Un libro è un oggetto. Cambia in base alla prospettiva. Un film è un accadimento, ha la persistenza del tempo. E l'identità dei corpi - tangibili - che lo abitano? Al centro dell'ultimo Assayas c'è il corpo di Juliette Binoche, terso, mutevole, disarmante testimone dell'autenticità che scuote le fondamenta della rappresentazione. E ci sono almeno quattro grandi film che gli fanno capo: Eva contro Eva, Persona, La sera della prima, Petra Von Kant. Li contempla tutti, li reinterpreta senza mai assumerne le forme, restando limpido, sincero, provocatore come il corpo nudo di Juliette Binoche.
MEMORABILE: "Non possiamo permetterci rimpianti: siamo la somma delle nostre esperienze".
Film con una sua vis drammatica legata principalmente all'impianto teatrale che, come in molte altre circostanze (Venere in pelliccia il primo che mi salta alla mente), permea il testo al punto da rendere indistinguibile realtà e finzione e trascesi i personaggi. La coppia Binoche/Stewart funziona benissimo e si muove bene su un fondale spettacolare mentre il dramma si insinua nel loro rapporto come un serpente del Maloja.
Ennesima occasione mancata del cinema contemporaneo, che per quasi tutta la durata sfiora il capolavoro tra belle ambientazioni, regia rigorosa, grandi interpretazioni, un'intensità e una finezza psicologica degne di Persona di Bergman (che pare Assayas tenga ben a mente). Poi quando il pathos sta raggiungendo il culmine il film si tronca (su un'ottima sequenza, va ammesso) e ci viene propinato un "epilogo" che epilogo in realtà non è, che tira a mo' di chewingum la meno interessante delle linee narrative. Nel complesso buono, ma che peccato!
Il titolo del film ha un preciso riferimento: il fenomeno del movimento delle nuvole (lo snake) nella vallata dove c'è appunto il paese di Sils Maria. Un fenomeno che si ripete costantemente, come costantemente si ripete il fenomeno della vita umana. Maria si chiama anche la protagonista, una donna che è anche un'attrice e, in quanto tale, può vivere nel suo interiore diverse vite. Ma la vita è una sola e per una donna il bivio dei quarant'anni è sempre importante e può essere vissuto in diversi modi. Cambiando personaggio, per esempio.
Assayas omaggia e ricalca, per certi versi, alcune pellicole classiche (Eva contro Eva, su tutti) e lo fa con un film che si segnala soprattutto per una scrittura raffinata e particolarmente riuscita nel mescolare i vari piani narrativi e per le prove degli attori con una Binoche superba ma anche con le sorprese Stewart e Moretz. Molto intrigante e per nulla semplice come potrebbe sembrare in apparenza: andrebbe visto più di una volta per gustarlo appieno e per apprezzare tutte le sue sfaccettature e sottigliezze.
Un'attrice non più giovane interpreta in un ruolo diverso una pièce teatrale già recitata in passato. Assayas dirige un film (la cui storia si svolge in un contesto naturale di grande bellezza) che parla del rapporto tra gli interpreti e i loro personaggi e dell'interiorità e della frequente fragilità umana degli attori. Il film presenta due figure di donna complesse e ben caratterizzate, interpretate con bravura da Juliette Binoche e Kristen Stewart. È quest'ultima, che rivela un'insospettata maturità artistica, la sorpresa di un buon film.
Regista mai banale e che vuole costruire i suoi personaggi con accuratezza ed eleganza, Assayas eccede in questo lavoro con la verbosità tra le due protagoniste e alcuni passaggi che aggiungono poco al narrato. In parte le tre attrici con una Moretz che, a parte qualche sorrisino forzato, pare ben maturare. Di impatto le panoramiche sui cantoni svizzeri.
Attrice di successo dopo 20 anni che misurarsi con lo stesso testo teatrale che segnò il suo esordio, ma in un personaggio contrapposto a quello originale. Per prepararsi al ruolo, si rifugia in un isolato chalet svizzero in compagnia della propria giovane assistente... In una cornice ambientale di grande fascino, Assayas mette in scena un confronto a due sulla distanza fra realtà e rappresentazione, complicata dalla difficoltà di accettare l'inevitabile trascorrere del tempo. Temi già più volte affrontati, qui resi interessanti da una scrittura raffinata e dalla prova di Binoche.
MEMORABILE: All'alba, sul crinale della montagna, lo spettacolo del "serpente" di nebbia che avanza lungo la vallata
Come ogni cinefilo che si comandi, mi confesso amante di qualsiasi mise en abyme metacinematografica, perversione però che conosce le sue repulsioni e le proprie diffidenze. Ecco: il film di Assayas è una di quelle opere la cui perfezione formale, la cui fin troppo geometrica vertigine semiotica, "suona ai miei occhi" se non insincera certo come mancante di quel quid di ingenuità che pure è l'anima d'ogni parabola filmica. Ciò detto, pur nella sua programmaticità, Sils Maria possiede consapevole potenza, con una Stewart di bellezza e bravura sbigottenti
MEMORABILE: La "sparizione" in stile L'avventura di Valentine; La parte finale con la Binoche sempre più ai margini della scena e del film.
Buon film, ottimamente interpretato sia dalla Binoche che dalla Stewart, con una splendida ambientazione ben fotografata. Non tutto però gira alla perfezione, perché comunque il rapporto tra le due protagoniste è un po' monotono e alla lunga stanca leggermente. Comunque la messa in scena è convincente e la pellicola merita sicuramente la visione (forse anche più d'una). La prima mezz'ora è quella che mi ha convinto di più, poi il film cala un po', pur rimanendo sicuramente su di un buon livello.
MEMORABILE: Le scene documentaristiche tratte da "Das Wolkenphänomen von Maloja".
Interessante fusione di realtà e finzione nella quale il regista cerca di indagare a fondo sulla costruzione di un personaggio da parte di un'attrice che rischia di farsi fagocitare da questo. Nonostante una durata lunga il film non stanca, perché si guarda con curiosità per capire dove si andrà a finire nel rapporto tra le due protagoniste, entrambe in parte e molto naturali. Non manca anche una certa ironia nel parlare della Hollywood più commerciale, ma a prevalere è un'atmosfera rarefatta e a tratti quasi angosciante. Buono.
Ambizioso il regista Assayas nel proporre una sceneggiatura su una specie di inversione di ruolo e nel farci riflettere a livello esistenziale. A tratti funziona, ma se la Stewart ruba la scena praticamente sempre alla Binoche, qualche problema di scrittura esiste. Scopiazzamento dello stile di Antonioni nell'idea della sparizione della Stewart, ma appare una scelta maldestra data la location montana. Epilogo di facile lettura, indubbiamente coi tempi giusti.
MEMORABILE: Le risate sul film di fantascienza; L'ultimo tentativo della Binoche di dare importanza al suo personaggio.
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