Un baro viene impiccato appena scoperto durante una partita di poker (il gioco è appunto il 5 card stud), dopodichè i vari carnefici cominciano ad essere assassinati uno dopo l'altro. Un giallo mascherato da western, uno dei migliori diretti da Hathaway, con grande senso della tensione e del ritmo. Il cast è ottimo, oltre ai due grandi protagonisti si segnala McDowall antipatico come non mai. Da recuperare.
Indigesto miscuglio di western e thriller firmato da Hathaway con risultati molto
deludenti. Contaminare due generi così diversi poteva essere una scelta vincente ma
la tensione scarseggia (non ci vuole molto a scoprire l'assassino), la regia non è
ispirata ed anche gli attori non forniscono certo prove memorabili. Si può vedere giusto per curiosità, ma a patto di non aspettarsi un film sul poker.
Western dalla debole sceneggiatura che solo in rari momenti riesce a rientrare in binari di interesse e sopportabilità. Il cast, che si avvale di nomi che dovrebbero essere una garanzia, assieme a una regia che, anche se stanca, è pur sempre di buon mestiere, riescono a malapena a tenere in piedi un po' tutto. Diversivi sentimentali e sparatorie forzate arricchiscono come possono, anche se l'idea dell'elegante e speciale salone di barbiere è piuttosto buona. La vellutata voce di Dean Martin sui titoli di testa e di coda.
Non uno tra i più memorabili dei film diretti da Henry Hathaway. Il tentativo di mescolare i generi (giallo e western in questo caso) funziona a corrente alternata, con momenti godibili associati ad altri in cui il ritmo cala. Il film è comunque segnato da una buona ambientazione e da un'interpretazione rimarchevole degli attori principali e dei caratteristi. Meritevole di visione.
Archiviati i suoi vecchi miti, il western si modernizza abbracciando il giallo, secondo una tendenza che di lì a qualche anno verrà seguita anche da certi esempi italiani. Maggiore stringatezza e ritmo gli avrebbero fatto ottenere di più, ma il film è interessante e si carica di molta azione e sparatorie. Robusto il cast: vertici il composto pokerista Martin, lo ieratico prete-pistolero Mitchum – munito financo di una Bibbia truccata come Kinski in Black killer tre anni dopo – e il carognesco McDowall. Non passano inosservati neppure il nero Kotto e Denver Pyle, futuro zio Jessie in Hazzard.
MEMORABILE: Yaphet Kotto morente lascia un indizio per individuare l’assassino; il barber shop gestito da donne.
Una partita a poker si conclude con un cappio al collo per un baro di passaggio; tempo dopo, i giocatori seduti a quel tavolo cominciano a fare una finuccia uno ad uno...
Più curioso che riuscito l'innesto di una trama gialla in un contesto western, a causa di un ritmo a singhiozzo e di una sceneggiatura assai prevedibile (l'identità del misterioso assasssino è troppo facilmente intuibile). Martin è un romantico avventuriero di routine, McDowell il fetente di turno, più stuzzicante Mitchum nelle vesti del predicatore che ricorda inevitabilmente il memorabile personaggio di Harry Powell.
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