzioni del regista. Amaro, nostalgico, decadente... o lo si ama o lo si odia. Io amo.
Peckinpah, pur ambientando la storia negli anni '70 (epoca in cui girò il film), ci ripropone l'ennesimo western moderno con tanto di protagonisti perdenti. La pellicola non è certo tra le meglio riuscite del grande regista, ma nel complesso è discreta e si segue con interesse, anche grazie alle interpretazioni di Oates e della Vega. Il ritmo lento viene ravvivato da alcuni momenti di violenza tipici del nostro. **!
Antimitico e antieroico spaccato di vite dove Peckinpah pedina e racconta la miseria sottoforma di percorso e ballata on the road trasognante, violenta e passionale. La deriva di Bennie è nefandezza e orgoglio, opportunismo e vendetta, disillusione e illusione (spezzata) d’amore. Sguardo sporchissimo e spietato, senza speranza, su un’umanità mossa solo da inganni, cinismo e avidità; un’umanità putrefatta e ricoperta di polvere e terra dove comanda solo la legge del più scaltro. Otes maschera “da canaglia” perfetta. Gran film.
Potente film alla Peckinpah dove si vive come si uccide, estemporaneamente. Un western dei tempi moderni dove un "fazenderos" messicano offre un milione di dollari per la testa di colui che ha ingravidato la figlia. Il racconto scorre vie liscio e appassionante. Fantastica l'idea della testa che viene portata dovunque come cosa viva. Buono Oates e particolare la parte di "Elita", ben interpretata da Isela Vega.
Uno dei film di cui Peckinpah si vantava di aver avuto il controllo completo. Un western moderno calato in un'atmosfera macabra, sporca e pessimista con improvvise esplosioni di violenza e sparatorie sanguinose e spietate. Ambientato nella patria spirituale del regista (il Messico) e con un Warren Oates straordinario che regge tutto sulle sue spalle. Tra i migliori lavori del grande Bloody Sam.
Il film più cupo e disperato di Peckinpah. Un western moderno ambientato in un Messico sordido lontano dalla stereotipata immagine da cartolina, metafora di una società ormai dominata dal Dio denaro. La incertezze della prima parte sono ampiamente superate dal macabro regolamento di conti on the road della seconda. Grande Oates che dopo una vita da caratterista diventa protagonista assoluto grazie al suo regista di culto (un po' come il John Lithgow di Doppia personalità per DePalma). Perfetta anche la coppia Webber-Young con connotazioni gay.
MEMORABILE: Il finale con la bocca del fucile che continua a sparare in primo piano; Le grazie della Vega; I deliranti dialoghi tra il protagonista e la testa.
Tra i film più grotteschi realizzati da Peckinpah; non solo per la follia della storia ma anche e soprattutto per il modo in cui essa viene raccontata. Il protagonista è ancora una volta un antieroe che cerca nella maniera più assurda di riscattare la propria esistenza. Nella seconda parte, in particolare, viene fuori il marcio più degenerato che solo un Peckinpah poteva avere il coraggio di affrontare e gestire in assoluta autonomia. La chiusura non poteva avere un esito differente e chiude il cerchio in maniera ineluttabile.
Un Peckinpah abbastanza telefonato e di alterna efficacia, che non pecca tanto nel tratteggio di uno sbandato al di fuori d’ogni ruolo sociale, ma degli ambienti in cui agiscono tutti i personaggi. Sia la famiglia messicana di Fernandez (di un cattolicesimo macchiettistico) che il giro di perdenti in cui galleggia il protagonista risultano prevedibili. La prima parte indugia troppo in essi; più mossa la seconda, a volte macabra e delirante, in cui Oates primeggia coi suoi bofonchiamenti prima di chiudere il sipario con l’epico bullet ballet (il marchio di fabbrica autoriale).
Pianista messicano deve consegnare una testa (letteralmente) per avere una ricompensa. Ambientazioni da western polveroso per una storia di onore violato e una sottotraccia amorosa. Oates regge bene il ruolo da simil giustiziere e da perdente. Piuttosto macabro l'oggetto del film e poco verosimile il trasporto di un pezzo di corpo in putrefazione. Discreti i momenti di coppia e inutile la parentesi con Kristofferson. Peckinpah sa dare le giuste accelerazioni e inquadra da par suo le varie sparatorie.
MEMORABILE: La richiesta di matrimonio; Le mosche in auto; Mezzi sotterrati al cimitero.
Ricco possidente promette un milione di dollari a chi gli porterà la testa del tizio che ha messo incinta sua figlia, ignorando che è già morto e sepolto... Pochi film sanno trasmettere come questo una sensazione di disagio fisico: tra caldo, sudore, polvere, pare quasi di avvertire l'odore maleodorante della testa mozzata con cui dialoga Warren Oates, qui alla sua migliore interpretazione. Opera imperfetta, sbilanciata tra la prima parte interlocutoria e la seconda febbrile, ma profondamente pechinpahiana in quanto esprime tutto il pessimismo intriso di ironia del regista.
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Alla faccia dei sottotitoli! A un certo punto, dopo che i due interlocutori hanno finito di parlare (tutto doppiato in italiano), uno dice: "Adios". E sotto compare: "Arrivederci". Ora, capisco l'essere minuziosi e precisi, ma credo che neanche il mio trisavolo non sapesse il significato di adios.
HomevideoRocchiola • 26/04/17 12:15 Call center Davinotti - 1318 interventi
Il bluray Koch Media presenta una buona definizione ma con tutta probabilità utilizza lo stesso master del DVD MGM che è stato semplicemente riproposto in alta definizione senza beneficiare di un adeguata opera di restauro.
Infatti da un confronto tra i due supporti si evince che il bluray presenta sicuramente una maggiore definizione ma anche diverse imperfezioni (puntinature, segni vari)già alla base del DVD.
In ogni caso un prodotto più che discreto, ben accetto soprattutto dopo che il DVD è andato fuori catalogo.
HomevideoRocchiola • 20/11/20 09:28 Call center Davinotti - 1318 interventi
Rivisto il BD in questione su nuovo schermo ambilight da 55 pollici. Confermo quanto detto sopra sull'utilizzo di un master non restaurato che presenta durante tutta la durata lievi spuntinature e graffi. La definizione su schermo grande mostra qualche pecca con alcune scene più particolareggiate ed incisive ed altre più blande e anonime. Colorazione non troppo viva ma equilibrata. Audio italiano discretamente potente e pulito. In ogni caso un prodotto da conservare perchè questo cult-movie difficilmente beneficerà di ulteriori edizioni in HD sul suolo italico.