"Puttana galera" è il ritornello della canzone intonata dai detenuti del carcere di Monte Ventoso (in realtà quello borbonico di Stanto Stefano, sull'omonima minuscola isola di fronte a Ventotene), sorta di Alcatraz de noaltri dove però l'atmosfera pare molto più rilassata. C'è un buon rapporto coi secondini e i prigionieri si tuffano a cercare ostriche (con la musica e le riprese subacquee che quasi ricordano i film di squali). Il più in vista tra questi ultimi è colui che tutti chiamano il "Colonnello" (Leroy), ex militare di gran carisma, dall'aria serafica e amichevole, mentre il più esuberante Marpione (Arena,...Leggi tutto doppiato alla Monnezza da Ferruccio Amendola) occupa la scena più di tutti, con Ciro (Citti) che fa invece lo specializzato in immersioni. Al largo dell'isola staziona uno yacht dove un trafficante d'armi, tale Vangelli (Pellegrin), si appresta a concludere un affare. Come si relazionano le due cose? Non ce lo dice nessuno, inizialmente, perché lo scopo è quello di interessare lo spettatore a un piano misterioso che il Colonnello sta studiando da tempo e di cui non si afferrano i contorni. Capiamo che ci sono di mezzo dei soldi, che coinvolgerà un piccolo gruppo di persone, ma ci vuole del tempo prima di realizzare a cosa puntino i nostri. D'altra parte è anche su questa sorpresa che il film basa la sua relativa suspense perdendosi nel frattempo a raccontare un po' di vita carceraria, lontano comunque dalla ruvidezza dei drammatici in tema. L'approccio è infatti più da commedia, pur se non mancano parentesi a loro modo tese (la fuga improvvisa di Ernesto Colli), mentre dalla metà in poi si concretizzerà finalmente il piano, nel quale avranno una parte a sorpresa persino i pescatori di frodo dei dintorni. Sullo yacht intanto (tra gli ospiti anche la bella Dagmar Lassander) le trattative proseguono, alternate alle piccole avventure sull'isola (dove a un certo punto sbarcheranno nuovi detenuti e persino un carico di donne per rendere meno pesante il soggiorno forzato degli allegri prigionieri). Un'ambientazione insolita per un film che recupera certe idee alla PAPILLON (e un'isola alla FARFALLON, che era ambientato nella vicina Procida), con un simpatico protagonista non troppo ingombrante e una leggerezza che connota bene le modeste ambizioni di un film poco memorabile e che sfrutta non esattamente al meglio un'idea discreta (il singolare piano) e un finale a suo modo brillante. Se il soggetto infatti alcune frecce al suo arco le aveva, sceneggiatura e dialoghi lasciano alquanto a desiderare confinando il tutto nell'orbita dei b-movies complessivamente superflui (se non fosse per il titolo epocale) e confezionati in evidente carenza di budget. Peccato perché il cast non era affatto male e l'atmosfera insolitamente scanzonata è a suo modo centrata. Divertente il detenuto-fachiro che sta sempre a testa in giù, di un certo fascino le scogliere sul mare dell'isola di Santo Stefano.
Colpo miliardario messo a segno da un gruppo di detenuti rinchiusi in una prigione gestita piuttosto liberamente. Al di là della trama, il tono generale della pellicola è decisamente scanzonato, e la descrizione di questo strano carcere dove i detenuti sono praticamente in semi-libertà e la sera vanno anche a mignotte è forse la cosa migliore del film. Augusto Martelli, oltre a scrivere la colonna sonora, è anche uno dei protagonisti.
Inserire il film nel settore carcerario non sembra del tutto corretto, in quanto l'atmosfera in cui convivono secondini e carcerati, entrambi confinati su un'isola, è di sostanziale commistione: insieme fanno affari, vanno a pesca e, a volte, a donnine allegre. Il primo tempo è tutto qui, di preparazione al colpo e di gag più o meno simpatiche, mentre finalmente nel secondo il ritmo si alza e si arriva agevolmente all'ironico finale. Leroy attore di punta, intorno solo buoni mestieranti: tra questi il romano commerciante obeso si eleva dalla media.
Uno di quei film che si fa difficoltà a classificare, tra echi di heist e man in prison movie nostrani, afflati di commedia e suggestioni thriller mercé un frizzante accompagnamento sonoro. Domina la figura di un Leroy ben al di sopra dei limiti consentiti dalle righe ma impressa resta altresì quella di un Maurizio Arena in preda a tic e scambi di materiale carcerario "proibito". Citti ha il volto giusto per ogni occasione e la trama scorre via talmente veloce che nemmeno la si ricorda, dopo qualche minuto dai titoli di coda. Eppure ha quel non so che lo rende affascinante.
Nulla a che vedere con i drammatici film carcerari di denuncia alla Damiani. Qui siamo dalle parti della commedia che si fonde con il filone sessantiano dei "grandi colpi", con tanto di classico finale a sorpresa, anch'esso in chiave ironica. Giocato su ambedue i registri, con un andirivieni continuo dall'uno all'altro, ha svariate pecche di sceneggiatura e molti snodi e personaggi restano poco chiari. Lo salva, almeno parzialmente, il buon gioco di squadra degli attori capitanati da un istrionico Philippe Leroy. Di puro contorno le due bellezze di turno, la Lassander e la Borghi.
MEMORABILE: L'unico momento drammatico: Ernesto Colli che si suicida gettandosi in mare.
POTRESTI TROVARE INTERESSANTI ANCHE...
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.